EUROPA: SULL’ORLO DELL’ABISSO, MA TEDESCA/Faz: UE SI ACCORDA PER PATTO FISCALE E IL TRATTATO ESM

CRISI EURO-DEBITO, GERMANIA
GFP    120201
EUROPA: SULL’ORLO DELL’ABISSO, MA TEDESCA
Con il nuovo “Patto fiscale” europeo,
–    Berlino consolida la propria impronta su quasi tutta l’Europa;
–    viene istituzionalizzato il diktat al risparmio tedesco per i 25 paesi UE firmatari (UK e Cekia non vi hanno aderito),
–    FMI e Banca Mondiale confermano che quasi tutta l’area euro entra in recessione; anche altri paesi UE rischiano la spirale in discesa dell’economia greca.
–    Crescono al contempo le critiche alla politica tedesca:
o    Il Times di Londra: Berlino continua a porre il veto all’unica strategia che potrebbe risol-vere la crisi dell’euro: garanzie collettive europee per i titoli di stato e maggiore intervento BCE.
o    Il primo ministro italiano, Mario Monti ha messo in guardia contro “gravi ripercus-sioni” se Berlino continua a opporsi a misure in grado di diminuire la pressione finanziaria su altri paesi dell’euro.
–    Le misure di risparmio imposte alla Grecia hanno causato: forte caduta della domanda statale e privata, conseguente spirale di contrazione economica, e riduzione delle entrate statali, forte aumento della disoccupazione e della spesa statale:
–    Risultato di tutto ciò: prima del programma di risparmi la Grecia aveva un debito  pari al 120% del PIL;
o    Ora è cresciuto a circa il 163%; grazie a ristrutturazione dovrebbe tornare entro il 2020 al 120%.
–    Nel 2009-2011, il deficit strutturale greco era calato dell’11,4% del Pil;
o    nello stesso periodo in Spagna era calato del 6,2% e Irlanda del 4%;
o    in Germania nel periodo 2003-2007 il deficit strutturale era calato del 2,6%, neppure ¼ di quello greco in un tempo doppio.
Nel 2008 il Pil Greco -0,2%; nel 2009 e 2010 del 3,3% e 3,5% rispettivamente; nel 2011 del 5,5%
–    Le regole del patto fiscale obbligano tutti i paesi firmatari a introdurre i cosiddetti Freni al de-bito su modello tedesco; il deficit strutturale dovrà essere inferiore allo 0,5% del PIL;
–    Previsti procedimenti sanzionatori per chi non introduce il limite di deficit nella legislazione  (più veloci perché non c’è la possibilità di veto), presso il tribunale europeo, con multe dello 0,1% del PIL, per chi supera il limite.
–    Come Berlino intende stabilizzare la situazione:
o    la BCE immetterà sul mercato finanziario europeo liquidità fino a mille miliardi di €, un ammontare inedito, a disposizione delle banche con un tasso di interesse dell’1% su 3 anni, per motivarle a acquistare titoli ad alto interesse dell’area euro. Verranno uniti i fondi EFSF e ESM; oltre a questi l’FMI contribuirà con altri €500MD, di cui €150 crediti europei; per i rimanenti €350 si ricorrerà ai paesi esterni all’euro.
o    Dell’immissione dei circa €500 MD operata dalla BCE a dicembre 2011 ha approfitta-to in primo luogo il centro dell’euro, attorno alla Germania, mentre ne hanno tratto poco vantaggio i paesi in crisi della periferia sud.  
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FAZ    120201
CRISI DEL DEBITO – IL PATTO DI BRUXELLES
Werner Mussler
+ FAZ    120130
CRISI DEL DEBITO – IL VERTICE UE SI ACCORDA PER PATTO FISCALE E IL TRATTATO ESM
–    Faz parla di “rapidità” nell’accordo su patto fiscale, trasformato in Trattato, rapidità dettata dalla condanna dei mercati, non ultimo dall’abbassamento del rating di alcuni paesi euro.
–    Ma, al di là del suo simbolismo difficile afferrarne il significato; rimane il dubbio che si tratti di un “campione senza valore”.
–    L’esperienza negativa del Patto di Stabilità di fatto annullato da Germania e Francia insegna che la UE, a prescindere dalle regole vigenti, non ha la forza di denunciare e punire un paese membro che gestisce male la propria economia.
o    Nella sostanza esso è un impegno volontario di 25 dei 27 paesi UE a ancorare nel corpo giuridico nazionale, possibilmente nella Costituzione, un limite al debito statale. Quasi tutte le altre regole del trattato confermano il diritto secondario in vigore.
o    Il patto fiscale prevede (non, prevede dice il secondo art. Faz!!??) che la Commis-sione UE possa deferire al tribunale europeo un paese membro che non abbia in-serito nella propria legislazione il limite al deficit;
o    la Commissione non può deferire invece un paese che non ottemperi alle regole del trattato di Maastricht.
