Garante della stabilità (I/II)

Gfp     110210/11
Garante della stabilità (I/II)

●    Repressione e minacce servono ad assicurare il predominio dei militari, già di fatto al governo.

●    Per calcoli geostrategici sul controllo del Medio Oriente i militari egiziani continuano ad essere sostenuti dalla Germania anche oggi, nonostante le accuse di gravi torture che vengono loro mosse da organizzazioni umanitarie:

o   Secondo HRW negli ultimi giorni i militari avrebbero prelevato 119 manifestanti e ne avrebbero torturati diversi di essi. Il servizi egiziani avrebbero portato via anche giornalisti.

o   Le vittime complessive sarebbero centinaia o forse migliaia, secondo osservatori.

o   Omar Suleiman, oggi il più potente uomo del Cairo, ha pubblicamente minacciato un colpo di Stato se le proteste non cessano immediatamente.

●    I Consiglieri del governo tedesco stanno pensando ad un governo di transizione in Egitto diretto da un generale:

o   i militari hanno un potere sostanziale e negli scontri in corso farebbero da arbitri tra il regime Mubarak e l’opposizione (esperto per il Medio Oriente della Fondazione Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).

o   Se i militari fanno da “garante della stabilità”, come primo ministro si può pensare ad un politico “amato dalla popolazione”.

– Le proposte della SWP tengono conto che l’Occidente, Usa e Germania in particolare, appoggiano da decenni i militari egiziani e hanno contribuito in grande misura a rafforzare la loro potenza politica ed economica.

o   Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la Germania, che godeva di buona reputazione al Cairo perché durante il Reich aveva combattuto la GB,[1] ha cominciato ad addestrare e armare le forze armate egiziane, utilizzando al Cairo ex soldati della Wehrmacht, tra i quali diversi criminali nazisti, con il consenso degli USA.

[2]

o   Anwar as-Sadat, presidente egiziano nel 1970-1981, nei primi anni 1940 cospirò con agenti del Reich per aprire la via del Cairo alle potenze dell’Asse; a periodi egli fu in contatto con il commando della Wehrmacht in Libia.

o   Ad inizio Cinquanta il Cairo ingaggiò consiglieri militari tedeschi per organizzare le proprie forze armate, in totale erano circa 600, dei quali più di una mezza dozzina di generali di Hitler;[3] i tedeschi formarono paracadutisti e uomini rana, insegnarono d usare il telegrafo e i cannoni anticarro.

o   Negli anni Cinquanta iniziarono la propria carriera militare Mubarak e altri membri del suo governo attuale, compreso l’attuale vice-presidente Suleiman.

o   Fiorì presto anche il commercio di armi; uno dei commercianti era l’ex capo SS Otto Skorzeny, che vendette diverse centinaia di mitragliatrici M42 delle SS.

[4]

o   Dietro quelle attività – in parte sviluppate tramite l’Organizzazione Gehlen, predecessore dei servizi tedeschi BND e controllata dalla CIA, vi erano gli sforzi di Washington per conquistarsi una maggiore influenza in Egitto.

o   Gli USA appoggiarono il putsch dei Liberi Ufficiali contro il re Faruk nel 1952, per istituire al Cairo un regime filo-occidentale. Dopo questo colpo di Stato si intensificò anche l’addestramento militare tedesco, di pari passo con l’appoggio Usa;

o   il progetto di ricostruzione (non limitato ai militari e all’industria bellica, ma riguardante anche polizia, servizi segreti e propaganda) era importante per Washington e Bonn anche per evitare che il Cairo si legasse maggiormente all’Urss.

o   Nel 1955 venne lanciato il “Patto di Baghdad”, tentativo di alleanza filo-occidentale dei paesi mediorientali, il cui fallimento già al suo nascere spinse gli Usa a modificare la propria strategia per il Medio Oriente, divenuta anti-egiziana e contro altri paesi della regione che cercavano l’autonomia, e che Israele utilizzò.

o   Il cambio di strategia mediorientale venne accettato anche da Bonn, che nel 1957 avviò negoziati segreti per una cooperazione militare con Israele, nonostante non esistessero in quel periodo relazioni diplomatiche con esso.

o   Alla fornitura di carri armati e navi da guerra, che diede slancio all’industria degli armamenti tedesca, seguirono contatti segreti tra i servizi tedeschi, BND, e il Mossad israeliano.

o   L’Egitto non entrò nel Patto di Baghdad, e si appoggiò a Cecoslovacchia e Urss per la fornitura di armamenti.

o   Ad inizio anni 1960, dopo la crisi di Suez, ebbe termine la cooperazione tedesca con le forze armate egiziane.

