Sciopero alla francese contro la riforma delle pensioni
Battaglie di sindacalizzazione in USA

Proponiamo la lettura di un articolo sulle lotte contro la riforma delle pensioni in Francia e su sindacalizzazione e lotte negli Usa.

1. Sciopero alla francese contro la riforma delle pensioni

Lo sciopero generale del 19 gennaio in Francia, indetto da 8 organizzazioni sindacali contro la riforma delle pensioni, ha avuto una partecipazione significativa, superiore alle agitazioni sindacali finora avvenute nelle altre metropoli occidentali.

Lo stesso Ministero dell’Interno ha dichiarato 1 milione centoventimila partecipanti alle manifestazioni, i sindacati parlano di 2 milioni – diciamo più di 20 volte rispetto alle mobilitazioni dell’ultimo decennio in Italia – con la presenza di lavoratori e lavoratrici e pensionati di quasi tutti i settori. Allo sciopero vi è stata la partecipazione di centinaia di migliaia di lavoratori, concentrati nelle roccaforti sindacali: il 70% nelle raffinerie Total (protagoniste dei primi scioperi per il recupero dei salari erosi contro l’inflazione), 44,5% all’EDF, l’ENEL francese e il 40% nel comparto energetico di Engie, il 35% nelle scuole secondarie, il 42% in quelle primarie, il 20% circa tra gli ospedalieri, il 14% negli enti locali e alla Poste, (nel complesso il 29,5% dei 2,5 milioni di lavoratori della Funzione Pubblica), il 46% nelle ferrovie (SNCF), di cui 77% tra i macchinisti dei treni passeggeri, e percentuali significative nel trasporto pubblico locale. Due punti deboli nei settori con tradizione di lotta: il trasporto aereo, dove ha circolato il 90% degli aerei, e l’auto, settore in cui viene segnalata solamente la partecipazione di “più di un centinaio” di lavoratori allo sciopero nello stabilimento Stellantis di Rennes-la Janais: le ristrutturazioni innescate dalla “transizione elettrica” aumentano l’insicurezza e incidono sulla disponibilità alla lotta.

Certo, ha scioperato solo una minoranza dei circa 20 milioni di lavoratori francesi, con l’assenza di una larga maggioranza dell’industria manifatturiera, del trasporto merci su gomma, del commercio e dei servizi privati, ma la significativa incidenza in settori di pubblico servizio ha dato all’insieme della popolazione il senso di una vera mobilitazione, con la capacità di bloccare trasporto pubblico, scuole, e perfino ridurre l’erogazione di elettricità e le cure sanitarie non urgenti. Un’agitazione condivisa dalla maggioranza della popolazione, nonostante i disagi. E non un’agitazione “una tantum”, per poter dire “noi abbiamo detto il nostro no”, ma con l’intenzione di continuare la lotta – è già stato proclamato un altro sciopero il 31 gennaio – fino a che il governo non farà retromarcia rispetto a un “riforma” che prevede l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, dopo che era stata innalzata da 60 a 62 anni nel 2010, e un aumento degli anni di contribuzione: misure comunque più morbide di quelle già in vigore in Italia, ma che una quota significativa di lavoratori francesi è pronta a contrastare con una decisa lotta contro il governo, su un tema che riguarda l’insieme del lavoro dipendente, come in Italia non se ne vedono da decenni. Questa mobilitazione fa seguito allo sciopero generale del 9 novembre contro la caduta del potere d’acquisto, che non si è tuttavia finora tradotto in una lotta generalizzata per aumenti salariali: lungi da noi esaltare come un modello il sindacalismo francese, frammentato, spesso corporativo, e tutt’altro che esente da spirito nazionalista (rispetto alla guerra in Ucraina, nessuna opposizione alla politica governativa, ma suo fiancheggiamento di fatto nella forma di “solidarietà internazionale” ai sindacati ucraini filogovernativi o che comunque hanno sospeso l’opposizione al governo Zelensky partecipando allo sforzo bellico).

