L’IMPERIALISMO ITALIANO non va in vacanza – Aumentati del 30% i finanziamenti delle missioni militari

Aumentati del 30% i finanziamenti delle missioni militari
con l’appoggio entusiasta dell’opposizione

Nel totale disinteresse della stampa, impegnata dall’ultimo scandalo di turno e il tasso di disaffezione elettorale in Abruzzo, il Consiglio dei Ministri italiano ha votato lo stanziamento di 675 milioni di euro per le missioni all’estero, per il primo semestre 2009. Sono il 30% in più dell’anno precedente.

Il governo ha infatti deciso due nuove missioni: una in Somalia contro la pirateria – 114 soldati per 8,7 milioni –, e una in Darfur, con 25 soldati per 5,4 milioni, e un incremento dell’impegno in Afghanistan, dove i soldati italiani passeranno da 2300 a 2800 e saranno collocati non più solo ad Herat e Kabul, ma anche a sud, nell’area di Farah, e dovranno intervenire più attivamente nei combattimenti e nelle missioni aeree.

La Camera ha approvato all’unanimità il provvedimento, trovando presto un’intesa bipartisan, esaltata da Napolitano. Sulla politica estera di fatto non esiste opposizione.

Se ci sono differenze, non è sugli interventi militari, ma sul dosaggio delle alleanze, nello schieramento tra le potenze imperialiste. Alcuni, come i radicali e i dipietristi, ma anche Furio Colombo del PD, criticano Berlusconi perché è eccessivamente allineato con la Russia e non abbastanza filo-americano, e lo ritengono troppo appiattito sulle posizioni di Putin riguardo alla Georgia, mentre vorrebbero un maggior allineamento con la Germania. Anche l’UDC Savino Pezzotta (ex leader della CISL…) vorrebbe un Berlusconi più filotedesco, ma anche un maggiore interventismo italiano in altri teatri, ad esempio Darfur e Congo. Solo i radicali poi spendono qualche parola per denunciare l’accordo firmato dall’Italia con la Libia sulla pelle degli immigrati.

Il PD è il più appiattito sulla politica estera a maggior gloria dell’imperialismo italiano. Secondo Gianni Vernetti (PD, Commissione Affari Esteri della Camera) questo voto a favore "rappresenta…. un segnale di maturità" perché i contingenti italiani "….. difendono la democrazia e i diritti umani…." e "rappresentano un elemento fondamentale per la stabilità e la sicurezza nazionale" . Se fosse per il deputato PD bolognese Antonio La Forgia in Afghanistan l’ISAF dovrebbe schierare non 51 mila ma 400 mila uomini e se Obama "chiederà più risorse e più truppe" " l’Italia deve essere ormai pronta a fare la sua parte". Tra destra e sinistra sarebbe difficile dire chi sia più guerrafondaio, e l’asse energetico Italia-Russia, diretto da ENI ed ENEL, scombina anche i cliché delle alleanze. Una sola certezza: tutti i partiti parlamentari sono al servizio dell’imperialismo italiano.

Può essere utile riepilogare le missioni militari italiane all’estero.

In Afghanistan il contingente italiano è il quarto per presenza, dopo quelli americano, inglese e tedesco.

Nonostante le offensive militari e massacri quasi quotidiani di popolazione civile da parte di aerei USA e NATO, i talebani hanno guadagnato terreno, controllando quasi due terzi del territorio, mentre la produzione di oppio è arrivata a livelli record all’ombra dell’intervento militare (in cambio gli ospedali afgani non hanno morfina per gli interventi). E’ noto che il nuovo responsabile dell’intervento Usa in Afghanistan, il generale USA Petraeus, intende applicare al paese il modello sperimentato in Irak (il cosiddetto "surge") cioè la possibilità di disporre di forze più numerose e più motivate e di avviare un dialogo meno ingessato con le componenti religiose, tribali e nazionalistiche, in particolare l’ipotesi di assorbire una parte dei talebani nel governo di Karzai. Per questo Petraeus è in questi giorni a Roma per contrattare la presenza di 500 militari italiani in più dislocati a Farah.