– Dopo la crisi di Suez gli specialisti ex nazisti aveva avviato in Egitto un programma di sviluppo missilistico, che doveva servire ad armare l’Egitto contro Israele,

o   ma interessava anche alla Germania per lo sviluppo di tecnologia missilistica, non allora consentito a Bonn. Bonn pensava di fornire ad Israele un sistema di difesa missilistico …

o   Ad inizio anni Sessanta il programma missilistico venne sospeso su pressione Usa. Nel 1962 e 63 ci furono in Germania attentati, in parte riusciti, contro gli specialisti tedeschi operanti in Egitto, che continuavano privatamente a lavorare, attentati compiuti dal Mossad e approvati dai servizi tedeschi.

– Nel 1965 Bonn interruppe anche le relazioni diplomatiche con l’Egitto.

– La seconda fase della cooperazione tedesca con l’Egitto, ripresa negli anni Settanta con Sadat presidente, è continuata fino ad oggi, con una breve interruzione in occasione della guerra dello Jom-Kippur nel 1973. L’Egitto, nel quadro degli accordi di Camp David, è uno stretto alleato degli Usa, e di conseguenza coopera anche con Israele.

La cooperazione Usa-Egitto/Israele si pone l’obiettivo di mantenere i paesi mediorientali sotto il controllo occidentale ed evitare che si formi un fronte arabo unitario contro l’Occidente, come aveva cercato negli anni Cinquanta il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser.

 

Nel decennio 1999-2009 il Cairo ha ricevuto dalla Germania armamenti per circa €270mn.; le rispettive forze armate seguono un programma di cooperazione; nonostante gli scontri in corso al Cairo, la Bundeswehr continua l’addestramento di 11 ufficiali egiziani.

[1] Il re Faruk aveva mantenuto i rapporti con i nazisti, e rivelava a Berlino le strategie militari britanniche. Nell’ottobre 1941 aveva segnalato la disponibilità di appoggiare anche militarmente le potenze dell’Asse.

[2] Già prima del riconoscimento della sua piena sovranità nel 1955, la Germania aveva cominciato ad ampliare il proprio spazio di azione in politica e commercio esteri. Il Cancelliere Konrad Adenauer si collegò alle relazioni storiche con i paesi arabi, in particolare oltre all’Arabia Saudita, Siria ed Egitto. Già prima della ricostituzione delle sue forze armate Bonn cercò di rafforzare gli embrioni della Bundeswehr con iniziative segrete all’estero, secondo il modello dell’addestramento illegale della Reichswehr in Urss negli anni 1920.

[3] Non erano solo i soldati dell’Afrikakorp, prigionieri di guerra liberati dai britannici e rimasti in Egitto, ma anche di militari mandati dalla Germania.

[4] Otto Skorzeny reclutò circa 100 “consulenti” per l’apparato di repressione egiziano, tra questi vi era ad es. il capo medico di Buchenwald, Hans Eisele, e il capo dello Sturmbann SS, (struttura organizzativa di unità di combattimento come SA, SS, NSKK, corrispondente all’incirca ad un battaglione militare)  Alois Brunner, responsabile anche della deportazione nei campi di sterminio di decine di migliaia di ebrei a Vienna e Parigi.