–    Ma i limiti dell’ancoraggio del tetto di deficit sono visibili anche in un paese “virtuoso” come la Germania;
o    In base a quali criteri la Commissione valuta che un paese non assicuri a sufficienza il rispetto dei limiti al deficit?
o    È possibile evitare la bancarotta della Grecia?
o    Non credibile che un patto fiscale avrebbe potuto evitare la crisi greca.
–    La stessa cancelliera Merkel parla di un avanzamento “piccolo, ma ben fatto”, non più dell’enorme passo avanti verso un’unione di stabilità, promesso a dicembre.
–    Il segnale politico delle decisioni prese a Bruxelles: fino a nuovo avviso, tutti (quasi) i paesi  UE danno priorità ad una solida politica di bilancio ed accettano una specie di controllo centrale UE sulla loro condotta di politica finanziaria.
–    Questo consenso da parte dell’insieme della UE è nuovo per la forma chiara in cui è espresso.
–    L’accordo nasce da uno stato di necessità, il giudizio dei mercati finanziari, e non da un co-mune riconoscimento  della necessità di un diktat UE al risparmio.
–    È stata la speranza del rafforzamento del Fondo salvastati ESM (a cui la Germania ora si oppone con minore fermezza) che ha facilitato il consenso della maggior parte dei paesi al patto fi-scale.
–    Maggiori crediti per il salvataggio, sono una misura molto più sostanziosa degli impegni presi con il patto.
–    Al prossimo vertice di marzo si deciderà probabilmente un ampliamento, ad esempio aggiun-gendo i fondi ESM ai €250 MD rimasti dell’EFSF; Faz ritiene che il parlamento tedesco darà la sua approvazione d’urgenza all’ampliamento dell’ESM.
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–    Merkel: discutere come l’Europa possa “sostenere” la Grecia perché ottemperi agli obblighi di risparmio e riforma. Il governo tedesco è convinto che occorra un forte controllo esterno sul-le spese statali greche.
–    Secondo informazioni date dal presidente francese, Sarkozy, in futuro si riuniranno regolarmente solo i 17 paesi dell’euro; gli altri paesi verranno coinvolti  solo su questioni riguardanti la strategia globale dell’Unione Monetaria, la competitività dei paesi euro e le modificazioni dei regolamenti.
–    Il Patto fiscale entrerà in vigore se verrà ratificato da 12 paesi.
–    Il presidente francese, Sarkozy, si è detto contro una sorveglianza di paesi singoli, come la Grecia,
o    proposta in un documento del ministero Finanze tedesco e che risale alle decisioni di  un vertice UE dello scorso ottobre;
o    è a favore il ministro tedesco Economia, presidente FDP, Rösler; mentre quello E-steri (FDP), Westerwelle, condivide la linea moderata della Merkel.
–    Contrari soprattutto gli esponenti socialdemocratici di altri paesi.
–    Il presidente dell’eurogruppo e primo ministro del Lussemburgo, Juncker, non sfavorevole a prevedere maggiori controlli sul bilancio se un paese esce a lungo dai binari; contrario ad un commissario solo per la Grecia.
–    Cancelliere austriaco: sì a un controllo, ma lo fanno già la troika e altre istituzioni.
–    La crisi greca non è stata al centro del dibattito del vertice, dato che osno in corso negoziati del go-verno greco con i creditori privati sulle condizioni di una riduzione del debito, e la Troika sta verifi-cando quanto la Grecia non abbia rispettato le direttive del primo programma di austerità. Sarkozy crede che sarà avviato già questa settimana un secondo programma di aiuti-riforme per Atene.
–    Misure per a crescita: i fondi strutturali e sociali UE non ancora usati verranno usati per fornire maggior credito alle PMI.
–    Impegno di governi UE a creare entro pochi mesi un’offerta di lavoro per i  giovani in cerca di occu-pazione, che nella UE sono il 20% in media.
