(Francia-Germania) In rotta di collisione (1/2)

Ue, crisi, Germania, Francia
Gfp     111025/26
In rotta di collisione (1/2)

– Assieme all’aggravarsi della crisi dell’euro si intensificano gli scontri tra Germania e Francia, che avanzano proposte diametralmente opposte sulla cosiddetta Leva del meccanismo di crisi Efsf, divergenze dettate dai divergenti interessi economici:

o   data la forte esposizione delle banche francesi verso i paesi indebitati del Sud Europa, La Francia è per lo stanziamento di maggiori capitali per il loro salvataggio, temendo di dover farlo lei stessa in un momento in cui rischia l’abbassamento del proprio rating;

o   La Germania persevera sulla linea dell’imposizione di misure d’austerità, e per i minori costi possibili. Avendo le sue banche hanno nel frattempo ridotto i propri crediti verso la Grecia, sua priorità è quella di evitare una dinamica inflazionistica fuori controllo.

– Berlino è per l’introduzione di una assicurazione per il credito per i titoli di Stato dei paesi indebitati, una specie di parziale assicurazione casco per i debiti statali. Con i €440 MD disponibili dell’Efsf potrebbero essere parzialmente assicurati maggiori crediti;

o   si propone cioè una funzione simile a quella delle assicurazioni del credito per le ipoteche (CDS, "Credit Default Swaps").

– Parigi invece è per una licenza bancaria all’EFSF, che potrebbe depositare i titoli di Stato acquistati presso la BCE come “assicurazione” per altri crediti,

o   in tal modo potrebbero essere scambiati sempre nuovi titoli contro nuovo denaro della BCE,

o   ma questo porterebbe ad un aumento della massa di denaro, e corrisponderebbe ad coniare nuovo denaro inflazionistico.

o   Oltre che dalla volontà di assicurare le banche francesi,  la proposta di Parigi è motivata dal timore di una peculiare via tedesca, che proprio il legame coinvolgimento di Berlino nella UE doveva impedire.

o   La stampa tedesca ricorda che nel 1990 la Francia aveva chiesto l’introduzione dell’euro come prezzo per il suo consenso all’unificazione tedesca.

o   Il crollo dell’euro, non più escluso da una parte dei politici e dei pubblicisti, aprirebbe alla Germania la via per una nuova politica nazionale da grande potenza.

– La stampa internazionale avverte che oltre l’euro anche la UE è minacciata dagli scontri franco-tedeschi, che sono su chi dovrà sostenere le perdite finali, in caso che un governo dell’area dell’euro diventi insolvente.

o   negli scorsi due anni Germania e Francia avrebbero rinviato la questione: la Germania accettando la richiesta di bailout per Grecia, Portogallo e Irlanda; la Francia accettando il diktat tedesco al risparmio contro i tre paesi.

–  Di fatto i programmi di austerità imposti dalla Germania (e accettati dalla Francia) hanno fallito, come dimostrato sia dal crollo economico della Grecia che dalla recessione prevista per il Portogallo, e rappresentano l’ultimo denominatore comune tra i due paesi;

o   l’unico risultato del vertice di crisi dell’euro sono state le minacce all’Italia ai tagliare drasticamente il bilancio.

– Wall Street Journal si chiede: se questo è il momento della verità per l’eurozona, chi riuscirà ad imporsi, Germania o Francia? Per il giornale parigino, Les Echos, la Germania è riuscita ad avere la meglio sulla Francia, che è economicamente più debole.

– La crisi dell’euro con la serie di misure d’austerità imposte ai paesi del Sud Europa ha ridotto la loro importanza come mercato per l’export tedesco e di conseguenza l’interesse della Germania all’“Europa”.

– La Francia invece spinge per una maggiore integrazione europea;

– ironia della situazione: con i crediti ai paesi sud-europei, le banche francesi hanno contribuito a finanziare l’offensiva dell’export tedesca.