Gfp      110210

Garant der Stabilität (I)

10.02.2011
KAIRO/BERLIN

– (Eigener Bericht) – Berliner Regierungsberater ziehen für Ägypten eine Übergangsregierung unter der Führung eines Generals in Betracht.

o    Das Militär besitze in dem Land entscheidende Macht und sei "der Schiedsrichter" in den aktuellen Auseinandersetzungen zwischen dem Mubarak-Regime und der Opposition, urteilt ein Nahost-Experte der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP). Es könne zumindest vorläufig den ägyptischen Staatspräsidenten stellen.

o    Als Ministerpräsident sei ein "beim Volk beliebter" Politiker jedoch durchaus vorstellbar. Das Plädoyer des SWP-Experten trägt der Tatsache Rechnung, dass der Westen – neben den USA besonders auch die Bundesrepublik Deutschland – das ägyptische Militär seit Jahrzehnten unterstützt und in hohem Maße dazu beigetragen hat, seine immense politische und ökonomische Macht zu stabilisieren.

o    Die Bundesrepublik begann bereits kurz nach dem Zweiten Weltkrieg mit Maßnahmen zum Training und zur Aufrüstung der ägyptischen Streitkräfte – unter Nutzung einstiger Soldaten aus Wehrmacht und SS.

o    Diese waren mit Billigung der Vereinigten Staaten in Kairo aktiv, bis ein Kurswechsel der transatlantischen Nahostpolitik ihrer Tätigkeit ein Ende setzte.

Der Schiedsrichter

–   Wie Asiem El Difraoui, Nahost-Experte bei der Berliner Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP), erklärt, sei eine Übergangsregierung unter der Führung eines Generals für Ägypten in Betracht zu ziehen. "Das Militär ist der Schiedsrichter", urteilt Difraoui angesichts dessen Machtfülle über die Rolle der Streitkräfte in den aktuellen Auseinandersetzungen zwischen dem Mubarak-Regime und den Protestdemonstranten. Träten die Streitkräfte als "Garant der Stabilität" auf, dann sei ein in der Bevölkerung beliebter Premierminister durchaus denkbar.

–   "Sollte das Militär auseinander fallen", warnt El Difraoui jedoch mit Blick auf die außergewöhnlich starke Stellung, die die Generäle nach jahrzehntelanger Unterstützung des Westens innehaben, "dann stehen wir vor einer Katastrophe".[1]

Zwei Phasen

–   Das ägyptische Militär wie auch andere Repressionskräfte des Landes haben in den vergangenen Jahrzehnten immer wieder massive Unterstützung aus der Bundesrepublik erhalten. Dabei lassen sich zwei Phasen ausmachen. Die erste begann schon kurz nach dem Zweiten Weltkrieg und ging Mitte der 1960er Jahre zu Ende; Ursache war ein Wechsel in den Grundkoordinaten der westlichen Nahostpolitik, die nach der Suezkrise in Washington entwickelt wurden und denen sich Bonn nicht lange verschließen konnte.

–   Die zweite Kooperationsphase hingegen, die während der 1970er Jahre eingeleitet wurde, dauert bis in die Gegenwart an. Zur Zeit spricht vieles dafür, dass sie auch durch die aktuellen Aufstände gegen das Kairoer Militärregime keinen ernsthaften Schaden nehmen wird.

Gegen Großbritannien

–   In der Zeit kurz nach dem Ende des Zweiten Weltkriegs hatte die Bundesrepublik in Kairo einen guten Stand. Hintergrund war die Sympathie, die das Deutsche Reich während des Weltkriegs in Ägypten genossen hatte – als Feind der früheren Protektoratsmacht Großbritannien, deren Einfluss die ägyptische Regierung endgültig abzuschütteln suchte.

–   König Faruk I. hatte nicht nur Kontakte zum NS-Reich unterhalten, sondern Berlin auch britische Militärstrategien verraten; im Oktober 1941 hatte er die Bereitschaft signalisiert, die Achsenmächte gegebenenfalls auch militärisch zu unterstützen.

