Giganti in caduta libera (I/II)

Gfp     090603/0518
Giganti in caduta libera (I/II)

●    I cambiamenti dei rapporti di forza transatlantici, con  lo spostamento a favore delle relazioni russo-tedesche, offuscano la visita del presidente americano in Germania;

o   Tale spostamento rientra in una tendenza di lungo termine dell’economia tedesca (forte crescita ad Est e stagnazione o crollo ad Ovest); commercio tedesco con la Russia, da €53,5MD nel 2006 a €68MD nel 2008;

o   acquisisce un’importanza maggiore perché nelle attività russo-tedesche rientrano anche produzione di armamenti e industria nucleare.

●    Con circa €90MD, il volume complessivo degli scambi commerciali della Germania con l’Est, compresi i paesi sotto influenza russa (es. Kazakistan, Bielorussia, Ucraina e Azerbaijan),  si avvicina a quello transatlantico;

●    nello stesso periodo, gli scambi con gli USA passano da €126,5 MD a €117,5 MD.

●    Tale spostamento avviene contemporaneamente alla crescita del peso della Germania in Europa;

o   la riduzione della capacità produttiva di Opel colpisce soprattutto stabilimenti fuori dalla Germania.

o   Il settore auto di Germania e Giappone sarebbero colpiti dalla crisi economico-finanziaria, ma meno dei giganti americani, e dunque potrebbero migliorare la  loro posizione rispetto a quello Usa (analisi di un esperto di una famosa banca di Francoforte – sul giornale der Spiegel, Jürgen Piper di Bankhaus Metzler).

o   Enormi le perdite del settore auto Usa dovute in particolare dalla bancarotta del gigante auto Usa General Motors (si parla della prossima chiusura di 12-20 stabilimenti GM e del fallimento di almeno 2000 rappresentanti; calo a 88mila addetti contro i circa 195mila del 2000, con altri 25mila tagli in vista per il prossimo autunno (secondo la stampa), decine di produttori della componentistica, legati a Chrysler e GM, a rischio fallimento.

o   Grande il peso del settore auto nell’economia Usa, che risulta perciò fortemente colpito dal suo collasso;

o   nonostante la crisi, auto e componentistica rappresentano circa il 20% della produzione industriale americana; le Big Three occupano 240mila salariati; la componentistica altri 2,3 mn., pari a circa il 2% degli occupati.

o   Secondo esperti americani crescerà fortemente l’influenza sull’economia americana di gruppi tedeschi e giapponesi in caso di loro acquisizioni nel settore auto americano;

o   che controllerebbero l’industria USA in qualità di acquirenti all’ingrosso di acciaio, alluminio, materie plastiche, vetro, macchine utensili, computer chip e gomma, andrebbero inoltre perse capacità chiave: oggi sono investiti annualmente $18,5 MD per ricerca e sviluppo del settore auto, che verrebbero svolti nel luogo di produzione.

o   (Similmente, dopo il fallimento della banca di investimento Lehman Brother, una banca britannica e una grande banca giapponese si sono accaparrate i suoi resti).

o   NYT: i nuovi signori dell’auto saranno Toyota, Honda, Nissan, Vw, Ford, Mercedes-Benz, BMW e Hyundai-Kia.

●    Il governo tedesco ha aggravato gli effetti del fallimento GM premendo per la cessione dei gruppi europei Opel e Vauxall ad un consorzio legato alla Germania: Detroit ha dovuto trasferire alla centrale Opel di Rüsselheim (Assia) quasi tutta la produzione GM della UE oltre ad importanti brevetti.

o   Opel non viene perciò colpita da bancarotta e può continuare la produzione; GM di Detroit mantiene solo il 35% delle quote Opel; un 35% va alla russa Sberbank, un 20% e soprattutto la direzione del gruppo va all’austro-canadese Magna.

o   Con le garanzie statali miliardarie ad Opel, il governo tedesco si è conquistato il diritto di influire su importanti decisioni, compresa quella sulla scelta degli stabilimenti da chiudere.

o   Magna ha annunciato che verranno eliminati al massimo 2mila dei 26mila posti di lavoro in Germania, mentre in Europa saranno circa il 20% dei 55mila addetti, circa 9mila dei 29mila salariati al di fuori della Germania.

o   Si prospetta invece la chiusura dello stabilimento di Anversa (Olanda) che Fiat aveva comunicato di voler mantenere e di Luton (GB).

o   Opel si è sbarazzata del predominio americano durato quasi 80 anni, la sua attività sarà in pratica controllata da Magna, strettamente legata ai produttori tedeschi Daimler, BMW e Porsche; ha provato la lealtà a Berlino impegnandosi per un progetto di armamenti austriaco.