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– Violenti anche gli scontri franco-tedeschi sulla politica estera e militare, che impediscono gli sforzi egemonici internazionali della Ue, in particolare la cooperazione militare pratica o comuni progetti sugli armamenti.

– La Società tedesca per la Politica Estera (Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik – DGAP)

 

– La Società tedesca per la Politica Estera (Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik – DGAP) rileva che la brigata franco-tedesca, creata nel 1989 come simbolo delle future forze armate europee, mostra i suoi limiti:

 

o   è stata impiegata in interventi soprattutto nel S-E Europa, area di interesse per la Germania, ma nulla più.

 

– Stessa cosa per gli armamenti:

 

o   nonostante la tradizione di cooperazione franco-tedesca nel settore per cui quasi la metà delle cooperazioni bilaterali francesi nel 1958-98 sono state con gruppi tedeschi, e solo ¼ con quelli britannici,

 

o   ora i progetti franco-tedeschi sono considerati esempi da rifuggire: aumenti di prezzi, rinvii, politicizzazione di questioni industriali;

o   da anni la cooperazione Berlino-Parigi, ad es. in EADS o progetti per una cooperazione nella marina europea, EADS del mare, è contrassegnata da forti rivalità, risultato di una lotta per il potere in cui la Germania ha vantaggi e la Francia non riesce a vincere

– Nel sett. 20, molti speravano che il nuovo governo giallo-verde tedesco desse il via ad una rinascita della cooperazione Germania-Francia, anche nella politica estera e militare; Berlino e Parigi concordarono infatti una “Agenda franco-tedesca 2020” presentata al consiglio dei ministri franco-tedesco nel febbraio 2010, che in particolare conteneva proposte per la politica estera e militare, ma ad un anno di distanza:

o   la cooperazione militare Francia-GB, siglata nel dicembre 2010, si è dimostrata pragmatica e dinamica; con i bombardamenti ha fatto salire al potere un nuovo regime in Libia; essa è la risposta al lungo predominio tedesco nella politica estera e militare della UE.

o   Con la guerra in Libia Parigi è riuscita per la prima volta a spezzare il predomino tedesco, ma la influenza così rafforzata non le basta a conquistarsi l’appoggio di tutta la UE.

o   Rientrano nei piani di cooperazione franco-britannica anche progetti su armamenti, tra cui la produzione di missili e droni,

o   e progetti nucleari, approfittando del fatto che Francia e GB sono le uniche potenze atomiche europee.

– L’importanza della cooperazione franco-britannica sta nel fatto che i due paesi hanno oltre il 50% della spesa complessiva per la Difesa e 2/3 di quella per ricerca e sviluppo dell’Europa.

– Le tre ultime maggiori missioni militari della UE in Africa sono state contrassegnate dallo scontro franco-tedesco e per questo non hanno avuto grandi risultati.[1]

– Dopo gli interventi militari degli anni Novanta e Duemila in S-E Europa, area di interesse e influenza soprattutto tedesca, Berlino ha sabotato sistematicamente soprattutto i progetti francesi di riportare la politica estera della UE nell’area d’interesse della Francia, cioè in Africa.

– Anche l’Unione del Mediterraneo, con cui Parigi intendeva rafforzare la sua area di influenza in Nord Africa, è stata fatta fallire dalla Germania,

o   che per il futuro pensa a un intervento in Africa nelle aeree non francofone ma di interesse per Germania e Usa, ad es. in Sudan.

– Le divergenze franco-tedesche impediscono una politica unitaria della UE;

o   (secondo un esperto ex collaboratore di DGAP) la politica militare comune sarebbe già in coma, ma esiste un’alternativa per gli europei: le relazioni transatlantiche.

o   Gli Usa garanti della sicurezza dell’Europa, anche se per gli europei è difficile da accettare e se finora, per evitarlo e conquistarsi un proprio ruolo internazionale la Germania ha portato avanti la politica estera e militare comune della UE.

o   A causa delle divergenze su finalità e condizioni di utilizzo, non sono mai stati messi in funzione i Gruppi di battaglia UE,

Il dialogo franco-tedesco avviato nel dic. 2010, e che ha coinvolto anche la Polonia, non ha fatto alcun progresso.