–   Anwar as-Sadat, später bei den 1952 an die Macht gekommenen Freien Offizieren aktiv und von 1970 bis zu seiner Ermordung im Jahr 1981 Staatspräsident Ägyptens, hatte in den frühen 1940er Jahren mit Agenten des Deutschen Reichs konspiriert, um den Achsenmächten den Weg nach Kairo zu bahnen. Zeitweise stand er in Kontakt zum Wehrmachtskommando in Libyen. Ein Erfolg blieb der deutsch-ägyptischen Zusammenarbeit jedoch versagt.[2]

Deutscher Angriffsgeist

–   Anknüpfend an die Zeit der gescheiterten antibritischen Kollaboration heuerte Kairo zu Beginn der 1950er Jahre ganz gezielt deutsche Militärberater an, um seine Armee auf Vordermann zu bringen. Dabei handelte es sich nicht nur um Soldaten des deutschen Afrikakorps, die nach der Freilassung aus britischer Kriegsgefangenschaft in Ägypten verblieben waren. Ergänzend wurden Militärs aus der Bundesrepublik eingeflogen. Sie bildeten für Ägypten Fallschirmjäger und Kampfschwimmer aus, unterrichteten Nachrichtenwesen und den Gebrauch von Panzerabwehrkanonen. "Insgesamt waren es etwa sechshundert Wehrmachtsangehörige und SS-Leute", berichtet der Publizist Erich Schmidt-Eenboom, "die der maroden ägyptischen Armee deutschen Angriffsgeist einhauchen sollten". Unter ihnen hätten sich "mehr als ein halbes Dutzend Generale" aus Hitlers Streitkräften befunden.[3] Auch der Waffenhandel zwischen Ägypten und der Bundesrepublik blühte bald auf.

–   Zu den Händlern gehörte der ehemalige SS-Standartenführer Otto Skorzeny, der mehrere hundert Maschinengewehre M42 aus SS-Beständen auf die Seite geschafft hatte und sie jetzt an Ägypten verkaufte.

Regime Change

–   Hintergrund der damaligen Aktivitäten, die zum Teil über den CIA-kontrollierten Vorläufer des BND, die Organisation Gehlen, abgewickelt und von den USA genauestens beobachtet wurden, waren Bemühungen Washingtons, stärkeren Einfluss auf Ägypten zu erlangen.

–   Die Vereinigten Staaten unterstützten den erfolgreichen Putsch der Freien Offiziere gegen König Faruk I. im Jahr 1952 mit dem Ziel, in Kairo ein westlich orientiertes Regime zu etablieren.[4] Die Ausbildung der ägyptischen Streitkräfte und ihre Ausrüstung durch SS- und Wehrmachtssoldaten wurde nach dem Putsch verstärkt und ging mit US-amerikanischer Unterstützung einher.

–   Großbritannien, das die Maßnahmen ablehnte, da es durch sie im antibritischen Kairo endgültig ausgebootet wurde, war nicht im Stande, sich zu wehren.

–   Washington und Bonn maßen der Militärhilfe auch deswegen Bedeutung bei, weil sie Kairo davon abhalten sollte, sich enger an die Sowjetunion zu binden. Die Motive, von denen die deutsch-amerikanischen Aktivitäten damals geleitet wurden, zeigten sich Mitte der 1950er Jahre in dem Versuch, die nah- und mittelöstlichen Ressourcenstaaten in einem eng an den Westen angebundenen Bündnis ("Bagdad-Pakt") zusammenzuschließen. Dessen Scheitern bereits bei der Gründung im Jahr 1955 [5] leitete Entwicklungen ein, die die Grundkoordinaten der Washingtoner Nahostpolitik entscheidend verschoben.

Berater für Deutschlandfragen

–   Die Aufbauvorhaben, die ehemalige Wehrmachtssoldaten und NS-Funktionäre für die ägyptischen Repressionskräfte bis dahin geleistet hatten, beschränkten sich nicht auf Militär und Rüstungsindustrie, sie bezogen auch Polizei, Geheimdienst und Propaganda ein.