Tuttavia, di fronte alla mobilitazione francese sulle pensioni appare come una farsa lo “sciopero” del 16 dicembre scorso indetto da CGIL e UIL contro la manovra del governo incluse le norme sulle pensioni, sciopero “di bandiera” proclamato ma non organizzato sui luoghi di lavoro, del cui seguito (fallimentare) i due sindacati promotori non si sono degnati di fornire un resoconto. Uno sciopero più mediatico che reale per contenere il malcontento dei lavoratori che di fronte all’aumento del costo della vita chiedevano la mobilitazione, dopo anni di inerzia e dopo che i sindacati di base avevano tenuto il loro sciopero generale il 2 dicembre, seguito dalla partecipata manifestazione a Roma il 3 dicembre per la difesa del salario e contro la guerra (ma niente di confrontabile con la manifestazione di Parigi (80 mila secondo la polizia, 400 mila secondo i sindacati).

È significativo che CGIL e UIL vantano circa il doppio di iscritti rispetto a tutti i sindacati francesi messi insieme, ma non hanno fermato nessuna attività produttiva significativa, tranne forse nel trasporto pubblico locale. Quanto allo sciopero dei sindacati di base, non si dispone di dati affidabili, ma oltre a un impatto significativo nella logistica, dove il SI Cobas ha bloccato tra gli altri i principali hub di SDA, BRT, GLS, DHL e molti altri magazzini, vi sono state significative adesioni nel trasporto pubblico locale e nelle ferrovie, ma ben poco in altri settori.

Quindi la Francia, con solo l’8% dei lavoratori iscritti a un sindacato, vede mobilitazioni di gran lunga più partecipate dell’Italia, dove il tasso di sindacalizzazione viene dato al 33,5%! Ciò dimostra l’inettitudine dei sindacati confederali italiani (la CISL ha boicottato perfino lo sciopero-rappresentazione del 16 dicembre), divenuti carrozzoni burocratici che vivono dei rapporti con lo Stato e con i padroni (quali mediatori della vendita della forza lavoro) che per organizzare le lotte dei lavoratori. Per cui il semplice dato del numero di iscritti al sindacato in Italia non ci dà un indicatore dell’estensione e della forza della “coalizione operaia” per la lotta a difesa di salario e condizioni di lavoro. Ancora diversa è la situazione se varchiamo l’Atlantico. Negli Stati Uniti la sindacalizzazione è spesso il risultato di ampie battaglie per conquistare i lavoratori all’idea di agire collettivamente, superando individualismo e la paura fomentati dal capitale.

2. Battaglie di sindacalizzazione in USA

“Sindacalizzazione ai minimi nonostante le votazioni alla Apple, Amazon e Starbucks”

Il Wall Street Journal tira un sospiro di sollievo: nonostante l’ingresso per la prima volta di un sindacato in grandi gruppi finora santuari del rapporto di lavoro individuale come Apple, Amazon e Starbucks, e l’aumento di 273mila dei lavoratori iscritti a un sindacato (per un totale di 14,3 milioni) il tasso di sindacalizzazione USA (cioè la percentuale di lavoratori iscritta a un sindacato) è ancora diminuito nel 2022, perché il numero degli occupati è aumentato più velocemente.

Il calo della “densità sindacale” nonostante un anno di ripresa del movimento sindacale americano si spiega con il continuo spostamento dei lavoratori dall’industria ai servizi, dove minore è la sindacalizzazione.

Riportiamo sotto la sintesi del comunicato del Dipartimento del Lavoro fatto dal principale giornale dei capitalisti americani.