Gfp    120201
Europa: Am Rande des Abgrunds, aber deutsch
01.02.2012
BERLIN/BRÜSSEL
–    (Eigener Bericht) – Mit dem neuen europäischen "Fiskalpakt" verfestigt Berlin die deutsche Prägung fast des gesamten Kontinents. Der Vereinbarung, die eine rigide Sparideologie institutionali-siert und die Regierungen aller beteiligten Länder zu strikter Austeritätspolitik zwingt, stimmten zu Wochenbeginn 25 der insgesamt 27 EU-Mitgliedstaaten zu. Sie "beugten" sich damit der deutschen Kanzlerin, wie die deutsche Presse sorgfältig vermerkt. Nur Großbritannien und die Tschechische Republik verweiger-ten sich dem deutschen Diktat. Dennoch nimmt die Kritik an der Krisenpolitik der Bundesregierung eu-ropaweit zu.
–    Berlin lege "konsequent Veto gegen die einzigen Strategien ein", die "der Eurokrise Herr werden" könnten, heißt es in einem Beitrag in der Londoner "Times", der die Debatte in mehreren europäischen Hauptstädten befeuert. Hintergrund ist, dass das Berliner Spardiktat Griechenland über eine fatale ökonomische Abwärtsspirale systematisch in den Abgrund reißt und auch weitere europäische Staaten schwer zu schä-digen droht.
–    IWF und Weltbank warnen mittlerweile vor einer harten Rezession in der Eurozone.
–    Einige der Maßnahmen, mit denen Berlin die Krise bewältigen zu wollen vorgibt, nutzen vor allem den wohlhabenden Staaten der EU, darunter Deutschland.
Der Fiskalpakt
–    Die Regeln des neuen "Fiskalpakts" verpflichten alle unterzeichnenden EU-Staaten zur Einführung sogenannter Schuldenbremsen nach deutschem Vorbild. Sie sollen die künftige strukturelle Neuverschuldung auf 0,5 Prozent des Bruttoinlandsprodukts (BIP) begrenzen. Bei Verstößen dro-hen Sanktionsverfahren vor dem Europäischen Gerichtshof, die Strafen in Höhe von 0,1 Prozent der Wirtschaftsleistung des betroffenen Landes nach sich ziehen können. Defizitverfahren gegen einzelne Länder können künftig schneller umgesetzt werden, da die Unterzeichnerstaaten kein Veto mehr einlegen dürfen.
Der Sparkommissar
–    Unmittelbar vor dem Gipfel hatte vor allem die deutsche Forderung nach Einsetzung eines "EU-Sparkommissars", der die Kontrolle über die Haushaltspolitik in Athen übernehmen sollte, europaweit für Proteste gesorgt. In einem Strate-giepapier, das den Titel "Sicherung der Fügsamkeit" trug, hatte die Bundesregierung nichts Geringeres als die umfas-sende Entmündigung Griechenlands gefordert. Ihm sollte die Zuständigkeit für den Kernbereich staatlicher Souveräni-tät – die eigene Haushaltspolitik – entrissen werden (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Die griechische Regie-rung erklärte unverzüglich, es sei "ausgeschlossen", dies zu akzeptieren: "Diese Kompetenzen fallen unter nationale Souveränität."[2] Griechische Medien erinnerten mit Blick auf die Besetzung Griechenlands durch Nazideutschland an die damaligen "Gauleiter", während in der Bundesrepublik der Hinweis auf die deutsche Gewalt-geschichte weithin auf Empörung stieß. Nur der Vorsitzende der oppositionellen Linkspartei, Klaus Ernst, räumte ein: "In Griechenland erinnern sich die Menschen bei solchen Vorschlägen, gerade wenn sie aus Deutschland kommen, ganz automatisch an den dunkelsten Teil ihrer Geschichte."[3] Vor einem allzu aggressivem Vorgehen Deutschlands warnten der österreichische Bundeskanzler Werner Faymann, der darauf hinwies, man solle "niemanden in der Politik beleidigen", und der luxemburgische Außenminister Jean Asselborn, der riet: "Ich denke dass das größte Land in der Europäischen Union, Deutschland, etwas vorsichtiger sein sollte."[4]
Mittel zum Zweck
–    Neben dem ungezügelten deutschen Großmachtchauvinismus [5] ist es vor allem die konkrete, von Berlin durchgesetzte Krisenpolitik, die in Europa den Unwillen gegenüber der deutschen Hege-monie immer stärker anschwellen lässt. "Das Grundproblem" bei der Krisenbewältigung, analysierte un-längst die britische "Times", liege mittlerweile "im Verhalten der deutschen Politiker und Zentralbanker":
o    Nicht nur lege Berlin "konsequent Veto gegen die einzigen Strategien ein, die der Euro-krise hätten Herr werden können – kollektive europäische Garantien für natio-nale Staatsanleihen und ausgedehntes Eingreifen der Europäischen Zentral-bank". "Zu allem Übel" sei Deutschland darüber hinaus "verantwortlich für fast alle irrigen Strategien, die die Eurozone bisher eingesetzt" habe – "angefangen bei den verrückten Zinssatzerhöhungen durch die EZB im vergangenen Jahr bis zu den exzessiven Forderungen nach Sparmaßnahmen und den Bankverlusten, die nun Griechenland mit einem chaotischen Zahlungsausfall bedrohen".[6]
–    Jüngst warnte der italienische Ministerpräsident Mario Monti Deutschland offen vor einer "kräftigen Rückwirkung", sollte Berlin sich weiterhin Maßnahmen entgegenstellen, "die den finanziellen Druck auf andere Euro-Mitglieder erleichtern könnten". Allerdings hat es gerade die weithin als ökonomisch in höchstem Maße schädlich eingestufte Politik der Bundesregierung ermöglicht, fast alle EU-Staaten zum Einlenken gegenüber dem deutschen Diktat und zur Unterwerfung unter ein "deutsches Eu-ropa" zu zwingen (german-foreign-policy.com berichtete [7]).