–   Otto Skorzeny beispielsweise rekrutierte rund 100 deutsche "Berater" für die im Aufbau befindlichen ägyptischen Repressionsapparate, etwa den früheren Chefmediziner im KZ Buchenwald, Hans Eisele, und den SS-Sturmbannführer Alois Brunner, der unter anderem in Wien und Paris für die Deportation zehntausender Juden in die NS-Vernichtungslager verantwortlich gewesen war. Unter den deutschen "Beratern" in Kairo befand sich Schmidt-Eenboom zufolge auch ein ehemaliger Beamter aus dem NS-Propagandaministerium, der als "Autor eines pornografisch-antisemitischen Buchs über die sexuellen Gewohnheiten der Juden" [6] hervorgetreten war und in Ägypten auch als Resident des BND-Vorläufers "Organisation Gehlen" auftrat. Ein weiterer "Berater", der SS-Mann und NS-Autor Johann von Leers, hatte Ende der 1950er und Anfang der 1960er Jahre offiziell eine Gastprofessur in Kairo inne, war aber tatsächlich als politischer Berater für Deutschlandfragen für die Arabische Liga tätig und wirkte im Auftrag des Kairoer Informationsministeriums als Organisator der Agitation gegen Israel.

Kurswechsel

–   In den frühen 1960er Jahren geriet die bundesdeutsche Unterstützung für Ägypten ins Wanken: Die Vereinigten Staaten hatten nach der Suezkrise ihren Kurs gegenüber den Ländern des Nahen und Mittleren Ostens gewechselt; dem konnte sich die Bundesrepublik nicht verschließen. Über die von Bonn nachvollzogene Neuorientierung, die mit spektakulären, vom BND ermöglichten Attentaten auf für Ägypten tätige deutsche Raketenexperten einherging, berichtet german-foreign-policy.com am morgigen Freitag. Die deutsch-ägyptische Kooperation, die zahlreiche NS-Verbrecher einbezog, ist dennoch aus zweierlei Gründen bis heute relevant.

Verborgene Wehraktivitäten

–   Zum einen suchte die Bundesrepublik bereits vor der Erlangung ihrer Souveränität im Jahr 1955 ihre außenpolitischen und außenwirtschaftlichen Spielräume zu erweitern. Dazu knüpfte Kanzler Konrad Adenauer zunächst "an historisch gewachsene Beziehungen vornehmlich zu arabischen Staaten an", berichtet Erich Schmidt-Eenboom: Neben Saudi-Arabien seien vor allem Syrien und Ägypten "Zielländer solcher Initiativen" gewesen. Zugleich habe Bonn versucht, bereits vor der Wiedergründung deutscher Streitkräfte die "Keimzelle der Bundeswehr (…) durch verborgene Aktivitäten im Ausland" zu stärken – nach dem Modell der illegalen Trainingsmaßnahmen der Reichswehr in der Sowjetunion während der 1920er Jahre.[7]

Lehrjahre

–   Zudem haben Wehrmachtssoldaten und SS’ler daran mitgewirkt, eine Basis für das Militär, die Polizei und den für seine Folterpraxis berüchtigten Geheimdienst Ägyptens zu schaffen. In den 1950er Jahren, als hunderte deutsche "Berater" mit NS-Vergangenheit den Repressionsapparaten des Landes "deutschen Angriffsgeist einhauchten" [8], startete nicht nur Staatspräsident Hosni Mubarak seine militärische Laufbahn. Weitere Mitglieder seiner derzeitigen Regierung, die den Streitkräften entstammen, absolvierten damals ebenfalls ihre Lehrjahre, nicht zuletzt der heutige Vizepräsident und wohl mächtigste Ägypter, der langjährige Geheimdienstchef Omar Suleiman. Das Militär gilt bis heute als der entscheidende Einflussfaktor in Kairo – gerade auch hinsichtlich der Frage, wie sich die gegenwärtigen demokratischen Aufstände ganz im Interesse des Westens beenden lassen.

Weitere Informationen zur deutschen Politik gegenüber Ägypten finden Sie hier: Nutznießer der Repression, Einflusskampf am Nil, Die deutsche Doppelstrategie und Geordneter Übergang.