●    Rafforzano l’alleanza speciale russo-tedesca il coinvolgimento di Mosca nella nuova direzione Opel e l’orientamento del gruppo verso i mercati dell’ex Urss, conferendo maggiore rilevanza al collasso dell’alleanza ormai 80enne tra i gruppi tedesco-americani. Opel dovrebbe collaborare con GAZ, gruppo russo dell’auto; il gruppo Wolga appartiene a Deripaska.[1]

o   Tale processo corrisponde al persistente calo degli scambi commerciali tedesco-americani, e alla continua crescita di quello tra Germania ed Est Europa, in particolare con la Russia.

o   Magna serve anche ai progetti di espansione dell’industria tedesca verso la Russia:

o   Magna spera di trarne benefici per il mercato russo, che a fine crisi fa sperare in una forte crescita, grazie all’ingresso in Magna del gruppo Basic Element di proprietà del miliardario russo Oleg Deripaska, e alla quota del 35% in Opel di Sberbank, il maggior gruppo bancario di Mosca;

– La visita del presidente americano Obama in Germania sottolinea attriti Usa-Germania:

– contrariamente alle aspettative del governo tedesco è stata una visita molto breve, Obama ha evitato incontri ufficiali a Berlino, si è recato a Dresda, che ha ospitato più volte gli incontri russo-tedeschi, poi nel campo di Buchenwald, per ricordare i crimini contro l’umanità dell’ultima fase dell’espansione tedesca; ultimo un incontro con le truppe Usa di stanza in Germania.

[1] La conglomerate Basic Element del russo Oleg Deripaska è concentrate in sei settori: energia, risorse, manifatturiero, servizi finanziari, costruzioni e aviazione. Tra le principali proprietà UC Rusal, il maggior produttore mondiale di alluminio, GAZ (auto), Soyuz Bank, Ingosstrakh (assicurazioni), Aviacor aircraft (aerei), SMR (minerario), Continental Management Timber Industrial Company (legno), Glavstroy e Transstroy (costruzioni). Nel 2007 il fatturato di Basic Element era superiore a $26 MD. Basic Element ha 300 000 addetti e possiede società in Russia,nei paesi della CSI, in Africa, Australia, Asia, Europa e America Latina.

Gfp      090603

Stürzende Giganten (II)

03.06.2009
RÜSSELSHEIM/DETROIT/OBERWALTERSDORF
(Eigener Bericht) –

–   Langfristig wirksame Kräfteverschiebungen im transatlantischen Verhältnis überschatten den Kurzbesuch des US-Präsidenten in der Bundesrepublik.

o    Der Bankrott des US-Autoriesen General Motors (GM) und die von Berlin erzwungene Abtretung der europäischen Konzernteile (Opel, Vauxhall) an ein Deutschland verbundenes Konsortium führen zu großen Einbußen in der US-Automobilindustrie.

●    Die Einbindung Moskaus in die neue Opel-Führung und die geplante Ausrichtung des Automobilherstellers auf die Märkte der früheren Sowjetunion stärken das deutsch-russische Sonderbündnis und verleihen dem Kollaps der rund 80jährigen deutsch-amerikanischen Firmenallianz zusätzliches Gewicht.

o    Der Vorgang entspricht anhaltenden Einbußen im deutsch-amerikanischen Handel, während der Warenaustausch zwischen Deutschland und Osteuropa, insbesondere Russland, ungebrochen wächst.

●    Die Kräfteverschiebung geht mit der Steigerung des deutschen Gewichts in Europa einher: Der Abbau von Produktionskapazitäten bei Opel trifft zum überwiegenden Teil Fabriken außerhalb der Bundesrepublik.