[1] Quelle del 2003 e 2006 in Congo sono rimasta isolate, mentre la terza in Chad, voluta dalla Francia, è fallita.

Gfp      111025
Auf Kollisionskurs
25.10.2011
BERLIN/PARIS

–   (Eigener Bericht) – Eskalierende Auseinandersetzungen zwischen Berlin und Paris begleiten die weitere Zuspitzung der Eurokrise. Angesichts ungelöster Differenzen über das sogenannte Hebeln des Krisenmechanismus EFSF, das mit finanzpolitischen Tricks die Staatspleite Spaniens oder gar Italiens verhindern soll, sprechen internationale Medien von einer "Zeit des Knirschens" zwischen den beiden kerneuropäischen Führungsmächten.

–   Tatsächlich führen gänzlich unterschiedliche ökonomische Interessen Deutschlands und Frankreichs dazu, dass ihre Krisenlösungskonzepte sich diametral widersprechen:

o    Während französische Banken stark mit Krediten in den verschuldeten Ländern Südeuropas involviert sind und Paris daher bereit ist, hohe Summen in deren Rettung zu stecken,

o    setzt Berlin weiterhin auf Spardiktate und möglichst geringe Kosten.

Internationale Medien warnen vor einem Auseinanderbrechen des Euro und womöglich der EU – mit Blick auf einen möglichen neuen "deutschen Sonderweg". Die Pariser Presse mutmaßt, in dem aktuellen Machtkampf werde sich Berlin durchsetzen können: "Im deutsch-französischen Paar ist nur eine Seite dominant – die deutsche."

Hebeltricks

–   Die jüngste Eskalation des bereits zuvor nur noch mühsam überdeckten Einflusskampfes zwischen den beiden europäischen Führungsmächten Deutschland und Frankreich entzündete sich an der neuen Krisenstrategie der EU, den europäischen Krisenmechanismus EFSF (European Financial Stability Facility) zu "hebeln".

–   Hintergrund ist, dass sich der auf 780 Milliarden Euro vergrößerte "Rettungsfonds" als zu klein erweist, um die nicht mehr auszuschließenden Staatspleiten Spaniens oder gar Italiens abzuwenden – zumal von den 780 Milliarden Euro wegen notwendiger komplexer Absicherungsmaßnahmen zur Gewährleistung einer optimalen Bonität ohnehin nur 440 Milliarden tatsächlich mobilisiert werden können. Eine erneute Erweiterung des EFSF wäre deshalb eigentlich unabdingbar.

–   Die derzeitige EU-Krisenstrategie sieht vor, auf den wohl unausweichlichen Bankrott Griechenlands mit einem großen "Schuldenschnitt" zu reagieren und die zur Refinanzierung Spaniens und Italiens notwendige Erweiterung des EFSF mit einer Art Trickserei zu realisieren – mit dem sogenannten Hebeln. Dieses zielt im Endeffekt darauf ab, auf den Finanzmärkten übliche Spekulationspraktiken nachzuahmen, um den EFSF-Spielraum faktisch zu vervielfältigen.

