Gelmini-Tremonti, respingere la manovra contro studenti e lavoratori

La manovra Gelmini-Tremonti sulla scuola è un tassello importante per l’attuale governo per premiare il suo elettorato (meno risorse per il pubblico impiego, più risorse per l’evasione fiscale, meno diritti e tutele per il lavoro dipendente, premi al lavoro autonomo e ai professionisti). Ma anche per compiacere Confindustria, che, nonostante l’appoggio precedentemente dato al governo Prodi, aveva complessivamente apprezzato la riforma Moratti e espressamente spinto per una riduzione degli addetti e con la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole.

E infatti il governo Prodi, governo del grande capitale, non ha, se non marginalmente, intaccato la riforma Moratti, ha deciso il taglio degli addetti della scuola (anche se in minor misura: 30 mila contro i 150 mila prospettati ora), non ha rispettato il suo stesso piano di assunzione dei precari.

La manovra incide pesantemente sulla scuola dell’obbligo come servizio alle famiglie e sulla scuola superiore riducendo l’offerta e colpendo al cuore gli istituti professionali, destinati ad essere sostituiti con corsi regionali (obiettivo caro alla Lega, ma anche a Formigoni e a tutte quelle lobbies che stanno costruendo un’alternativa privata, lucrando sui consistenti contributi dello stato e dell’Europa). Si cancellano le sperimentazioni. Si riduce pesantemente il tempo scuola alle elementari, ma anche alle medie e alle superiori. Si destina alla disoccupazione migliaia di precari che da decenni lavorano nella scuola (del resto la L.133 condanna al licenziamento la maggior parte dei precari degli enti locali e dell’università). L’obiettivo non dichiarato è togliere ai precari della scuola le tutele contrattuali, generalizzare i contratti atipici già così diffusi nelle scuole private. Si prospetta un ulteriore invecchiamento dei docenti nella scuola, dei docenti e ricercatori nell’università, ma anche una scuola superiore distinta in serie A e serie B, dando a una quota di giovani una formazione a carattere localistico (mentre oggi il mercato del lavoro è perlomeno europeo) accentuando la scarsa mobilità sociale che caratterizza l’Italia. Per gli studenti universitari si prospetta da subito un aumento delle tasse.

Lo scopo non è solo economico. Si vuole condizionare i formatori per condizionare le future generazioni, esercitare un maggior controllo su quell’aspetto fondamentale della scuola che è la diffusione delle ideologie dominanti.

Il governo ha agito a colpi di decreti legge e di leggi varate con la fiducia, confidando nella passività della categoria e su una spaccatura dei vertici sindacali. Per un po’ la propaganda mediatica (Gelmini con la sua litania che tutto sarebbe rimasto come prima, Brunetta con la sua campagna contro i fannulloni) ha funzionato, ma poi il controllo è sfuggito di mano.

Le dichiarazioni di Berlusconi sull’uso della polizia per mettere in riga gli studenti ha fatto il resto, mentre le proteste dal basso costringevano anche i vertici sindacali più riottosi a dichiarare lo sciopero.

Se è vero che in passato i governi, per garantirsene il controllo, hanno concesso alle categorie del settore pubblico condizioni di lavoro relativamente migliori e comunque la stabilità dell’impiego, il tentativo di screditare questi lavoratori, definiti “fannulloni e parassiti”, mira a dividere il lavoro dipendente sottoposto con la legge 133 a un attacco inaudito: sconti sulle sanzioni per i padroni che non garantiscono la sicurezza sul lavoro in un paese in cui il lavoro è la prima causa di morte, deregolamentazione per favorire il lavoro nero, ecc.

Si taglia sull’istruzione per premiare gli evasori fiscali e salvare azionisti e banchieri spericolati, il liberista Berlusconi, come tutti i suoi colleghi europei e americani, si scopre un’anima  statalista e offre generosamente aiuti, che i lavoratori pagheranno con le loro tasse, a chi lucra profitti e dividendi, mentre i lavoratori disoccupati non saranno tutelati

I lavoratori del pubblico e del privato devono restare uniti e lottare insieme per la sicurezza del lavoro, per il salario, per i propri diritti. Non deleghiamo ai partiti parlamentari le “ragionevoli mediazioni” che certamente verranno proposte per sedare le proteste!                                                                                                      Pagine Marxiste

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