VERDARO, Virgilio “Gatto Mammone”

(Balerna – 1885 – Pontassieve, 1960), professore di Storia

 

Dal Canton Ticino si trasferì a Firenze dove, nel 1901, aderì alla FIGS. Cercò, senza successo, di far espellere i massoni dal partito. Nel 1909 insegnò a Sant’Arcangelo di Romagna dove conobbe Benito Mussolini, allora direttore di «Lotta di Classe»; sviluppò la sezione socialista di San Marino. Con l’entrata in guerra dell’Italia svolse a Firenze una vigorosa campagna antimilitarista, e venne confinato in Calabria. Nel 1919 contattò Bordiga divenendo uomo di punta dei comunisti astensionisti fiorentini, che rappresentò al Congresso socialista di Bologna del 1919. Delegato al Congresso di Livorno, fu tra i fondatori del PCdI. Espulso dall’Italia (tra l’altro era cittadino svizzero), passò in Austria per poi raggiungere Mosca dove lavorò a stretto contatto con la sua compagna fiorentina Emilia Mariottini; entrambi dimoravano al Lux, sorvegliati dalla GPU. Con Ersilio Ambrogi e Arnaldo Silva entrò in contatto con la Frazione di sinistra e solidarizzò con Trotsky. Gatto Mammone, Ambrogi e Silva vennero espulsi dal partito comunista russo nel 1929.

È in questo periodo della dissidenza che, negli ambienti italiani, il suo amore esagerato per i felini gli comporta il soprannome ironico di “Gatto Mammone”, nome mitico di un gatto gigante (e diabolico) della cultura popolare italiana. Immancabilmente, nel corso degli agitati dibattiti, il gatto di Verdaro è immancabilmente trattato dallo stalinista italiano Giovanni Germanetto (1885-1959) da “maledetto trotskista”. [Philippe Bourrinet]

Nel maggio 1931 riuscì ad uscire dall’URSS ma gli venne sequestrato il manoscritto redatto con la Mariottini sulla storia del movimento operaio internazionale. Raggiunse il Belgio dove divenne segretario esecutivo della Frazione di Sinistra; con Ottorino Perrone fu redattore degli organi «Prometeo» e «Bilan». Nel frattempo la Mariottini, rimasta in URSS, venne licenziata dalla fabbrica di bambole in cui lavorava; il loro figlio Vladimiro morì di fame e stenti nel dicembre 1934. Nel gennaio 1936 Verdaro scrisse su «Prometeo» un articolo di denuncia delle persecuzioni verso la Mariottini; l’articolo venne ripreso dal «Nuovo Avanti!» e ne nacque un caso internazionale. La replica degli stalinisti fu affidata a Germanetto (cui la Mariottini aveva corretto le bozze di Memorie di un barbiere…) che, con cinismo, rispose che la Mariottini “preferisce i nemici riconosciuti del partito al partito stesso”. Il caso si trascinò per mesi, con repliche e atteggiamenti dissimulati della Mariottini, che riuscì ad uscire dall’URSS nel 1937. Nel congresso della Frazione del 1935 Verdaro firmò con Enrico Russo e Piero Corradi una risoluzione nella quale venne bandito ogni richiamo al PCdI, considerato ormai irrimediabilmente perduto in quanto stalinizzato e nemico dei lavoratori, e la denominazione divenne “Frazione italiana della Sinistra comunista”. L’anno successivo, nella discussione interna sulla guerra civile spagnola, Gatto Mammone si schierò con la “maggioranza” contraria all’intervento (la “minoranza” andò a combattere nella Columna Lenin del POUM). Nello stesso periodo denunciò su «Prometeo» l’opera nefasta di doppiogiochisti e spie quali Ambrogi e Maris Baldini. Nel 1940 si rifugiò in Svizzera, dove aderì al Partito socialista ticinese e scrisse su «Libera Stampa». Nel 1957 si trasferì a Pontassieve, raggiunto dalla Mariottini.

Alla morte di Verdaro, in una lettera di Bordiga alla Mariottini il comunista napoletano rese omaggio al compagno che “non aveva mai abbandonato la sua fede nella dottrina comunista”.

 

FONTI: Cronache rivoluzionarie in provincia di Varese (1945 – 1948), PM; P. Genasci, Virgilio Verdaro(1885-1960), Fondazione Pellegrini-Canevascini, 1988; P. Bourrinet, maitron.fr

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