–   Wie vor 2008 Berlin und Paris verfolgen dabei unterschiedliche Ansätze.

o    Die Bundesregierung bevorzugt die Einführung einer Kreditversicherung für die Staatsanleihen der Schuldenländer, die – weil sie nur einen Teil der tatsächlich auf den Finanzmärkten aufgenommenen Kreditsumme abdecken soll – einer Art "Teilkaskoversicherung" für Staatsschulden gleichkäme. Hierdurch könnten mit den frei verfügbaren 440 Milliarden Euro des EFSF weitaus größere Kreditsummen teilversichert werden. Die Idee simuliert die Funktionsweise der Kreditversicherungen fauler Hypotheken (CDS, "Credit Default Swaps"), die zur Zeit der Immobilienblasen bis zum Jahr 2008 auf den Märkten Sicherheit vorgaukelten – bekanntlich, bis die Kreditversicherer pleite gingen und die Weltwirtschaft beinahe in den Abgrund rissen.

o    Frankreich lehnt den deutschen Vorschlag ab und favorisiert hingegen die Vergabe einer Banklizenz an den EFSF; dieser könnte dann die aufgekauften Staatsanleihen der stark verschuldeten südeuropäischen Staaten einfach bei der Europäischen Zentralbank (EZB) als "Sicherheit" für weitere Kredite hinterlegen. Dadurch könnten immer neue Staatsanleihen gegen neues Notenbankgeld getauscht werden; dies liefe auf eine Erhöhung der Geldmenge hinaus und entspricht einem inflationsfördernden "Gelddrucken".

Unterschiedliche Interessen

–   Die Interessensunterschiede zwischen Deutschland und Frankreich beruhen auf unterschiedlichen materiellen Voraussetzungen.

o    Frankreichs Banken sind sehr viel stärker in Südeuropa exponiert. Paris befürchtet nun, die französischen Banken mit Milliardenbeträgen stützen zu müssen – in einer Zeit, in der Frankreich ohnehin Gefahr läuft, seine Top-Bonitätsnote zu verlieren.

o    Um seine Banken zu stabilisieren, tritt die französische Regierung daher für den sicheren Aufkauf von Staatsanleihen ein.

o    Da deutsche Banken ihre Kredite etwa in Griechenland inzwischen – mitunter unter Wortbruch – reduziert haben, hat für die Bundesregierung hingegen das Vermeiden einer unkontrollierbaren Inflationsdynamik die höchste Priorität.

Kostengünstig entsorgen

–   Ohnehin verringert die Krise im Süden das deutsche Interesse an "Europa". Zwar ist die aggressive deutsche Exportpolitik, die seit Einführung des Euro einen Leistungsbilanzüberschuss von rund 750 Milliarden Euro generierte, für einen erheblichen Teil der südeuropäischen Schulden verantwortlich.[1] Deutschlands Exportüberschüsse "saugten" die Nachfrage bei den europäischen Nachbarn auf, kritisierte etwa unlängst die New York Times.[2]

–   Aufgrund der aktuellen Spardiktate beginnen die südeuropäischen Staaten aber ihre Rolle als boomende Absatzmärkte deutscher Waren zu verlieren. Die Bundesregierung scheint nun bemüht, die ausgesaugten Schuldenländer möglichst kostengünstig zu entsorgen,

–   während Frankreich eine Intensivierung der europäischen Integration forciert – wenn nötig, auch zu hohen Kosten.

–   Ein ironischer Nebenaspekt: Mit ihren Krediten für die südeuropäischen Staaten finanzierten gerade französische Banken, um deren Rettung willen Paris jetzt gegen Berlin kämpfen muss, die deutschen Exportoffensiven mit.

Mehr Disziplin!

–   Im westlichen Ausland wird das zunehmende Konfliktpotenzial zwischen Berlin und Paris präzise registriert. So urteilt etwa die New York Times, die französische Antwort auf die Krise laute "mehr Solidarität" – "mehr Geld für die schwächeren europäischen Geschwister".[3] Der deutsche Reflex bestehe hingegen aus der Forderung nach "mehr Disziplin"; dies laufe auf "härtere Strafen für Europas Defizitsünder" hinaus. Die New York Times weist in diesem Zusammenhang darauf hin, dass sowohl die sozialistischen Präsidentschaftskandidaten in Frankreich wie auch Teile von Sarkozys Regierungskoalition für eine weitaus stärkere EU-Integration mitsamt der Einführung von Eurobonds plädieren. Der französische Außenminister Alain Juppé sprach sich sogar für eine "echte europäische Föderation" aus – mit gemeinsamer Wirtschaftspolitik und einem deutlich größeren gemeinsamen Etat.[4]

