Libia: contro l’intervento, per la rivoluzione

La rivolta dei popoli del Nordafrica e Medio Oriente ha cacciato i tiranni di Tunisia ed Egitto, ma la brezza della libertà potrebbe avere vita breve, perché il potere resta in mano agli eserciti, armati dagli imperialisti, che avevano espresso e sorretto i tiranni. In Bahrein il sultano ha chiamato le armate reazionarie d’Arabia
come un tempo i tiranni d’Europa chiamavano le armate dello zar. Nello Yemen solo ieri la polizia ha ammazzato 41 manifestanti. In Algeria, Marocco, Giordania la repressione non ha posto fine alle proteste.

In Libia la rivolta ha trionfato in Cirenaica, ma da Tripoli, dove ha raddoppiato gli stipendi, il tiranno Gheddafi ha lanciato l’offensiva per la riconquista.

Ora le grandi potenze lanciano una nuova “guerra umanitaria”. Come contro la Serbia, contro l’Iraq e l’Afghanistan l’ONU serve come foglia di fico per coprire i loro sporchi interessi, che in Libia si chiamano petrolio e gas. L’iniziativa è partita da Francia, Gran Bretagna e USA, che hanno visto l’occasione per scalzare il predominio italiano sull’ex colonia, come già avevano fatto dopo la Seconda Guerra Mondiale.L’Italia, governo e opposizione uniti, fa cinicamente buon viso a cattivo gioco e partecipa all’aggressione contro il tiranno che fino a ieri i governi Prodi e Berlusconi hanno coccolato, riverito, lodato, coprendolo di denaro e armi – quelle stesse armi con cui ora cerca di sopprimere la rivolta – in cambio di petrolio, gas, commesse e repressione degli immigrati africani. Come altre volte nella storia l’imperialismo italiano salta sul carro del più forte, per essere invitato al banchetto.

Noi diciamo no all’intervento delle potenze imperialiste, perché esso non intende salvare, ma soffocare la rivoluzione in Libia!

La rivoluzione in Libia non si salva se al posto del tiranno sostenuto da alcune potenze si sostituisce un governo addomesticato da altre potenze. La rivoluzione si salva se vengono mobilitate tutte le energie del proletariato, se a fianco dei lavoratori libici vengono armati anche i due e più milioni di lavoratori immigrati da Egitto e paesi arabi, dall’Asia e dall’Africa, che hanno costruito gran parte di ciò che esiste in Libia, ma sono tenuti in condizione di semischiavitù.

L’altro ieri non abbiamo festeggiato il 150° dell’unità di un’Italia costruita sullo sfruttamento dei lavoratori a vantaggio di capitalisti e parassiti, che ha partecipato a due massacri mondiali e massacrato centinaia di migliaia di uomini e donne in Libia, Etiopia, Somalia, e che ancora oggi nega il lavoro a milioni di giovani e i diritti a centinaia di migliaia di immigrati.

Ieri 18 marzo era il 140° anniversario della Comune di Parigi, il primo governo operaio della storia.
Che le rivolte di Tunisia, Egitto, Libia non si fermino a metà strada, ma spazzino via gli eserciti e gli Stati di sua maestà il Capitale! Che nuove Comuni di Parigi sorgano nei paesi a giovane capitalismo, che la fiaccola della rivoluzione dal Nordafrica si propaghi a tutti i continenti, e giunga ai nostri paesi di vecchio capitalismo!

Organizziamo una opposizione rivoluzionaria all’interventismo imperialista, e la solidarietà con i proletari in rivolta!

Combat

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