Detroit: da aristocrazia operaia a senzatetto

I lavoratori delle “Big
Three”, le tre grandi case automobilistiche americane, concentrati nell’area di
Detroit, hanno storicamente costituito un settore centrale dell’ “aristocrazia
operaia” americana: alti salari e un welfare aziendale (assistenza sanitaria,
pensioni) che pochi lavoratori negli USA possono permettersi. Dalle cronache
sindacali americane apprendiamo che questo è sempre meno vero, con l’erosione
dei salari e delle condizioni normative. Ma c’è di più: parecchie decine di
migliaia di lavoratori dell’auto hanno perso il posto di lavoro, e molti di
questi sono precipitati in condizioni di estrema povertà.La direttrice di un rifugio
per senzatetto nella periferia nord di Detroit, Monica Duncan, parla della
“sindrome dei capelli grigi”. Ciò che colpisce è che il fenomeno dei senzatetto
non riguarda solo, né prevalentemente, i disoccupati: riguarda soprattutto i
nuovi “lavoratori poveri”.

Nel Michigan “la recente
crescita della povertà ha infatti provocato il fenomeno scioccante di
moltissimi lavoratori anziani che hanno lavorato per tutta la vita
nell’industria dell’automobile e che ora stanno perdendo le loro case”,
costretti così a rivolgersi a istituzioni come i dormitori per senzatetto –
riferisce il World Socialist Web Site.

Secondo la Duncan questo
dramma sociale colpisce in particolare lavoratori con alle spalle 20 o più anni
di attività lavorativa nell’industria
automobilistica i quali, a causa della loro professionalità legata solo a
questo settore, non riescono a trovare altri lavori che offrano i loro
precedenti livelli salariali e cadono dai 18$ agli 8$ l’ora.Nella sola contea
di Macomb, dal 2000 a oggi sono stati persi più di 27.000 posti di lavoro in
fabbrica, mentre la cifra ufficiale di coloro che vivono in povertà nella
contea è salita dai 44.000 del 2000 ai 71.000 del 2005.

A ciò si aggiunge la condizione di estrema precarietà di coloro
che lavorano “per 8,50 $ all’ora in una fabbrica, ma vengono licenziati
all’89esimo giorno perché è meno costoso per la compagnia assumere qualcun
altro piuttosto che pagare sussidi sanitari e altri contributi”.

Molti lavoratori stanno in
questo modo cadendo in forte debito per sopravvivere, costretti anche a vendere
le proprie case ipotecate, non riuscendo a pagare le rate del mutuo. In queste
condizioni, la strada finisce per essere la sola umiliante alternativa per chi
ha lavorato per una vita intera e ancora lavora al servizio e per i profitti
del capitale. infatti nel Michigan circa il 60 % dei senzatetto sono
lavoratori, non persone senza salario.

Questo fenomeno ha colpito
soprattutto le periferie a nord di Detroit, quelle dominate per decenni
dall’industria dell’auto, e che ora sono “sconvolte” dai massicci licenziamenti dei lavoratori della Ford, Gm e del
produttore di componenti Delphi.

In particolare, queste tre
grandi società stanno attuando un drastico ridimensionamento della forza
lavoro: basta pensare ai recenti tagli della General Motors (di circa il 25 %
dei dipendenti Usa) della Ford (circa il 30%), oltre alla decisione del
produttore di componenti Delphi (ex General Motors) di ridurre del 60% i salari
dei propri dipendenti.

È l’effetto della perdita
della posizione di monopolio delle case americane, incalzate da una agguerrita
concorrenza europea e asiatica. “Il numero di addetti dei gruppi auto
giapponesi, tedeschi e sudcoreani è di circa 60.000, pari circa ai tagli
annunciati da Ford e Gm, ma rappresentato da forza lavoro più giovane e meno
costosa” e “i produttori stranieri vendono oltre 4/10 delle auto e dei camion
venduti negli Usa”. (NYT 24/01/06)

Ford e General Motors hanno
ormai ridotto la loro produzione di auto in USA a un quinto-un quarto della
loro produzione mondiale e stanno puntando, insieme ad altre concorrenti
giapponesi ed europee, sui mercati emergenti e in particolare sul mercato
cinese che, per la sua rapida espansione, induce i grandi gruppi esteri ad
investirvi massicciamente.

Nella dinamica caotica del
capitalismo non c’è sicurezza per nessun settore della classe lavoratrice,
nemmeno per i settori che per decenni si sono ritenuti in una botte di ferro,
come i lavoratori dell’auto americani. Anche in anni di espansione
dell’economia la loro condizione ha visto un drastico peggioramento, fino a
farne precipitare una parte nella povertà.

Chi ieri poteva venire
illuso di essere dentro il “sogno americano” del benessere crescente ora è
costretto ad aprire gli occhi alla dura realtà del capitalismo, che lo accomuna
sempre più ai proletari di tutto il mondo, rigenerando la povertà con
ristrutturazioni, licenziamenti, tagli ai salari e al welfare.

“Marx non
è superato a Detroit” titolava Arrigo Cervetto nel 1967, in occasione di una
rivolta dei lavoratori neri. Marx non è superato a Detroit, possiamo oggi
ribadire, per le condizioni della classe lavoratrice indipendentemente dal
colore della sua pelle. Ciò che la accomuna ai proletari del resto del mondo è
molto più di ciò che la lega al capitale americano e al suo Stato.

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