Abwärtsspirale
Die desaströsen Folgen des deutschen Spardiktats offenbaren sich vor allem in Griechenland, das aufgrund der von Berlin er-zwungenen Kahlschlagpolitik am Abgrund steht. Dass das exzessive Sparen in eine verhängnisvolle ökonomische Abwärtsspi-rale und perspektivisch zum Staatsbankrott führt, ist seit langem bekannt [8] und durch die dramatische griechische Entwick-lung hinreichend empirisch belegt.
–    Die von Berlin und Brüssel oktroyierten Sparpakete ließen die staatliche und die private Nachfrage in Griechenland dramatisch einbrechen; dies löste eine sich selbst verstärkende Schrumpfbewegung aus, bei der die zusammenbrechen-de Konjunktur die Staatseinnahmen weiter reduzierte, das rasch wachsende Arbeitslosenheer jedoch die Staatsausga-ben in die Höhe trieb.
–    Das Ergebnis ist wohlbekannt: 2009, vor Beginn der Sparprogramme, bewegte sich die griechische Staats-verschuldung bei rund 120 Prozent des Bruttoinlandsprodukts, derzeit ist sie auf rund 163 Prozent des BIP angestiegen und soll nun dank des Schuldenschnitts bis zum Jahr 2020 wieder auf rund 120 Prozent des BIP absinken – also exakt auf das Niveau, auf dem sie sich vor Beginn der "Sparmaß-nahmen" befand.
Erfolgreich gespart
–    Dabei hat Athen die Sparprogramme in den vergangenen Jahren entgegen hierzulande verbreiteten Behauptungen sehr konsequent und damit "erfolgreich" umgesetzt. Zwischen 2009 und 2011 wurde das strukturelle Staatsdefizit in Athen um rekordverdächtige 11,4 Prozent des BIP gesenkt, während es in Spanien nur um 6,2 Prozent und in Irland nur um vier Prozent verringert wurde.
–    Zum Vergleich: Zwischen 2003 und 2007, in den vier Jahren der Implementierung der "Agenda 2010", sank das strukturelle Haushaltsdefizit in Deutschland um 2,6 Prozent – nicht einmal ein Viertel des grie-chischen Werts in der doppelten Zeit.
–    Dass Athen jüngst einen weiteren Finanzbedarf von 15 Milliarden Euro anmelden musste, liegt daran, dass das Spar-diktat Griechenland in die erwähnte tiefe Rezession trieb, die nun schon vier Jahre anhält und sich weiter verstärkt. Das griechische BIP schrumpfte 2008 um 0,2 Prozent, 2009 und 2010 um 3,3 respektive 3,5 Pro-zent, 2011 sogar um 5,5 Prozent. Ein Ende dieses von Berlin maßgeblich verursachten Desasters, das mit ei-nem schweren Pauperisierungsschub einhergeht, ist nicht in Sicht. Stattdessen fordern Berliner Politiker weitere "Re-formen": "Für Reformstillstand gibt es kein Geld", erklärt etwa der CSU-Vorsitzende Horst Seehofer.[9]
Geld für die Reichen
–    Das Berliner Spardiktat lässt nicht nur die Lage auch in anderen südeuropäischen Staaten, etwa in Spanien und Portugal, auf ganz ähnliche Weise eskalieren, es wurde nun auf Betreiben Berlins im Rahmen des Fis-kalpakts sogar für fast alle EU-Staaten verbindlich institutionalisiert.
–    Dabei geht mittlerweile die gesamte Eurozone aufgrund der deutschen Krisenpolitik in Rezession über; dies bestätigen nun der Internationale Währungsfonds (IWF) und die Weltbank. Die griechische Abwärtsspi-rale droht damit auch weiteren Ländern der EU.
