Tra Cina e Iran accordo sul gas per la sete di energia sfida agli Usa

Così Pechino rompe l´isolamento di Teheran


Ora la Cina potrebbe lanciare
un´altra sfida: bloccare la richiesta di sanzioni all´Onu
L´affare apre uno scontro strategico su scala planetaria con Washington
A marzo una delegazione di Pechino andrà a Teheran a firmare il maxi-contratto
Per il regime degli ayatollah un salvagente politico dopo la linea dura
dell´Occidente
PECHINO – Sfoggiando una "diplomazia petrolifera"
sempre più aggressiva, la Cina rompe l´isolamento dell´Iran e sfida le ire
dell´America. Il governo cinese manderà a marzo una delegazione ufficiale a
Teheran per firmare un maxicontratto energetico
.
Pechino mette sul tavolo 100 miliardi di dollari di investimenti, in cambio
della garanzia che l´Iran gli fornirà 10 milioni di tonnellate di gas naturale
liquefatto all´anno per 25 anni
. È un colpo eclatante per la Cina, intenta
ad accaparrarsi riserve energetiche in tutto il mondo, spesso stringendo
alleanze con i regimi messi al bando dall´Occidente. Nel caso dell´Iran il
gesto è gravido di conseguenze. Americani ed europei sono convinti che Teheran
stia preparandosi a costruire armi nucleari. Il grande accordo
Pechino-Teheran viene annunciato a poche settimane dal dibattito al Consiglio
di Sicurezza dell´Onu dove Washington vorrebbe avviare la procedura delle
sanzioni.
La sete di energia diventa un terreno di scontro strategico fra America e Cina
su scala planetaria. Una ulteriore novità di rilievo: nel contratto tra l´Iran
e la Cina si è infilata come terzo partner con una partecipazione di minoranza
l´India, l´altro gigante asiatico il cui consumo energetico sta esplodendo in
parallelo con il boom economico
.
L´affare da 100 miliardi di dollari ha come protagonista Sinopec, l´ente
petrolifero di Stato della Cina, che svilupperà uno dei più grandi impianti
di estrazione petrolifera iraniani a Yadavaran
. Al termine dei lavori
realizzati dai cinesi, da quel giacimento verranno estratti fino a 300.000
barili di petrolio al giorno. È un aiuto importante per il regime islamico, che
ha bisogno di tecnologie e know how per ammodernare le sue infrastrutture di
estrazione petrolifera disertate dagli investitori americani. In contropartita
i cinesi otterranno a partire dal 2009 un accesso privilegiato al gas naturale
iraniano per un quarto di secolo
. In questo accordo la Sinopec diventa
azionista del centro di Yadavaran al 51%, seguita dalla India Oil and Natural
Gas Corporation con una quota del 29%
. Il contratto garantisce nuove fonti
di approvvigionamento vitali per sostenere la crescita industriale della Cina,
che già oggi è il secondo consumatore mondiale di energia dopo gli Stati Uniti.
D´altra parte è un "salvagente" politico prezioso per il regime di
Teheran, che grazie al rapporto con la Cina ora può sentirsi meno isolato. In
segno di gratitudine, e come minaccia di ritorsione economica verso
l´Occidente, gli iraniani hanno annunciato che potrebbero ritirare 80
miliardi di dollari di capitali attualmente piazzati sui mercati finanziari
europei, e investirli in Asia
.
Non solo gli Stati Uniti ma anche il Gruppo dei tre europei (Germania Francia e
Gran Bretagna) sono convinti che il regime islamico voglia dotarsi di un
arsenale nucleare, e premono per un´iniziativa del Consiglio di sicurezza. La
Cina però è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio, e all´arma
economica può aggiungere la sfida politica: detiene il diritto di veto per
bloccare una richiesta di sanzioni contro l´Iran. L´annuncio del maxicontratto
energetico è uno «schiaffo» inatteso per Washington
.
Ancora di recente il vicesegretario di Stato americano Robert Zoellick si era
detto convinto di poter contare sul sostegno della Cina nell´isolare Teheran.
Pechino, ha detto Zoellick in un intervento all´Onu, «è un azionista
responsabile» nelle relazioni internazionali. La penetrazione di Sinopec nei
giacimenti iraniani rischia di gettare un´ombra sul vertice bilaterale tra il
presidente cinese Hu Jintao e George Bush, in programma a Washington a fine
aprile. Un ulteriore motivo di imbarazzo e irritazione per la Casa Bianca è
la partecipazione a quel contratto dell´India, cioè il paese che la diplomazia
americana sta "corteggiando" vistosamente proprio per
controbilanciare l´ascesa della potenza cinese (come gesto di amicizia Bush ha
deciso di recente di liberalizzare l´esportazione di tecnologia nucleare verso
l´India, che era al bando dopo i test atomici di New Delhi).
Proprio mentre le economie occidentali soffrono per il caro-petrolio, e
l´Europa è colpita dalle riduzioni di forniture di gas russo, l´attivismo della
Cina per conquistare riserve strategiche di energia si dispiega in tutti i
continenti. Il re saudita è stato di recente in visita ufficiale a Pechino,
che è diventato il suo secondo cliente dopo l´America: le importazioni cinesi
di greggio saudita sono balzate del 60% l´anno scorso, e Riad ha concesso alle
compagnie petrolifere cinesi diritti di ricerca per nuovi giacimenti. In Asia
centrale nello scorso dicembre Pechino ha inaugurato un oleodotto con il
Kazakhstan e un altro grosso contratto di fornitura di gas è imminente con il
Turkmenistan. La Cina ha investito in aziende energetiche in Canada e in
Australia.
In America latina ha stretto un rapporto privilegiato con il Venezuela,
altro produttore di petrolio, approfittando dell´ostilità di Hugo Chavez verso
gli Stati Uniti: il leader venezuelano ha perfino richiesto l´assistenza cinese
per l´addestramento delle forze armate. In Africa le compagnie petrolifere
cinesi hanno una presenza dominante in Sudan, altro "regime canaglia"

inviso agli americani per le sue simpatie verso il fondamentalismo islamico. Su
tutto lo scacchiere internazionale ormai la Cina si muove sistematicamente come
l´alternativa alla superpotenza americana, affrettandosi a occupare tutti gli
spazi lasciati liberi dal rivale. Hu Jintao fa leva sulla potenza della sua
economia
– l´attrattiva del suo grande mercato interno, la ricchezza delle
sue riserve valutarie che superano gli 800 miliardi di dollari – per espandere
in parallelo l´influenza politica e militare.
Anche New Delhi ha una strategia di investimenti a tutto campo per garantirsi
gli approvvigionamenti nelle zone cruciali del pianeta: Kazakhstan, Nigeria,
Sudan, Vietnam, Birmania. E se Washington si illudeva di arruolare l´India in
un "cordone sanitario" di alleati in funzione anti-cinese, un altro
risveglio brutale è stato il recente via libera di New Delhi per la costruzione
di un oleodotto tra l´Iran e l´India, attraverso il Pakistan. Gli indiani si
muovono ormai in una logica di grande potenza, la loro priorità è lo sviluppo
economico, e non sono disposti ad essere manovrati dalla politica estera
americana
.

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