Quel che il principale organo del capitale statunitense si guarda bene dal dire è il motivo per cui gongola per il calo della sindacalizzazione. Il motivo lo troviamo nelle statistiche del Department of Labor con i dati 2022 sulla sindacalizzazione (le statistiche americane sono di gran lunga più dettagliate e utili di quelle italiane): il salario/stipendio medio dei lavoratori sindacalizzati supera del 18% quello dei lavoratori non sindacalizzati, e per le donne addirittura del 23%; per i lavoratori edili il vantaggio sale al 45%. Inoltre i lavoratori sindacalizzati hanno più ferie dei non sindacalizzati, hanno in maggior numero il diritto alla malattia retribuita, e una migliore copertura pensionistica e sanitaria. L’esame dei dati mostra tuttavia che per gli strati superiori dei lavoratori vale il contrario: i manager e supervisori delle aziende non sindacalizzate guadagnano un 5% in più che in quelle sindacalizzate: il capitale si lega a sé questi strati superiori perché collaborino all’intensificazione dello sfruttamento degli strati inferiori.

Quando il lavoratore è costretto ad accettare individualmente le condizioni dell’azienda, se vuole lavorare, la sua unica arma è licenziarsi e passare a un’altra azienda che paga di più e/o offre migliori condizioni; questo è possibile in periodi di bassa disoccupazione, che vede le imprese farsi concorrenza per accaparrarsi i lavoratori alzando i salari e i premi offerti (come è avvenuto massicciamente nella ripresa post-pandemica); ma non avrà alternative in una fase di calo occupazionale e alta disoccupazione, quando sono i lavoratori a farsi concorrenza offrendosi di lavorare per meno, pur di avere un salario. Il sindacato, la coalizione operaia, cambia la situazione perché abolisce la concorrenza tra i lavoratori di fronte al capitale, e con lo sciopero può rivendicare un aumento del salario / miglioramento delle condizioni, interrompendo l’attività lavorativa e così bloccando la produzione.

La legge americana sui sindacati, che risale alle lotte degli anni ’30 (il Labor Relations Act del 1935) non attribuisce ai lavoratori la libertà individuale di iscriversi a un sindacato, perché pone come requisito per il riconoscimento dei diritti sindacali che la maggioranza dei lavoratori di un’azienda decidano di farsi rappresentare da un sindacato. Questo per imporre il sindacato unico aziendale, ma anche per ostacolare la coalizione operaia. Infatti l’ingresso di un sindacato in un’azienda è solitamente accompagnato da una campagna elettorale sia da parte del sindacato che dell’azienda, che esercita tutti i mezzi di pressione sui lavoratori, a partire dai capi, per spaventarli sostenendo che l’ingresso dei sindacati danneggia i lavoratori mettendo in crisi l’azienda. Queste minacce spesso riescono a far breccia tra i lavoratori, e farli votare contro l’ingresso del sindacato, come avvenuto in buona parte delle fabbriche di automobili negli stati del Sud, e nel magazzino Amazon di Seattle nel 2001, dove furono licenziati 850 sostenitori della sindacalizzazione. Più di recente, Amazon è riuscita a far prevalere il NO nella votazione del magazzino Amazon di Bessemer in Alabama nel febbraio 2021, mentre la conta dei voti nella successiva votazione del marzo 2022 è oggetto di contenzioso presso un tribunale, con Amazon accusata di aver utilizzato mezzi illegali per terrorizzare i lavoratori, tra cui il licenziamento di uno dei promotori e la minaccia di chiudere l’impianto se avesse vinto il SÌ. La prima vittoria del sindacato in Amazon è quella ottenuta dal sindacato ALU nel magazzino JFK8 a New York, con 2654 voti a favore e 2.131 contro.

Il tasso di sindacalizzazione nel settore privato è basso: solo il 6% dei 120 milioni di lavoratori del privato è sindacalizzato, con poco più dell’1% in settori come la ristorazione, il 3-4% nel commercio, quasi l’8% nell’industria e il 12% nelle costruzioni, il 14,5% nei trasporti e logistica, quasi il 20% nell’energia, mentre nel pubblico, dove la legislazione cambia da stato a stato la percentuale sale al 33%. Il fatto che solo un lavoratore del privato su 17 sia iscritto al sindacato si spiega con questa regolamentazione per legge, che nel “paese della libertà” nega la libertà individuale di iscriversi a un sindacato, diversamente dall’Italia, dove ogni lavoratore in teoria può iscriversi a un sindacato di sua scelta, e questo spesso avviene anche in assenza di una sua attività organizzata in azienda, ma solo per usufruire di una serie di servizi burocratici (es. dichiarazione dei redditi, pratiche dei patronati). I dati della sindacalizzazione in Italia (32,5% nel 2019) non sono quindi comparabili con quelli americani. Occorre inoltre aggiungere che una serie di leggi e accordi attribuiscono a CGIL, CISL e UIL un quasi monopolio della rappresentanza.