–    Wie Berlin die Lage zu stabilisieren trachtet, lässt sich inzwischen deutlich erkennen: Unmittelbar nach der Absegnung des Fiskalpakts in Brüssel wurde bekannt, dass
o    die EZB den europäischen Finanzmarkt mit Liquidität in bislang ungekanntem Ausmaß überfluten wird: Bis zu einer Billion – tausend Milliarden – Euro wollen die europäischen Währungshüter am 29. Februar den Banken zum Minimalzins von einem Prozent auf drei Jahre zur Verfügung stellen, um sie zum Erwerb der weitaus höher verzinsten Staatsanleihen im Euroraum zu motivieren.
–    Von der ersten derartigen EZB-Geldflutung im Dezember 2011 in Höhe von rund 500 Milli-arden Euro profitierte in erster Linie das ökonomische Zentrum der Eurozone rund um Deutschland, während die krisengeschüttelten Staaten der südlichen Euro-Peripherie weit-aus geringeren Nutzen aus ihr zogen.
Ungewisse Zukunft
–    Aktuell berichtet außerdem die Wirtschaftspresse, dass der Umfang des EU-"Rettungsschirms" nahezu verdreifacht werden soll.[10] Hierbei werden die Mittel im provisorischen Rettungsfonds EFSF und dem dauerhaften Stabilitätsmechanismus (ESM) zusammengeführt.
–    Zu den rund 1.000 Milliarden Euro, die dadurch angehäuft werden, soll der IWF weitere 500 Milliar-den beisteuern, 150 davon als europäische Kredite.
–    Für die restlichen 350 Milliarden würden, heißt es, Staaten außerhalb der Eurozone in An-spruch genommen. Etliche von diesen haben allerdings Vorbehalte (Großbritannien, Brasilien) oder sogar rund-weg Ablehnung (USA) signalisiert. Das Berliner Va Banque-Spiel geht damit weiterhin einer höchst ungewissen Zukunft entgegen.
Weitere Berichte und Hintergrundinformationen zur Euro-Krise finden Sie hier: Die deutsche Transferunion, Die Germanisie-rung Europas, Teilsieg für Deutsch-Europa, Aus der Krise in die Krise, Steil abwärts, Alles muss raus!, Im Mittelpunkt der Proteste, Der Wert des Euro, Die Widersprüche der Krise, Der Krisenprofiteur, In der Gefahrenzone, Erkenntnisse einer neuen Zeit, Souveräne Rechte: Null und nichtig, Die Folgen des Spardiktats, Auf Kollisionskurs, Europa auf deutsche Art (I), Europa auf deutsche Art (II), Ausgehöhlte Demokratie, Jetzt wird Deutsch gesprochen, Ein imperiales System, Die USA Europas, Alte Dämonen, Va Banque und Va Banque (II).
[1] s. dazu Ein klein wenig Diktatur (II)
[2] Brisantes Dokument: Berlin will Athen entmündigen; diepresse.com 28.01.2012
[3] Linke-Chef Ernst gemahnt Kanzlerin Merkel an den Zweiten Weltkrieg; www.focus.de 30.01.2012
[4] Der Sparkommissar vergiftet Rettungsdebatte; www.handelsblatt.com 30.01.2012
[5] s. auch Jetzt wird Deutsch gesprochen
[6] Anatole Kaletsky: Expel Germany, not Greece, to save the euro; The Times 18.01.2012
[7] s. dazu Va Banque und Va Banque (II)
[8] s. dazu Steil abwärts
[9] Aufpasser für die Griechen? www.br.de 29.01.2012
[10] Super-Rettungsschirm im Anflug; www.ftd.de 31.01.2012
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Faz    120201
Schuldenkrise – Der Pakt von Brüssel
01.02.2012 •  Im Eiltempo haben die Staats- und Regierungschefs den Fiskalpakt in einen Vertrag gegossen. Jenseits der politischen Symbolik ist der Wert des neuen Pakts allerdings schwer zu greifen.
Von Werner Mussler, Brüssel
–    Ein „kleines, aber feines Stück“ ist die EU auf ihrem Gipfeltreffen nach Meinung der Kanzlerin im Krisen-management weitergekommen. Dieses Urteil ist nicht falsch. Es unterscheidet sich deutlich von den vollmundigen Berliner Aussagen vom Dezember, der nun beschlossene Fiskalpakt stelle einen Riesenschritt in Richtung Stabilitäts-union[e] dar. Das ist er aus mehreren Gründen nicht.