Eine furchterregende Perspektive

–   Neben dem Bemühen um die Absicherung der französischen Banken sind die diesbezüglichen Pariser Vorstöße auch von der Sorge über einen eventuellen "deutschen Sonderweg" motiviert, der ja gerade durch die Einbindung Berlins in die EU unterbunden werden sollte – auch mit Hilfe des Euro.

–   Die deutsche Presse erinnert entsprechend immer wieder daran, dass Frankreich 1990 die Einführung des Euro als Preis für seine Zustimmung zur Übernahme der DDR durch die BRD gefordert habe.

–   Tatsächlich würde ein Zusammenbruch des Euro, den Teile der Berliner Politik und Publizistik mittlerweile nicht mehr ausschließen, der Bundesrepublik den Weg zu neuer nationaler Großmachtpolitik öffnen. Entsprechend warnt die internationale Presse inzwischen, die durch die eskalierende Euro-Krise intensivierten Auseinandersetzungen zwischen Berlin und Paris bedrohten neben dem Euro auch die Europäische Union. Dies sei eine "furchterregende Perspektive", heißt es.[5]

Deutschland hat gewonnen

–   Zunächst jedoch, heißt es weiter, gehe es bei dem deutsch-französischen Machtkampf darum, "wer die abschließenden Verluste tragen soll, sollte eine Regierung der Eurozone insolvent werden".[6] In den vergangenen zwei Jahren hätten Deutschland und Frankreich diese Frage aufgeschoben und durch "Schummeleien" übertüncht: Deutschland habe den französischen Forderungen nach "Bailouts" für Griechenland, Portugal und Irland zugestimmt, während Paris dem harten deutschen Spardiktat gegenüber Athen, Lissabon und Dublin zugestimmt habe.

–   Tatsächlich offenbaren nicht nur der dramatische ökonomische Einbruch Griechenlands [7], sondern auch die sich ankündigende Rezession in Portugal das vollständige Scheitern der maßgeblich von Deutschland durchgesetzten Austeritätsprogramme in den verschuldeten Eurostaaten, die de facto von Berlin und Brüssel in die Staatspleite gespart werden.

–   Dennoch scheint der gemeinsame Druck auf verschuldete Länder der letzte gemeinsame Nenner Deutschlands und Frankreichs zu sein: Das einzige wirkliche Ergebnis des Euro-Krisengipfels vom vergangenen Wochenende besteht aus Drohungen gegen Italien, jetzt knallhart den Haushalt zu kürzen. "Wenn dies der Moment der Wahrheit für die Eurozone ist, wer wird sich durchsetzen: Deutschland oder Frankreich?", heißt es im Wall Street Journal.[8] Eine Antwort wagt die Pariser Wirtschaftszeitung Les Echos: "Deutschland hat die Oberhand über Frankreich gewonnen, weil unser Land wirtschaftlich schwächer ist."[9]

Weitere Berichte und Hintergrundinformationen zur Euro-Krise finden Sie hier: Die deutsche Transferunion, Die Germanisierung Europas, Teilsieg für Deutsch-Europa, Aus der Krise in die Krise, Steil abwärts, Alles muss raus!, Im Mittelpunkt der Proteste, Der Wert des Euro, Die Widersprüche der Krise, Der Krisenprofiteur, In der Gefahrenzone, Erkenntnisse einer neuen Zeit, Souveräne Rechte: Null und nichtig und Die Folgen des Spardiktats.