–   Der für diese Woche angekündigte Besuch des US-Präsidenten Obama in Deutschland wird von Verstimmungen zwischen Berlin und Washington begleitet. Auslöser ist die kurze Dauer der Visite, in deren Rahmen Obama auf repräsentative Auftritte in Berlin verzichtet. Er trifft zunächst in Dresden ein, das schon mehrfach Schauplatz exklusiver deutsch-russischer Absprachen gewesen ist [1], und reist von dort nach Buchenwald, um im früheren NS-Konzentrationslager an die Menschheitsverbrechen der letzten Phase deutscher Expansion zu erinnern. Daneben steht nur eine Zusammenkunft mit in der Bundesrepublik stationierten US-Truppen auf dem Programm. Die Bundesregierung hatte sich eine weit umfassendere Würdigung erhofft, in Dresden wurden öffentlich Jubelparolen installiert.[2] Obama weist den Vereinnahmungsversuch mit seinem stark gekürzten Aufenthalt zurück.

In den Abgrund

–   Hintergrund sind unter anderem die jüngsten Entwicklungen in der transatlantischen Wirtschaft. Der Kollaps der US-Automobilindustrie, zuletzt der Bankrott von General Motors (GM) am vergangenen Montag, trifft die Vereinigten Staaten hart. Zahlreiche GM-Werke müssen bald geschlossen werden – die Rede ist von einer Zahl zwischen 12 und 20 -, mindestens 2.000 GM-Händler fallen den Kürzungen zum Opfer. Waren bei GM im Jahr 2000 noch 195.000 Arbeiter beschäftigt, so sind es derzeit nur noch 88.000, und weitere Stellenstreichungen stehen bevor. Die US-Presse rechnet mit rund 25.000 Entlassungen für den günstigsten Fall – wenn die staatlichen Stützungsmaßnahmen greifen.[3] Hat GM seinen über Jahrzehnte gehaltenen Rang als größter Autohersteller weltweit längst an Toyota verloren, steht nun der weitere Absturz bevor. Auch die Zulieferer sind betroffen; Experten gehen davon aus, dass der Zusammenbruch von Chrysler und von GM Dutzende von ihnen "in den Abgrund der Zahlungsunfähigkeit oder Überschuldung reißen wird".[4]

US-Dominanz abgeschüttelt

–   Die Auswirkungen des GM-Zusammenbruchs hat die Bundesregierung mit ihrem Kampf für die Ausgliederung von Opel noch verschärft: Die Firmenzentrale in Detroit musste nicht nur fast alle GM-Produktionsstätten in der EU, sondern auch wichtige Patente an die Opel-Zentrale in Rüsselsheim (Hessen) übertragen.

–   Opel ist damit nicht vom Bankrott betroffen und kann die Produktion fortführen. Die GM-Zentrale in Detroit behält nur 35 Prozent der Opel-Anteile, 35 Prozent gehen an die russische Sberbank, 20 Prozent und insbesondere die unternehmerische Führung werden dem Magna-Konzern übertragen.

–   Damit hat Opel nach rund 80 Jahren die US-Dominanz abgeschüttelt, die Firmentätigkeit wird praktisch von einer österreichisch-kanadischen Firma kontrolliert. Der bisherige Automobilzulieferer Magna (Sitz: Oberwaltersdorf bei Wien) ist mit deutschen Autoherstellern (Daimler, BMW, Porsche) eng verbunden und hat in den letzten Jahren seine Loyalität zu Berlin mit dem Einsatz für ein umstrittenes österreichisches Rüstungsprojekt unter Beweis gestellt.[5]

Russischer Markt

–   Auch in anderer Hinsicht passt Magna gut zu Expansionsvorhaben der deutschen Industrie. So ist vor zwei Jahren der russische Milliardär Oleg Deripaska mit seinem Konzern Basic Element bei Magna eingestiegen; das österreichische Unternehmen erhofft sich davon verbesserte Marktzugänge in Russland und in anderen Nachfolgestaaten der Sowjetunion.

–   Mit dem Einstieg bei Opel profitiert Magna nun von den Kontakten nach Russland: Das Vorhaben wurde erst durch die 35-Prozent-Beteiligung der russischen Sberbank möglich. Die Kooperation mit dem größten Moskauer Kreditinstitut soll Opel den russischen Automobilmarkt erschließen – ein Markt, dem nach dem Ende der Weltwirtschaftkrise beträchtliche Wachstumspotenziale zugeschrieben werden. Dazu soll der Rüsselsheimer Konzern unter Führung von Magna mit dem russischen Autoproduzenten GAZ zusammenarbeiten. Der prominente Hersteller ("Wolga") befindet sich im Besitz des Magna-Teilhabers Deripaska.