–    Die Vermutung, dass es sich um ein Muster ohne Wert handele, ist nicht beseitigt. Die unbeantwor-tete Kernfrage lautet weiterhin: Wie sollen sich Regeln durchsetzen lassen, die auf einem völker-rechtlichen Vertrag beruhen und sich damit der juristischen Bindungskraft des Europa-rechts entziehen?
–    Die schlechten Erfahrungen mit dem von Deutschland und Frankreich faktisch entwerteten Stabilitätspakt lehren überdies, dass die EU – unabhängig von bestehenden Regeln – nicht die Kraft besitzt, um ein schlecht wirtschaftendes Partnerland an den Pranger zu stellen, ja zu bestrafen.
Ein politisches Signal
–    Der „kleine, aber feine“ Wert der Brüsseler Beschlüsse besteht eher in einem politischen Signal: Bis auf weiteres geben (fast) alle EU-Staaten einer soliden Haushaltspolitik Priorität, und bis auf weiteres akzep-tieren sie eine Art Brüsseler Aufsicht über ihr finanzpolitisches Gebaren.
–    Dieser gemeinschaftsweite Konsens ist in dieser eindeutigen Form vermutlich neu.
–    Er beruht freilich nicht auf der allgemeinen Einsicht in die Notwendigkeit eines Brüsseler „Spardiktats“, sondern ist aus der Not geboren, genauer: dem Urteil der Finanzmärkte.
–    Schon als 2005 der Stabilitätspakt weichgespült wurde, galt es als ausgemacht, dass nur spürbar höhere Zinsen auf die Staatsanleihen die betroffenen Länder auf den Weg der haushaltspolitischen Tugend zurückführen würden. Die mit diesen Risikoaufschlägen verbundenen Verwerfungen hat damals allerdings niemand vorausgesehen.
Dem „deutschen“ Pakt wird die Aufstockung des ESM folgen
–    Nur mit diesen Verwerfungen ist das Tempo zu erklären, mit dem der Fiskalpakt nun in einen Ver-tragstext gegossen wurde. Nicht zuletzt die Abstrafung etlicher Euro-Staaten durch die Rating-agenturen hat Zeitdruck verursacht.
–    Und längst gilt in Brüssel ein Junktim, dem auch die Bundesregierung nur noch zaghaft wider-spricht: Ist erst einmal der „deutsche“ Pakt beschlossen, dann wird über kurz oder lang der permanente Euro-Krisenfonds ESM aufgestockt.
–    Es war die Hoffnung auf eine höhere „Brandmauer“ – ein gefälligerer Ausdruck als die mar-tialische „Bazooka“ -, die den meisten Ländern die Zustimmung zum Fiskalpakt erleichtert hat. Mehr Rettungskredite – das ist wesentlich handfester als die auslegungsfähigen Selbst-verpflichtungen des Pakts.
–    Die Berliner Rückzugslinie mit Blick auf den Krisenfonds war bisher immer, dass das ESM-Kreditvolumen von fünf-hundert Milliarden Euro schon deshalb ausreiche, weil gegenwärtig neue Hilfsanträge nicht zu erwarten seien. Es wäre dennoch erstaunlich, wenn auf dem nächsten EU-Gipfel im März eine Ausdehnung nicht be-schlossen würde – etwa in der Form, dass die ESM-Mittel zu den noch verbliebenen Gel-dern des bisherigen Krisenfonds EFSF von rund 250 Milliarden Euro addiert werden.
–    Der Bundestag müsste eine ESM-Ausweitung im Ernstfall billigen. Ob ihm der Fiskalpakt als Ver-sprechen künftiger Haushaltsstabilität in anderen Ländern – und damit für überschaubare Belastungen des Bundeshaushalts – ausreichte, darf bezweifelt werden. Unabhängig davon ist der Wert des Pakts jenseits politischer Symbolik schwer zu greifen.
–    Sein Kern besteht in einer Selbstverpflichtung: 25 der 27 EU-Staaten versprechen sich, im nationalen Recht, möglichst in der Verfassung, eine Schuldenbremse zu verankern. Fast alle anderen Regeln des schwer lesbaren Vertrags bekräftigen das bestehende Sekundärrecht.
–    Die vom Bundestagspräsidenten zuletzt zum kritischen Punkt erhobene Frage, ob die EU-Kommission ein Klagerecht vor dem Europäischen Gerichtshof gegen säumige Mitgliedstaaten erhält, bezieht sich ausschließlich auf die Verankerung der Schuldenbremse. Ein Klagerecht bei unmittelbaren Verstößen gegen die Maastrichter Referenzwerte für das Staatsdefizit und die Staatsschuld war nie geplant. Das relativiert die Bedeutung des Klagerechts.