In Iraq 75 carabinieri addestrano le forze militari irachene. E’ questo il contributo alla ricostruzione del paese… Berlusconi si è addirittura gloriato del fatto che "noi non abbiamo partecipato alla guerra, ma alla ricostruzione del paese. Non abbiamo tirato bombe, come fece il governo D’Alema con la Serbia". Mentre la presidenza Bush termina con l’ignominia del presidente preso a scarpate da un giornalista irakeno ormai divenuto eroe nazionale, l’amministrazione ancora in carica ha firmato con il governo irakeno il Sofa (status of forces agreement) , per cui dal giugno 2009 le forze militari Usa dovrebbero ritirarsi dalle città e entro 2011 completare il ritiro. Le date sono rinegoziabili su richiesta del governo iracheno. L’accordo garantisce anche che il territorio e lo spazio aereo e marittimo iracheno non potranno essere usati come base di partenza o di transito per attacchi contro altri Paesi. Un evidente sforzo di distendere le relazioni con l’Iran (che ha dato un giudizio positivo dell’accordo). Il gen.Petraeus ha messo in guardia il Congresso Usa sui rischi di un ritiro troppo precipitoso. Nel frattempo in Irak, al di là delle affermazioni ufficiali Usa, la situazione è lungi dall’essere stabilizzata, la violenza continua a minacciare i civili, manca l’elettricità e anche la benzina. Ogni famiglia si può dire conti più di un parente morto. I rifugiati iracheni in Siria e Giordania ammontano a circa due milioni e mezzo. Il numero dei disoccupati varia, a seconda delle stime, tra un 27% e il 60% della popolazione attiva, l’inflazione è alle stelle e il numero di bambini che soffre di malnutrizione ammonta al 30% del totale.

In una recente sondaggio l’82% degli intervistati iracheni vedeva negativamente la presenza dei soldati stranieri e il 67% ha dichiarato di sentirsi meno sicuro che non prima dell’intervento.

In Libano sono presenti 2460 soldati italiani. Finora non sono stati coinvolti in grossi combattimenti (tutto dipenderà dalle trattative Israele-Siria), ma non sembra che si siano ricoperti d’onore. In loco si accusano i militari italiani di regalare caramelle ai bambini in cambio di notizie su Hezbollah, e il comando militare ha dovuto intervenire perché alcuni si prendevano scarponi e coltelli nei negozi senza pagarli. Le ditte italiane che lavorano grazie agli appalti del Ministero della Difesa in forniture di servizi presso le basi del contingente italiano, subappaltano a ditte libanesi che poi non pagano, e hanno dovuto intervenire i vertici militari italiani per evitare sollevazioni dei lavoratori non retribuiti per mesi (fonte: Famiglia Cristiana 18 novembre 08).

Altri 2150 soldati sono presenti in Kosovo e "ci devono rimanere" perché la regione, dice il ministro della Difesa La Russa, "rappresenta per noi un interesse strategico primario", mentre si potrebbero ritirare i 200 soldati ancora in Bosnia e i 70 presenti in Albania.

Mentre ai pensionati e alle famiglie a basso reddito si elargiscono le elemosine del pacchetto anticrisi, non ci sono problemi a trovare centinaia di milioni di euro per sostenere gli interventi militari dell”imperialismo italiano, per gli interessi spiccioli e strategici dei gruppi finanziari e industriali italiani.

L’Italia del resto è già l’8° esportatore di armi nel mondo nel 2007 (nel 2006 era il 9° – vedi Rapporto Sipri 2008) e le esportazioni italiane di armi hanno subito nel 2007 un aumento del 9,4% sul 2006, con crescita superiore alla quella media internazionale, per un totale di 2,4 miliardi di euro. Come al solito, accanto a Intermarine (244,8 mn.), Fincantieri, Iveco (FIAT), la parte del leone tocca a Finmeccanica con Alenia-Aermacchi, Agusta-Westland, SELEX, Galileo Avionica, ELSAG Datamat, MBDA, Oto Melara e WASS. Finmeccanica gode del sostegno diretto e indiretto dello Stato, che ne è il maggiore azionista. La società ha realizzato profitti netti per 484 milioni di euro nel 2007 e non è troppo sofistica sui paesi acquirenti, per cui arma tranquillamente una serie di paesi impegnati in conflitti, come Irak (pattugliatori marittimi di OtoBreda), India, Nigeria, Israele, Sri Lanka, Russia, Thailandia, o noti per violare i diritti umani, come Arabia Saudita, Malaysia, Oman, EAU, Libia, Egitto, Cina (nonostante l’embargo totale su armi) e Pakistan.

La nostra opposizione all’imperialismo italiano e al suo crescente intervento nei conflitti in tutto il mondo non nasce dall’illusione pacifista che sia possibile la pace in un mondo dominato dal capitale e diviso in classi e Stati. È parte della nostra opposizione al sistema capitalistico, della lotta oggi per difendere le condizioni dei lavoratori nella crisi del capitale e della nostra battaglia per una società che potrà essere senza guerre solo perché non sarà più divisa in classi di sfruttatori e sfruttati.

Il Parlamento è asservito agli interessi dell’imperialismo italiano, che manovra per accrescere e mantenere i propri posti alla tavola degli sfruttatori del mondo. La nostra “politica estera” è quella dell’unione dei comunisti di tutti i paesi, per organizzare i lavoratori e gli sfruttati del mondo nella lotta comune per un mondo libero da sfruttamento, e quindi da crisi e guerre.

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