[1] Experte: "Das Militär ist der Schiedsrichter"; newsticker.sueddeutsche.de 04.02.2011

[2] Rheinisches JournalistInnenbüro: "Unsere Opfer zählen nicht". Die Dritte Welt im Zweiten Weltkrieg, Berlin/Hamburg 2005

[3] Erich Schmidt-Eenboom: Der deutsche Geheimdienst im Nahen Osten. Geheime Hintergründe und Fakten, München 2007

[4] Tim Weiner: Legacy of Ashes. The History of the CIA, New York 2008

[5] Der Bagdad-Pakt sollte neben westlichen Staaten vor allem die arabischen Länder umfassen und "der NATO im Ost-West-Konflikt eine nah- und mittelöstliche Basis" geben; allerdings trat ihm nur ein einziges arabisches Land bei – Irak. Volker Perthes: Geheime Gärten. Die neue arabische Welt, München 2002

[6], [7], [8] Erich Schmidt-Eenboom: Der deutsche Geheimdienst im Nahen Osten. Geheime Hintergründe und Fakten, München 2007

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Gfp      110211

Garant der Stabilität (II)

11.02.2011
KAIRO/BERLIN

–   (Eigener Bericht) – Schwere Foltervorwürfe treffen das jahrzehntelang von der Bundesrepublik unterstützte ägyptische Militär. Wie verschiedene Menschenrechtsorganisationen berichten, haben Soldaten in den letzten Tagen hunderte, womöglich gar tausende Demonstranten verschleppt und zahlreiche von ihnen gefoltert. Bereits zuvor waren schwere Vorwürfe gegen den Geheimdienst Mukhabarat laut geworden, der zu den Partnerdiensten des BND zählt; der aktuelle ägyptische Vizepräsident Omar Suleiman, der zur Zeit als mächtigster Mann in Kairo gilt, war bis vor kurzem sein Präsident. Suleiman droht jetzt mit einem Putsch. Das ägyptische Militär und der Mukhabarat sind nicht nur in den 1950er Jahren von der Bundesrepublik nach Kräften unterstützt worden. Sie erhalten nach einer Unterbrechung, die aus einem außenpolitischen Strategiewechsel der Vereinigten Staaten resultierte, seit Ende der 1970er Jahre erneut Rüstung und Training in der Bundesrepublik. Hintergrund sind geostrategische Erwägungen zur Kontrolle der mittelöstlichen Ressourcengebiete. Die Unterstützung wird daher trotz der aktuellen Foltervorwürfe fortgeführt.

Folterer

–   Menschenrechtsorganisationen erheben schwere Foltervorwürfe gegen das ägyptische Militär. Wie Human Rights Watch berichtet, haben Soldaten und Militärpolizisten in den vergangenen Tagen mindestens 119 Protestdemonstranten willkürlich verschleppt und mehrere von ihnen gefoltert.[1] Beobachter schätzen die Gesamtzahl der Opfer, zu denen auch Journalisten gehören, auf Hunderte, "möglicherweise Tausende".[2] Schon zuvor waren Berichte bekannt geworden, denen zufolge der im Militär angesiedelte Geheimdienst Mukhabarat ebenfalls Journalisten verschleppt.[3] Er gehört zu den Partnerdiensten des Bundesnachrichtendienstes (BND). Der langjährige Mukhabarat-Chef Omar Suleiman, seit kurzem Vizepräsident und derzeit wohl mächtigster Mann in Kairo, hat jetzt offen mit Putsch gedroht, sollten die Proteste nicht bald nachlassen. Die Repressionsmaßnahmen und Drohungen sollen die Herrschaft des Militärs sichern, das bereits jetzt de facto die Regierung innehat.

Kooperation

–   Die Repressionsapparate des ägyptischen Staates arbeiten nicht nur aktuell mit Bundeswehr und BND zusammen. Bereits an ihrem Ausbau während der 1950er Jahre waren vor allem vormalige Wehrmachtssoldaten und SS’ler beteiligt (german-foreign-policy.com berichtete [4]). Verlief die Kooperation mehr als ein Jahrzehnt erfolgreich, kam es in den 1960er Jahren zu einem Bruch.