–    Zweifellos wäre es wünschenswert, wenn sich die Schuldenbremse überall im nationalen Recht verankern ließe. Ihre Grenzen sind indes schon im vermeintlichen haushaltspolitischen Musterland Deutschland erkennbar. In einem Land wie Griechenland könnte sie keine schnelle Wirkung erzielen. Nach welchen Kriterien die Kommission gegebenenfalls feststellen sollte, dass die Schuldenbremse ungenügend verankert sei, ist erst recht unklar.
Bleibende Wirkung wird der Fiskalpakt allenfalls dann erzielen, wenn seine politischen Bekenntnisse so schnell wie möglich in durchsetzbares (Europa-)Recht überführt werden. Von der kurzfristigen Tagesordnung wird er ohnehin schnell verdrängt sein: Wieder einmal stellt sich die drängende Frage, ob der griechische Staatsbankrott noch zu vermeiden ist.
Hätte der Fiskalpakt die griechische Krise verhindern können? Wer diese Frage mit Ja beantwor-tet, ist ein großer Optimist.
Quelle: F.A.Z.
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Faz    120130
Schuldenkrise EU-Gipfel beschließt Fiskalpakt und ESM-Vertrag
30.01.2012 •  Für Kanzlerin Merkel war der EU-Gipfel eine „Meisterleistung“: Der Vertrag über den permanenten Krisenfonds ESM ist beschlossen, 25 Länder wollen sich am Pakt für Haushaltsdisziplin beteiligen. Doch konnte sich Deutschland mit wichtigen Ideen nicht durchsetzen.
Von Nikolas Busse und Werner Mussler, Brüssel
Der Euroraum erhält neue haushaltspolitische Regeln. Die EU-Staats- und Regierungschefs haben auf ihrem Gipfeltreffen in Brüssel nach längeren Diskussionen den neuen EU-Fiskalpakt beschlossen, an dem sich über einen völkerrechtlichen Vertrag voraussichtlich 25 EU-Staaten (außer Großbritannien und die Tschechische Republik) beteiligen werden. Das teilte EU-Ratspräsidenten Herman Van Rompuy am späten Montagabend mit. Zugleich billigten die Staats- und Regierungschefs end-gültig den neuen Vertrag über den permanenten Krisenfonds ESM, der nun am 1. Juli in Kraft treten soll.
–    In dem Pakt verpflichten sich die Staaten zu einer dauerhaft soliden Haushaltspolitik, die sich unter anderem in natio-nalen Schuldenbremsen niederschlagen soll. Bundeskanzlerin Merkel nannte es eine „Meisterleistung“, dass der Pakt nach so kurzer Zeit beschlossen wurde. Die EU sei ein „kleines, aber feines Stück“ weiter auf dem langen Weg, der er-forderlich sei, damit Europa wieder Vertrauen gewinne.
Merkel will mehr externe Kontrolle über Griechenland
–    Frau Merkel sah davon ab, für Griechenland einen EU-Sparkommissar zu fordern, obwohl darüber seit Tagen in der Bundesregierung diskutiert wird. Begleitet von ablehnenden Äußerungen aus anderen EU-Ländern sagte sie: „Ich glaube, dass wir eine Diskussion führen, die wir nicht führen sollten.“ Es gehe darum, wie Europa Griechenland dabei unterstützen könne, dass es seine Spar- und Reformauflagen einhalte. „Aber alles geht nur, indem Griechenland und die anderen Staaten das miteinander diskutieren.“ Sie wolle keine kontroverse Dis-kussion. Die Bundesregierung zeigte sich trotzdem überzeugt, dass eine stärkere externe Kontrolle der griechischen Staatsausgaben notwendig sei, was offenbar auch von anderen EU-Staaten gewünscht wird.
–    Gelöst wurde ein Streit mit Nicht-Euro-Staaten wie Polen, die darauf beharrt hatten, an den künftig regelmäßig stattfindenden Euro-Gipfeln teilnehmen zu können.
–    Nach Angaben des französischen Präsidenten Sarkozy sollen die 17 Euro-Staaten in der Regel allein ta-gen, die anderen Länder sollen aber in Beratungen über die „globale Strategie“ der Wäh-rungsunion, die Wettbewerbsfähigkeit der Euro-Staaten und Regelveränderungen einbezo-gen werden. Der Fiskalpakt soll in Kraft treten, wenn ihn zwölf Staaten ratifiziert haben.