Von West nach Ost

–   Der Schwenk vom transatlantischen zum deutsch-russischen Geschäft entspricht einer langfristigen Tendenz der deutschen Wirtschaft: rasantem Wachstum im Osten bei Stagnation oder sogar Schrumpfen im Westen. Der deutsche Außenhandel mit Russland stieg etwa von 2006 bis 2008 deutlich an (von 53,5 Milliarden Euro auf über 68 Milliarden), während der Außenhandel mit den Vereinigten Staaten im selben Zeitraum schrumpfte (von 126,5 Milliarden Euro auf 117,5 Milliarden Euro).

–   Rechnet man den Warentausch mit anderen Staaten der russischen Einflusssphäre hinzu (etwa Kasachstan, Belarus, die Ukraine oder Aserbaidschan), wächst das osteuropäisch-zentralasiatische Außenhandelsvolumen der Bundesrepublik auf rund 90 Milliarden Euro und nähert sich immer deutlicher dem Volumen des transatlantischen Geschäfts. Diese Kräfteverschiebung gewinnt an Bedeutung, wenn man den zunehmend sensiblen Charakter der deutsch-russischen Aktivitäten in Rechnung stellt: Sie beinhalten mittlerweile Rüstungsproduktionen [6] und die Nuklearindustrie [7].

Deutsches Zentrum

–   Der Sog der zusammenbrechenden US-Automobilgiganten stärkt zudem das deutsche Gewicht innerhalb der EU. Mit den Milliardenbürgschaften für Opel hat sich die Bundesregierung maßgeblichen Einfluss auf wichtige Grundentscheidungen gesichert, unter anderem auf die Entscheidung, welche Standorte geschlossen werden. Hatte Fiat erklärt, im Falle eines Opel-Einstiegs das Werk in Antwerpen erhalten und stattdessen an den deutschen Standorten einsparen zu wollen,

–   kündigt Magna an, höchstens 2.000 der 26.000 Arbeitsplätze in Deutschland zu streichen. Europaweit sollen rund 20 Prozent der 55.000 Beschäftigten gekündigt werden – also etwa 9.000 der 29.000 Beschäftigten außerhalb der Bundesrepublik.

–   Das Opel-Werk in Antwerpen sowie das Vauxhall-Werk im britischen Luton stehen vor dem Aus. Verschieben sich die Geschäfte insgesamt vom transatlantischen Austausch zum Austausch mit Russland, so gewinnt zusätzlich das deutsche Zentrum neue Stärke. Wann sich diese Kräfteverschiebungen im globalen Mächtegefüge widerspiegeln, das erscheint nur als eine Frage der Zeit.

[1] s. dazu Politischer Zugriff und Munition und Waffen

[2] Seit Tagen fahren die Dresdner Straßenbahnen mit Schriftbändern, auf denen "Welcome, Mr. President" zu lesen ist; Flyer mit dem Titel "Ich bin ein Dresdner" – ein Anklang an den Berlin-Besuch von John F. Kennedy – werden verteilt.

[3] U.S. Bets Billions on GM’s Resurgence; The Washington Post 02.06.2009

[4] Staatshilfe verhindert Kollaps der Autobauer; Frankfurter Allgemeine Zeitung 02.06.2009. S. auch Stürzende Giganten

[5] s. dazu In enger Tuchfühlung mit Berlin

[6] s. dazu Großmachtpläne, Militärkooperation, Spionage-Weltmeister und Strategische Konzepte (II)

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Gfp      081118

Stürzende Giganten

18.11.2008
DETROIT/RÜSSELSHEIM/BERLIN

–   (Eigener Bericht) – US-Experten warnen vor einer Übernahme der amerikanischen Automobilindustrie durch deutsche und japanische Konzerne. Sollte es nicht gelingen, General Motors (GM) vor dem Bankrott zu retten, dann drohten Kettenreaktionen, die den gesamten Kraftfahrzeugsektor in den Ruin treiben könnten, erklären Branchenbeobachter in den Vereinigten Staaten.

–   US-Traditionsunternehmen wie GM oder Chrysler würden danach durch Firmen wie Volkswagen, BMW oder Toyota ersetzt, die erheblichen Einfluss auf die amerikanische Wirtschaft gewännen.