Eine neue US-Strategie

Ursache für den Abbruch der deutsch-ägyptischen Militär- und Geheimdienstkooperation in den 1960er Jahren war ein Kurswechsel der US-amerikanischen Nahostpolitik Mitte der 1950er Jahre. Washington hatte zunächst versucht, Ägypten nach dem Putsch der Freien Offiziere fest im Westen zu verankern.

–   Schon bald zeigte sich, dass Kairo auf Eigenständigkeit beharrte: Es blieb dem 1955 in Ergänzung zur NATO gegründeten prowestlichen "Bagdad-Pakt" fern und bemühte sich um die Lieferung von Waffen aus der Tschechoslowakei und der Sowjetunion.

–   Kurz vor der Suezkrise von 1956 entwickelte die CIA erste Pläne, Staatspräsident Gamal Abdel Nasser zu stürzen – Pläne, die zuerst vom CIA-Mann Frank Wisner, dem Vater des heutigen US-Sonderbeauftragten für Ägypten, vorangetrieben und noch in den 1960er Jahren verfolgt wurden.[5]

–   Nach der Suezkrise legten sich die USA auf eine Nahoststrategie fest, die sich gegen Ägypten und andere nach Eigenständigkeit strebende Staaten aus der Region richtete [6] – und die Israel als militärische Hilfskraft für die eigenen Hegemonialpläne nutzte.

Militärkooperation mit Israel

–   Zur Unterstützung wurde damals auch Bonn herangezogen. 1957 nahmen die Bundesrepublik und der zentrale US-Partner Israel geheime Verhandlungen über eine Militärkooperation auf – zu einem Zeitpunkt, da keinerlei diplomatische Beziehungen bestanden, weil diese unter den israelischen Holocaust-Überlebenden kaum durchsetzbar gewesen wären.

–   Auf die Lieferung deutscher Panzer und Kriegsschiffe, die der deutschen Rüstungsindustrie Auftrieb gab, folgte im Winter 1960/61 die ebenfalls streng geheime Aufnahme von Kontakten zwischen dem eng an die CIA angebundenen BND unter dem einstigen NS-Agenten Reinhard Gehlen und dem Mossad.

–   Zu der Neuorientierung der bundesdeutsch-US-amerikanischen Nahostpolitik passte die Militärkooperation zwischen Bonn und Kairo nicht recht. Zwar beobachtete Washington die Zusammenarbeit noch eine Zeitlang mit einem gewissem Wohlwollen, weil sie Kairo von einer einseitigen Rüstungskooperation mit den osteuropäischen Staaten abhielt. Als sich in den 1960er Jahren neue Eskalationen abzeichneten, wurde sie jedoch eingestellt.

Raketen und Attentate

–   Höchst spektakulär verlief dies im Falle eines Raketenentwicklungsprogramms, das vormalige NS-Raketenspezialisten nach der Suezkrise in Ägypten gestartet hatten. Das Programm zielte direkt auf die Aufrüstung Ägyptens gegen Israel [7],

o    lag aber auch in bundesdeutschem Interesse, da es Bonn die damals noch nicht erlaubte Entwicklung einer eigenen Raketentechnologie ermöglichte.

–   In der Bundesrepublik hoffte man, Israel mit der Lieferung von Raketenabwehrsystemen zum Stillhalten bewegen zu können. Anfang der 1960er Jahre nahm jedoch auch in den USA der Druck zu, das Programm einzustellen.

o    1962 und 1963 kam es zu mehreren, teils erfolgreichen Anschlägen auf in Ägypten tätige bundesdeutsche Raketenspezialisten, die ihre formal privatwirtschaftlichen Arbeiten fortführen wollten. Die Attentate wurden in der Bundesrepublik vom Mossad verübt und vom BND gebilligt sowie mit Training und falschen Papieren ermöglicht; sie sind ein herausragendes Beispiel der neuen bundesdeutsch-israelischen Kooperation gegen widerspenstige arabische Staaten – unter der Ägide der neuen US-amerikanischen Nahoststrategie.[8] 1965 schließlich brach Bonn auch die diplomatischen Beziehungen zu Kairo ab, stellte jegliche Wirtschaftshilfe ein und vereinbarte den Austausch von Botschaftern mit Israel.[9]