Striktere Regeln als bisher
–    Wie schon vor dem Treffen absehbar, erhält die EU-Kommission im Fiskalpakt nicht das Recht, ge-gen einen Mitgliedstaat vor dem Europäischen Gerichtshof zu klagen, der die Schulden-bremse nicht angemessen in nationales Recht verankert. Frau Merkel hob aber hervor, dass allein die Kommission feststellen könne, ob ein Land die Vorgaben des Pakts einhalte.
–    Sie kündigte an, die Unterzeichner des Pakts würden bis März ein Verfahren entwickeln, nach dem ein bestimmter Mitgliedstaat jenes Land verklagt, das gegen den Fiskalpakt verstößt. Damit werde vermieden, dass Sünder über Sünder richteten. Die Kanzlerin hob hervor, dass sich die Staaten zu strikte-ren Regeln zum Defizitabbau als bisher bekennen.
Die EU-Staats- und Regierungschefs haben sich auf ihrem Gipfeltreffen in Brüssel auf den permanenten Euro-Rettungssschirm ESM verständigt. Er soll im Juli in Kraft treten.
–    Sarkozy lehnte eine „Vormundschaft“ der EU gegenüber einzelnen Ländern wie Griechenland ab. Der Chef der Eurogruppe, Luxemburgs Premierminister Juncker, äußerte sich vorsichtiger. „Im Rahmen vertrag-licher Regelungen“ wäre er nicht abgeneigt, eine verstärkte Haushaltskontrolle vorzusehen, wenn „ein Land sich dauerhaft außerhalb der Spur bewegt“. Er sei aber dagegen, einen solchen Kommissar nur Griechenland aufzuzwingen. Vergangene Woche hatte Juncker festgestellt, das erste grie-chische Sparprogramm sei „dauerhaft aus der Spur geraten“. In der Bundesregierung wird betont, dass auch die deut-schen Überlegungen nicht auf eine „Lex Griechenland“, sondern auf eine allgemeine Aufsicht über Staaten hinauslie-fen, die Auflagen aus internationalen Hilfsprogrammen nicht einhalten.
„Das bringt nichts“
–    Widerspruch gegen die deutschen Ideen kam vor allem von sozialdemokratischen Politi-kern anderer EU-Staaten. Der österreichische Bundeskanzler Faymann sagte, eine Kontrolle sei richtig, sie erfolge aber bereits durch die Troika und andere Stellen. „Beleidigen muss man niemanden in der Politik. Das bringt nichts und das führt nur in die falsche Richtung.“ Frau Merkels zurückhaltende Linie wurde von Außenminister Westerwelle geteilt, der äußerte, er sei „sehr unglücklich über den Ton“ der deutschen Diskussion. „Wenn wir wirklich etwas erreichen wollen, sollten wir eine Ermutigungsdebatte führen, keine Entmuti-gungsdebatte“, sagte Westerwelle. Der FDP-Parteivorsitzenden, Wirtschaftsminister Rösler, hatte den Vorschlag am Wochenende unterstützt. Die Idee stammt aus einem Papier des Bundesfinanzministeriums, geht aber auf einen EU-Gipfelbeschluss vom vergangenen Oktober zurück.
–    Die Krise in Griechenland spielte auf dem Gipfeltreffen keine Hauptrolle, weil die Gespräche über die Voraussetzungen eines zweiten Hilfspakets in Athen noch andauern. Zum einen verhandelt die griechische Regierung weiter mit Vertretern der privaten Gläubiger über die Konditionen eines Schuldenschnitts. Zum anderen prüft die „Troika“ aus IWF, Europäischer Zentralbank und EU-Kommission, in welchem Umfang Griechenland die Vorgaben des ersten Programms verfehlt hat und wie die Versäumnisse geheilt werden können. Sarkozy zeigte sich zuversichtlich, dass noch in dieser Woche ein zweites Hilfs- und Reformprogramm für Athen auf den Weg gebracht werden könne.
Jobangebot für junge Arbeitssuchende
–    Einen anderen Schwerpunkt des Gipfels bildete die Frage, wie in Europa mehr Wachstum geschaffen werden kann. Auch Berlin gibt zu, dass sich einige EU-Länder zuletzt zu sehr auf Haushaltskonsolidierung konzentrierten. Es wur-de vereinbart, dass noch nicht verwendetes Geld aus den Struktur- und Sozialfonds der EU umgewidmet werden solle, damit kleine und mittlere Unternehmen mehr Kredite bekom-men. Um die Jugendarbeitslosigkeit zu bekämpfen, die in der EU bei 20 Prozent liegt, verpflichteten sich die Regierungen, jungen Arbeitssuchenden innerhalb weniger Monate ein Jobangebot zu machen.

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