–   Die Herauslösung der GM-Tochtergesellschaft Opel aus dem Mutterkonzern und ihre Unterstellung unter deutsche Kontrolle ist zur Zeit Gegenstand von Gesprächen zwischen Konzernrepräsentanten und der Bundesregierung. Sie wäre ein weiterer Schlag für GM, da sich das US-Unternehmen zuletzt beträchtlich über Opel finanziert hat. Zudem stärkte sie die deutsche Position in der globalen Wirtschaftskonkurrenz mit den Vereinigten Staaten. Die Bundeskanzlerin will in einem ersten Schritt eine Milliardenbürgschaft für den Autoproduzenten prüfen – auf Kosten der Steuerzahler.

Big Three

–   US-Experten warnen vor unabsehbaren Folgen eines Zusammenbruchs von General Motors (GM). Der Konzern, der bis zu Jahresbeginn nach Verkaufszahlen weltweit Branchenführer war, schwächelt seit geraumer Zeit und ist inzwischen hinter Toyota auf Platz zwei zurückgefallen. Mittlerweile droht sogar der Bankrott. Ursache ist vor allem der dramatische Absatzrückgang in den Vereinigten Staaten.

–   Erreichte die Zahl in den USA hergestellter Autos (Pkws und leichte Lkws zusammengenommen) einst rund 15 Millionen Stück pro Jahr, so waren es 2007 gerade noch 10,75 Millionen [1] – mit weiterhin fallender Tendenz. Verschärfend kommen nun die Auswirkungen der beginnenden Weltwirtschaftskrise hinzu. "Keiner der Big Three (die drei US-Automobilriesen GM, Ford, Chrysler, d. Red.) kann bei 10 Millionen verkaufter Autos Geld verdienen", urteilt ein Branchenkenner.[2]

Die neuen Könige

–   Dabei weisen Beobachter darauf hin, dass ein GM-Zusammenbruch weitreichende Folgen hätte. So stünden im Falle eines GM-Bankrotts auch zahlreiche Automobilzulieferer vor dem Aus. Dies wiederum hätte sofortige Konsequenzen für die verbliebenen Konzerne, die auf die Zulieferer angewiesen sind. US-Experten rechnen für den Fall eines GM-Zusammenbruchs mit einer kompletten Neuorganisation des Zuliefersystems, aber auch der Automobilproduktion.

–   "Angesichts der Schwäche von Chrysler wären die neuen Könige der Autoindustrie vermutlich Toyota, Honda, Nissan, Volkswagen, Ford, Mercedes-Benz, BMW und Hyundai-Kia", urteilt die New York Times [3]; sie würden sich die Konkursmasse der "Big Three" unter den Nagel reißen. Dieses Szenario ähnelt der Entwicklung nach dem Zusammenbruch der Investmentbank Lehman Brothers; deren Trümmer wurden, soweit sie Profit verhießen, von einer britischen und einer japanischen Großbank gekauft.

Krisengewinner

Das Szenario entspricht darüber hinaus Vorhersagen eines Analysten einer bekannten deutschen Privatbank aus Frankfurt am Main. Der Mann hatte bereits im Oktober erklärt: "Deutsche und Japaner werden gestärkt aus der (Automobil-, d. Red.) Krise hervorgehen".[4]

–   Seine Analyse trägt dem Umstand Rechnung, dass die Krise zwar die deutsche und die japanische Autoindustrie ebenfalls trifft, aber nicht so stark wie die stürzenden Giganten in den USA – weshalb die deutschen Konzerne ihre Stellung gegenüber der Konkurrenz aus Amerika verbessern können.

Wie in Mexiko

–   Die Bedeutung der Autobranche für die Wirtschaft der Vereinigten Staaten zeigt, was bei den aktuellen Bemühungen um die Rettung von GM auf dem Spiel steht. Trotz des dramatischen Rückgangs in diesem Jahr sorgen die Automobil- und die Zulieferfirmen für rund 20 Prozent der US-Industrieproduktion.

–   Die "Big Three" beschäftigen 240.000 Personen, die Zulieferbetriebe zusätzlich 2,3 Millionen, das sind beinahe zwei Prozent der erwerbstätigen Bevölkerung. Sollten tatsächlich japanische und deutsche Konzerne die US-Automobil-Konkursmasse in weiten Teilen übernehmen, dann könnten sie Branchenexperten zufolge als "Großkunden für Stahl, Aluminium, Kunststoffe, Glas, Werkzeugmaschinen, Computerchips und Gummi" die "Industrie in den Vereinigten Staaten dominieren".[5]

–   Zudem gingen Schlüsselkapazitäten verloren. "Zur Zeit geben wir 18,5 Milliarden US-Dollar jährlich für Automobilforschung und -entwicklung aus", sagt ein Branchenexperte; die neuen Firmenzentralen dürften den strategisch wichtigen technologischen Fortschritt überwiegend an ihren Heimatstandorten entwickeln. "Man hätte eine Autoindustrie in den USA ungefähr wie in Mexiko", heißt es beim "Center for Automotive Research" in Ann Arbor.