Neubeginn

–   Neue Geheimdienst- und Militärkooperationen bahnte die Bundesrepublik erst in den 1970er Jahren an. Anwar as-Sadat, 1970 ins Amt des ägyptischen Staatspräsidenten gelangt, bemühte sich intensiv um westliches Kapital. Seine Annäherungen stießen in Washington und Bonn auf Interesse, und der BND nahm die ägyptische Spionage im August 1973 wieder in die Riege seiner Partnerdienste auf.

–   Der Jom-Kippur-Krieg versetzte der neuen Kooperation 1973 einen kurzen Rückschlag, bis es im Vorfeld des Abkommens von Camp David zu regelmäßigen Treffen des BND mit dem ägyptischen Dienst auf der obersten Ebene kam. Für 1978 vermerkt der Publizist Erich Schmidt-Eenboom eine "ungewöhnlich starke Unterstützung des ägyptischen Geheimdienstes" durch den BND, die sich nicht zuletzt in der Lieferung bundesdeutscher Technologie zur Funkspionage und in den zur Anwendung erforderlichen Trainingsmaßnahmen ausdrückte.[10]

Ressourcenkontrolle

–   Seit dieser Zeit hält die deutsch-ägyptische Kooperation an – im Rahmen eines Kräftefeldes, in dem Ägypten, gründend auf dem Abkommen von Camp David, als enger Partner der Vereinigten Staaten und damit auch Israels operiert.

–   Nicht von ungefähr wurde unlängst, als die Debatte über Exilländer für Hosni Mubarak begann, zuerst Israel genannt. Die von den USA angeführte Kooperation zielt vor allem darauf ab, die nah- und mittelöstlichen Ressourcengebiete unter westlicher Kontrolle zu halten und das Entstehen einer gemeinsamen arabischen Front gegen die westliche Hegemonie, wie sie etwa in den 1950er Jahren der von der CIA bekämpfte ägyptische Staatspräsident Gamal Abdel Nasser anstrebte, dauerhaft zu verhindern.

–   Dazu trägt auch die Kooperation der Bundeswehr, der Polizei sowie des BND mit Ägypten bei. Das BKA unterhält seit Jahren einen Verbindungsbeamten in Kairo, die Bundespolizei deren zwei.

–   Allein in den Jahren zwischen 1999 und 2009 erhielt Kairo aus Deutschland Rüstungsgüter im Wert von rund 270 Millionen Euro. Die Streitkräfte der beiden Länder unterhalten ein Kooperationsprogramm. Gegenwärtig bildet die Bundeswehr elf Offiziere der ägyptischen Armee aus. Die Zusammenarbeit wird ungeachtet der aktuellen Demonstrationen fortgeführt; sie dient geostrategischen Zielen und steht aus deutscher Sicht trotz der Kämpfe in Kairo um Demokratie nicht zur Debatte.

[1] Egypt: Investigate Arrests of Activists, Journalists; www.hrw.org 09.02.2011

[2] Egypt’s army ‘involved in detentions and torture’; www.guardian.co.uk 09.02.2011

[3] Im Folterknast des Muchabarat; www.spiegel.de 06.02.2011

[4] s. dazu Garant der Stabilität (I)

[5] Tim Weiner: Legacy of Ashes. The History of the CIA, New York 2008. Zu Wisner s. auch Geordneter Übergang

[6] Schriftlich fixiert wurde diese Strategie in der Eisenhower-Doktrin vom 5. Januar 1957.

[7] Dalia Abu Samra: Deutschlands Außenpolitik gegenüber Ägypten, Berlin 2002

[8] Shlomo Shpiro: Für die Sicherheit Israels kooperieren wir sogar mit dem Teufel; www.berlinonline.de 08.01.2000

[9], [10] Erich Schmidt-Eenboom: Der deutsche Geheimdienst im Nahen Osten. Geheime Hintergründe und Fakten, München 2007

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