Primo maggio: coi lavoratori del Nordafrica Per il diritto all’immigrazione Contro le guerre dell’imperialismo italiano

Dalla sua nascita, il 1° maggio è sempre stato la giornata di lotta dei lavoratori di tutto il mondo.

Questo giorno ha sempre incarnato sia la loro battaglia per migliori condizioni di lavoro, sia la loro unione come classe sociale con gli stessi bisogni e gli stessi interessi al di là di ogni differenza nazionale.

Questo 1° maggio vede l’Italia partecipare ai bombardamenti in Libia.

Per anni l’Italia ha sostenuto Gheddafi col quale ha fatto ottimi affari, gli ha venduto armi (forse le stesse usate oggi nella guerra civile!), vi ha intrecciato il propri interessi imperialisti per avere la parte del leone sia nelle forniture di petrolio e di gas, sia nella ricca torta delle commesse libiche, e per recepire capitali per grandi imprese e banche che operano in tutto il mondo. Non tutti i governanti gli hanno baciato la mano in pubblico, ma tutti – a destra come a sinistra – gliel’hanno stretta calorosamente.

Con gli accordi bilaterali del 2009, l’Italia ha subappaltato a Gheddafi il lavoro sporco nella repressione dell’immigrazione: gli immigrati vengono rinchiusi in carceri invivibili, abbandonati nel deserto a morire di stenti, torturati. Questo non ha fermato l’immigrazione, anche perché poliziotti e scafisti libici prosperano sulla clandestinità che lo stato italiano impone ai lavoratori stranieri.

Ora l’Italia scopre improvvisamente i crimini della tirannia di Tripoli, ma fino a ieri questi crimini li ha non solo tollerati, ma anche incoraggiati!

L’imperialismo italiano partecipa alla guerra controvoglia per evitare di restare escluso dalla prossima spartizione del mercato. Fino a poco tempo fa la Libia era il suo cortile di casa, con gli altri imperialismi che facevano la coda, ora rischia di dover dividere la torta con chi conduce in prima fila l’azione militare: Francia e Gran Bretagna.

Per questo ha prima frenato sui bombardamenti, per poi parteciparvi a tutti gli effetti: l’aviazione italiana non si limiterà più a neutralizzare i radar, ma bombarderà direttamente obiettivi sul terreno. Il tutto con buona pace della Costituzione repubblicana, e, ci sia concesso, con buona pace di chi crede che le costituzioni degli stati borghesi siano vincolanti per l’azione dei governi. In Parlamento proprio chi si erge a paladino della Costituzione è il più acceso fautore dei bombardamenti, magari mentre sventola la bandiera arcobaleno della pace.

Nella competizione con la Francia – capofila di chi ha voluto l’intervento militare – uno scontro vergognoso si è svolto sulla pelle dei 20 mila profughi venuti dal Nordafrica: dopo essere stati lasciati per giorni all’adiaccio a Lampedusa, sono diventati l’oggetto di una contesa diplomatica, dove né Roma né Parigi volevano accoglierli quando la piccola Tunisia aveva già accolto 191 mila profughi di ogni naziononalità.

Ora il governo italiano punta a ripristinare la cortina di ferro anti-immigrazione che prima veniva tenuta in piedi da Gheddafi. A questo scopo cerca la collaborazione non solo del nuovo governo di Tunisi, ma anche dei rivoltosi di Bengasi. Prosegue così una politica imperialista che da decenni interviene in Nordafrica per sfruttarne il mercato in crescita, e recentemente per reprimere l’immigrazione. Per questo l’Italia ha appoggiato Mubarak e Ben Alì senza curarsi delle loro violazioni dei diritti umani ma godendosi i buoni affari fatti con le avide borghesie che li sostenevano, e per questo oggi applaude ai nuovi governi che hanno sostituito i vecchi satrapi, non importa se mantengono la legge e l’ordine usando gli stessi metodi.

Ma sotto questi regimi che giornalisti e governanti di casa nostra si ostinano a definire "democratici", non c’è un popolo schiacciato e inerme: c’è una giovane classe lavoratrice che ha già dimostrato la propria forza fornendo le principali energie e pagato il maggior prezzo nelle rivolte delle scorse settimane. Una classe che non si accontenta di un cambiamento di facciata che lasci invariata la sostanza, ma che esige salari migliori, libertà di sciopero, diritti sindacali.

E’ con questa classe che i nuovi governanti dovranno fare i conti.

E’ a questi coraggiosi lavoratori che va la nostra solidarietà, la solidarità di lavoratori italiani verso chi ha gli stessi interessi e le stesse aspirazioni.

E’ la classe da cui provengono i profughi che ora sono costretti a fare la spola fra la frontiera italiana e quella francese, prigionieri di una guerra sotterranea interna all’Europa.

La loro condizione ci ricorda come la difesa dei lavoratori faccia tutt’uno con l’opposizione ad ogni guerra imperialista, a partire da quelle dell’imperialismo di casa nostra.

La loro condizione ci ricorda come la classe lavoratrice sia una classe internazionale, senza frontiere né bandiere.

In questo primo maggio è più che mai d’obbligo appoggiare sia il loro diritto all’immigrazione, sia l’opposizione alle politiche imperialiste che ne hanno preparato la tragedia prima con la pace poi con la guerra.
 

Combat- Pagine Marxiste

 

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