Ohne Opel

–   Der Kampf um General Motors wird mittlerweile auch in Deutschland geführt. Hintergrund ist, dass Berlin im Falle eines GM-Bankrotts über die Zukunft der GM-Tochter Opel entscheiden will. Opel hat zuletzt mit bis zu zwei Milliarden Euro die Verluste des amerikanischen Mutterhauses finanziert und verlangt nun, staatliche Stellen sollten die vorgesehenen Investitionen ermöglichen – anstelle von GM und mit einer Bürgschaft aus Steuermitteln. Bundeskanzlerin Merkel hat am gestrigen Montag erste Gespräche mit GM und Opel geführt. Mehrere Varianten werden diskutiert. Sollte Washington die amerikanische Konzernzentrale mit zweistelligen Milliardensummen stützen, kann im Grundsatz alles beim Alten bleiben; die staatliche Bürgschaft erhielte Opel allerdings ausschließlich für Aktivitäten in Deutschland. Lässt Washington GM fallen wie kürzlich Lehman Brothers, hat Berlin mehrere Optionen zur Verfügung. "Ohne Opel" breche "in Deutschland nicht die Versorgung mit Autos zusammen", erklärt ein Experte und rät, die GM-Tochter nicht zu stützen.

–   Die nach dem Kollaps frei werdenden Marktanteile könnten dann von konkurrierenden deutschen Autokonzernen, etwa Volkswagen, übernommen werden.[6]

Ohne GM

–   Andere befürworten stattdessen den Kauf von Opel durch den deutschen Staat, mit anschließendem Verkauf an deutsche Investoren.[7] Auf diese Weise geriete das deutsche Traditionsunternehmen, das während der letzten Weltwirtschaftskrise 1929 unter US-Kontrolle gekommen war, wieder in deutschen Besitz.[8] "Wir müssen endlich General Motors loswerden", heißt es bei der Unternehmenszentrale in Rüsselsheim.[9] Der Verkauf von Opel würde GM, sollte der Konzern fortbestehen, deutlich schwächen, die deutsche Industrie jedoch stärken und ihr weitere Vorteile in der globalen Konkurrenz verschaffen.

Weihnachtsgeschenk

Die Kosten trägt in jedem Fall die Bevölkerung. Wird Opel fallengelassen, werden Zehntausende arbeitslos – Einbrüche in der Zulieferindustrie nicht eingerechnet. Wird Opel gestützt, stehen die Steuerzahler für die Milliardenbürgschaft ein. Eine Entscheidung darüber soll, wie es gestern nach einem Krisentreffen im Kanzleramt hieß, in wenigen Wochen gefällt werden – noch vor Weihnachten.

[1] Branche kompakt. USA. Kfz-Industrie und Kfz-Teile; Bundesagentur für Außenwirtschaft, Februar 2008

[2], [3] If Detroit Falls, Foreign Makers Could Be Buffer; The New York Times 16.11.2008

[4] Autoindustrie: Warum deutsche Hersteller von der Krise profitieren werden; Spiegel online 25.10.2008

[5] If Detroit Falls, Foreign Makers Could Be Buffer; The New York Times 16.11.2008

[6], [7] Merkel knüpft Opel-Bürgschaft an Bedingung; Rheinische Post 17.11.2008

[8] In einer Selbstdarstellung des Unternehmens heißt es: "Die kreditfinanzierte Konjunktur brach Ende der 1920er Jahre mit der Weltwirtschaftskrise zusammen – und auch die Automobilindustrie litt darunter. Durch einen klugen Schachzug der Opel Brüder entkam Opel dem Krisenszenario: Nach vielen Verhandlungen übernahm die General Motors Corporation, die wegen hoher Einfuhrzölle seit längerem ein Produktionswerk in Deutschland suchte, die Aktienmehrheit der Adam Opel GmbH."

[9] "Wir müssen endlich General Motors loswerden"; Spiegel Online 17.11.2008

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