2 giugno: la nostra patria è il mondo intero!

Negli ultimi anni, su iniziativa
dell’ex presidente Ciampi, la “festa della Repubblica” è ritornata in voga, nel
segno di una propaganda martellante, di cupi rituali nazionalistici e
d’inquietanti parate militari.Non a caso ciò avviene in una
fase in cui l’Italia è tra gli Stati più impegnati nelle missioni imperialiste
sparse per il mondo (8514 soldati sono schierati su 28 fronti) ed in cui più
pesante si fa l’offensiva padronale (licenziamenti politici, precarizzazione,
aumento degli straordinari…). Da un lato, infatti, si prova a suscitare un
artificioso consenso attorno alle imprese dell’imperialismo italiano,
dall’altro si tenta di creare un clima di “solidarietà nazionale” tale da
agevolare l’imposizione ai lavoratori di “sacrifici per la competitività del
paese” e da ostacolare la ricomposizione dei momenti conflittuali che si
dispiegano nei luoghi di lavoro, nei quartieri e attraverso le lotte degli
immigrati. Le celebrazioni nazionaliste del 2 giugno, la retorica sui soldati
italiani come “missionari di pace” o “vittime del terrorismo”, gli appelli alla
concordia tra le “parti sociali” in nome della “comunità nazionale”, ecc., sono
solo diverse espressioni di un’unica strategia volta ad imporre gli interessi
dei padroni ed a comprimere le lotte proletarie.

I lavoratori, quindi, non hanno
nulla da festeggiare
: mai come oggi la “festa della Repubblica” è la festa dello Stato, dei
padroni e dell’imperialismo.

Di fronte all’offensiva che
abbiamo davanti (economica, politica ed ideologica all’interno, militare
all’estero) è indispensabile collegare la battaglia per il ritiro immediato
delle truppe da qualsiasi scenario di guerra
ad una prospettiva di
unificazione delle lotte sociali, innanzitutto valorizzando le esperienze che
già si sono mosse in questa direzione (come l’assemblea nazionale promossa
dallo Slai-Cobas e svoltasi a Roma il 13 maggio). La lotta contro
l’imperialismo italiano e l’autorganizzazione del proletariato non sono,
infatti, dinamiche separabili, si rafforzano e si sviluppano solo
reciprocamente: non è possibile lottare efficacemente contro l’imperialismo,
senza il protagonismo attivo dei proletari italiani ed immigrati; così come non
è possibile rafforzare le lotte sociali e difendere i diritti dei lavoratori,
senza lottare contro l’imperialismo italiano, senza opporre alla “comunità
nazionale” dei padroni la prospettiva dell’unificazione internazionale di tutti
gli sfruttati.

La necessità
dell’autonomia di classe va perciò riaffermata nella pratica, realizzando il
definitivo affrancamento da quei partiti e vertici sindacali che nei fatti si
muovono nell’ottica della “solidarietà nazionale”, della subalternità ai
padroni e della difesa dei loro interessi nel mondo. Si pensi alla CGIL, che prima
chiede il “superamento” della legge 30 e poi procede nel solco della precarietà
in sede di contrattazione (vedi l’accordo Atesia siglato, non a caso, subito
dopo la vittoria del centrosinistra alle politiche). Si pensi al governo Prodi
che dietro lo slogan del “ritiro” dell’Iraq pare intenda solo cambiare nome
alla missione italiana, mantenendo centinaia di soldati a “protezione” di una
folta schiera di “consiglieri” e procacciatori d’affari.

La lotta
internazionalista all’imperialismo non va confusa con la difesa della
“sovranità nazionale”contro una presunta “subalternità agli USA”. La
rivendicazione della “sovranità nazionale” è in realtà funzionale ad una
politica di alleanza con gli imperialismi europei per conquistare nuovi mercati
e possibilità di sfruttamento e d’influenza politica, sottraendoli agli Stati
Uniti. Mentre la vera lotta internazionalista è la lotta contro tutti gli imperialismi, a partire da quello di casa propria
e dalle sue scorribande economiche e militari ad uso e consumo delle proprie
multinazionali (vedi ENI in Iraq, Ecuador, Nigeria, Caspio…). I proletari non
hanno patria: non è la “sovranità nazionale”, ma l’autonomia di classe ch’essi devono conquistare.

Per il ritiro immediato delle truppe da ogni scenario di guerra!

Mobilitiamoci contro il rifinanziamento delle missioni militari italiane:
il decreto del 30 giugno non deve passare!

I soldati italiani non sono missionari di pace, le missioni italiane sono
aggressioni imperialiste!

La lotta contro la precarietà, contro la repressione, per il salario e per
i diritti degli immigrati, va rafforzata con la lotta contro tutte le missioni
imperialiste dell’Italia!

Contro il patriottismo imperialista del 2 giugno, rilanciamo
l’internazionalismo proletario!

Leave a Reply