[1] s. dazu Die deutsche Transferunion

[2] s. dazu Souveräne Rechte: Null und nichtig

[3] Sarkozy and Merkel Diverge Over Euro Strategy; www.nytimes.com 03.10.2011

[4] Alain Juppé en faveur d’une "fédération européenne"; bruxelles.blogs.liberation.fr 30.09.2011

[5], [6] Crunch Time for Franco-German Relations; online.wsj.com 24.10.2011

[7] s. dazu Steil abwärts

[8] Crunch Time for Franco-German Relations; online.wsj.com 24.10.2011

[9] Französische Medien: Deutschland ist übermächtiger Partner; net-tribune.de 24.10.2011

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Gfp      111026

Auf Kollisionskurs (II)

26.10.2011
BERLIN/PARIS

–   (Eigener Bericht) – Heftige Auseinandersetzungen zwischen Berlin und Paris über die Außen- und Militärpolitik der EU begleiten den eskalierenden deutsch-französischen Streit über die Lösung der Euro-Krise. Wie eine aktuelle Analyse bestätigt, blockieren Machtkämpfe zwischen Deutschland und Frankreich das hegemoniale Ausgreifen der EU in alle Welt, insbesondere etwa die praktische militärische Kooperation oder auch gemeinsame Rüstungsprojekte. Über die deutsch-französische Brigade, die als ein herausragendes Element einer künftigen europäischen Streitmacht galt, heißt es mittlerweile: "Das Experiment stößt an seine Grenzen." Analytiker weisen darauf hin, dass eine pragmatische Militärkooperation zwischen Frankreich und Großbritannien zu messbarem Erfolg führt – zuletzt mit dem Herbeibomben eines neuen Regimes in Libyen -, während zugleich deutsch-französische "Blockaden" eine einheitliche EU-Politik verhinderten.

–   Experten sehen die EU-Militärpolitik bereits "im Koma" und sagen eine kommende Unterordnung Europas unter die USA voraus.

Deutsch-französische Agenda

–   Wie es rückblickend in einer Analyse heißt, die die Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) unlängst veröffentlicht hat, hofften viele nach dem Regierungswechsel in Deutschland im September 2009 auf eine "Wiederbelebung der deutsch-französischen Zusammenarbeit" – auch auf dem Gebiet der Außen- und Militärpolitik. Gerade das hegemoniale Ausgreifen der EU nach außen sei nicht mehr recht vorangekommen – offenkundig wegen Unstimmigkeiten zwischen den beiden stärksten Mächten.

–   Die konservativ-liberale Koalition habe Abhilfe schaffen sollen. Tatsächlich einigten sich Berlin und Paris auf eine "Deutsch-Französische Agenda 2020", die im Februar 2010 dem deutsch-französischen Ministerrat vorgelegt wurde. Darin enthalten waren unter anderem eine ganze Reihe von Vorschlägen insbesondere auch für die Außen- und Militärpolitik. "Ein Jahr nach Erscheinen der Agenda", resümiert die DGAP höflich verklausuliert, "haben die Regierungen noch immer große Schwierigkeiten, in den genannten Bereichen ihr Handeln besser abzustimmen". Eine Umsetzung der angekündigten gemeinsamen Maßnahmen bleibe aus. Entsprechend stagniere auch die weltweite Machtpolitik der EU. Deutsch-französische Absprachen vom Dezember 2010, die auch Polen involvierten, hätten bislang ebenfalls keine Fortschritte gebracht.[1]

Abschreckende Beispiele

–   Die DGAP-Analyse konzentriert sich zunächst auf deutsch-französische "Blockaden" in der Militärpolitik. Diese "Blockaden" träfen etwa die Deutsch-Französische Brigade, die im Jahr 1989 "als Symbol für die deutsch-französische Zusammenarbeit geschaffen worden" sei. Zwar sei die Brigade immer wieder für Interventionen genutzt worden, insbesondere in Südosteuropa – einem deutschen Interessengebiet -, doch weiter reiche die Zusammenarbeit nicht: "Das Experiment stößt an seine Grenzen."[2]

–   Nicht anders sehe es zur Zeit in der Rüstung aus. Zwar könne man durchaus auf eine Tradition erfolgreicher deutsch-französischer Rüstungszusammenarbeit zurückblicken; so sei beinahe die Hälfte aller bilateralen französischen Kooperationen aus den Jahren 1958 bis 1998 mit deutschen Firmen abgewickelt worden, bloß ein Viertel hingegen mit britischen Unternehmen.

–   Mittlerweile aber würden deutsch-französische Projekte "als abschreckende Beispiele angesehen"; es gebe regelmäßig "Preisaufschläge", "Verzögerungen", eine "Politisierung industrieller Fragen". Tatsächlich ist die Zusammenarbeit zwischen Berlin und Paris etwa bei EADS, aber auch bei den Überlegungen über eine mögliche europäische Marinekooperation ("EADS der Meere") schon seit Jahren von heftigen Rivalitäten geprägt –

–   Resultat eines Machtkampfes, in dem die deutsche Seite Vorteile hat, den französischen Konkurrenten bislang aber nicht endgültig besiegen kann (german-foreign-policy.com berichtete [3]).

Pragmatisch

–   Die deutsch-französischen "Blockaden" wiegen der DGAP-Analyse zufolge umso schwerer, als es Frankreich und Großbritannien im vergangenen Jahr gelungen ist, eine erfolgreiche Kooperation im militärischen Bereich zu initiieren – mit einem Abkommen vom Dezember 2010.

–   Die Bedeutung der französisch-britischen Zusammenarbeit ergibt sich der DGAP zufolge schon daraus, dass die beiden Länder gemeinsam "mehr als 50 Prozent der gesamten Verteidigungsausgaben sowie zwei Drittel der Ausgaben für militärische Forschung und Entwicklung in Europa aufbringen".[4]

–   In die Pläne für ihre Kooperation beziehen Paris und London auch ehrgeizige Rüstungsprojekte ein, darunter Vorhaben zur Herstellung von Raketen und Drohnen. Die Zusammenarbeit sei, heißt es, durchaus "pragmatisch" orientiert – und profitiere insbesondere davon, dass Großbritannien und Frankreich die einzigen europäischen Atommächte seien; Nuklearvorhaben seien ein Teil der gemeinsamen Vorhaben.

–   Insgesamt gestalte sich die französisch-britische Kooperation weitaus dynamischer als die stagnierenden deutsch-französischen Programme.

–   Als Beispiel kann der Libyen-Krieg gelten: Während die beiden letzten großen Afrika-Militäreinsätze der EU – derjenige im Kongo 2006 und die Intervention im Tschad 2008/2009 – durch deutsch-französischen Streit geprägt waren und aus diesem Grund ohne größere Wirkung blieben, bombten Paris und London in den letzten Monaten ein neues Regime in Tripolis an die Macht.

Erfolgreich sabotiert

–   Tatsächlich ist die neue französisch-britische Kooperation, bei der die Bundesrepublik sich – wie im Falle des Libyen-Krieges – tendenziell an den Rand gedrängt sieht, eine Reaktion auf die jahrelange deutsche Dominanz in der EU-Außen- und Militärpolitik.

–   Vor allem französische Vorhaben wurden von Berlin systematisch sabotiert. Pariser Pläne, nach den umfassenden Interventionen der 1990er und 2000er Jahre in Südosteuropa – also im vorwiegend deutschen Interessen- und Einflussgebiet – das Ausgreifen der EU stärker in den eigenen "Hinterhof" zu lenken – also nach Afrika -, scheiterten an der Bundesrepublik:

–   Zwar kamen 2003 und 2006 zwei Militäreinsätze im Kongo zustande, auch um die Interventionsfähigkeit der europäischen Streitkräfte zu testen, doch blieben sie isoliert – und ein dritter französisch inspirierter Afrika-Einsatz im Tschad 2008/2009 misslang komplett.[5]

–   Auch die Mittelmeerunion, mit der Paris seine Einflusszone in Nordafrika stabilisieren wollte, wurde von Deutschland mit langjähriger systematischer Obstruktionspolitik zum Scheitern gebracht.[6]

–   In der Zukunft käme aus Berliner Sicht allenfalls eine Intervention in denjenigen Teilen Afrikas in Frage, die nicht zur Frankophonie, sondern zum deutsch-US-amerikanischen Interessengebiet gehören – vor allem etwa im Sudan.

–   Mit dem Libyen-Krieg ist es Paris erstmals gelungen, die Dominanz der Bundesrepublik zu durchbrechen; freilich reichte der Einfluss Frankreichs nicht, um die ganze EU auf seine Seite zu ziehen.[7]

US-Garantien

–   Während vergleichbare deutsch-französische Machtkämpfe die aktuellen Versuche zur Lösung der Euro-Krise prägen (german-foreign-policy.com berichtete [8]), äußern Experten in zunehmendem Maße Skepsis, ob die EU in absehbarer Zeit ein einheitliches hegemoniales Ausgreifen in alle Welt praktizieren können wird. So heißt es bei der DGAP, zwar werde eine gemeinsame EU-Armee "in politischen Kreisen in Deutschland" immer lauter gefordert.

–   Doch zeige sich, dass nicht einmal die längst vorhandenen EU-Battlegroups genutzt würden – "aufgrund von Meinungsverschiedenheiten zwischen den Mitgliedstaaten über Ziele und Bedingungen ihres Einsatzes".[9]

–   Erst vor kurzem hat ein einstiger Mitarbeiter der DGAP gefordert, die Bemühungen um eine gemeinsame Militärpolitik der EU einzustellen. Die "Gemeinsame Sicherheits- und Verteidigungspolitik" liege "trotz einer Handvoll von Missionen und einer Menge Symbolik in einem tiefen Koma – einem Koma, aus dem sie höchstwahrscheinlich nie aufwachen wird", schrieb der Experte vor dem Hintergrund der durch die deutsch-französische Rivalität verursachten "Blockaden".

–   Doch sei das "nicht so desaströs, wie es klingen könne, weil es eine Alternative für die Europäer" gebe: "die transatlantische Beziehung". "Am Ende werden die Amerikaner die Sicherheit Europas garantieren, egal wie schwierig es für die stolzen Europäer sein wird, das zu akzeptieren."[10] Um genau dies zu verhindern und eine eigene Weltmachtrolle zu erreichen, hat die Bundesrepublik die gemeinsame Außen- und Militärpolitik der EU bislang ehrgeizig vorangetrieben.

[1], [2] Louis-Marie Clouet, Andreas Marchetti: Ungewisse Zukunft der Gemeinsamen Sicherheits- und Verteidigungspolitik. Notwendige deutsch-französische Reflexionen, DGAPanalyse Frankreich No. 6, September 2011

[3] s. dazu Mehr Einfluss denn je, Kernfähigkeit Rüstung und Größeres Selbstbewusstsein

[4] Louis-Marie Clouet, Andreas Marchetti: Ungewisse Zukunft der Gemeinsamen Sicherheits- und Verteidigungspolitik. Notwendige deutsch-französische Reflexionen, DGAPanalyse Frankreich No. 6, September 2011

[5] s. dazu Transatlantische Front und Am längeren Hebel

[6] s. dazu Im Schatten und Kein Gegenpol

[7] s. dazu Der erste Alleingang

[8] s. dazu Auf Kollisionskurs

[9] Louis-Marie Clouet, Andreas Marchetti: Ungewisse Zukunft der Gemeinsamen Sicherheits- und Verteidigungspolitik. Notwendige deutsch-französische Reflexionen, DGAPanalyse Frankreich No. 6, September 2011

[10] Jan Techau: Forget CSDP, it’s time for Plan B; ecfr.eu 26.08.2011

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