Rimane il fatto che il 2022 ha visto negli Stati Uniti un rafforzamento della presenza sindacale con l’ingresso in 1041 nuovi luoghi di lavoro su 1363 in cui si sono tenute elezioni, un numero record dal 2015, e numerose lotte per un recupero salariale. E i 22 scioperi con più di 1.000 partecipanti hanno coinvolto 125mila lavoratori, il massimo dal 2019. Non un fiume in piena, ma un possibile risveglio. I Teamsters, il sindacato più forte nei trasporti, ha promesso battaglia per il contratto UPS che scade a fine luglio: sono 350.000 e a fronte della perdita di potere d’acquisto dei salari potrebbero diventare un riferimento per milioni di lavoratori.

Riportiamo di seguito la traduzione dell’articolo del Wall Street Journal

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Il tasso di adesione ai sindacati tocca il minimo storico nonostante i voti di Apple, Amazon e Starbucks

Il calo nonostante che i sindacati abbiano aggiunto più iscritti che in qualsiasi altro anno dal 2008

Gli infermieri di New York tornano al lavoro dopo tre giorni di sciopero

Gli infermieri di due ospedali di New York sono tornati al lavoro a metà dicembre dopo uno sciopero di tre giorni. Sia l’Associazione degli infermieri dello Stato di New York che gli ospedali hanno confermato che sono stati raggiunte ipotesi di accordo. Foto: Ziyu Julian Zhu/Zuma Press

Di

David Harrison

Aggiornato il 19 gennaio 2023 3:07 pm ET

La percentuale di lavoratori statunitensi iscritti ai sindacati è scesa a un minimo storico l’anno scorso, anche se i sindacati hanno aggiunto più iscritti che in qualsiasi altro anno dal 2008, a seguito di elezioni sindacali in luoghi di lavoro come Starbucks Corp. , Amazon.com Inc. e Apple Inc.

Circa il 10,1% dei lavoratori salariati era iscritto a un sindacato l’anno scorso, in calo rispetto al 10,3% del 2021, ha dichiarato giovedì il Dipartimento del Lavoro. Il tasso di iscrizione è in calo da decenni, poiché l’economia è diventata più dipendente dalle industrie dei servizi, dove i lavoratori non sono tradizionalmente sindacalizzati.

 L’anno scorso gli iscritti ai sindacati sono cresciuti di 273.000 unità, raggiungendo i 14,3 milioni, con un aumento dell’1,9%. Ma la forza lavoro complessiva è cresciuta di 5,3 milioni, pari al 3,9%, secondo il dipartimento.

I sindacati rimangono un’eccezione nella maggior parte dei luoghi di lavoro del settore privato. Circa 7,2 milioni di lavoratori del settore privato, pari a circa il 6% dei 120,36 milioni di lavoratori del settore privato, erano rappresentati da sindacati lo scorso anno, secondo il Dipartimento del Lavoro. A fronte di circa 7,1 milioni di iscritti ai sindacati del settore pubblico, pari al 33,1% dei 21,32 milioni di lavoratori del settore pubblico.

La sindacalizzazione dei lavoratori del settore del tempo libero e dell’ospitalità è salita al 2,8% lo scorso anno dal 2,2% dell’anno precedente, rimanendo comunque ben al di sotto della sindacalizzazione complessiva del settore privato.

La ripresa economica dopo la pandemia ha portato a una persistente carenza di manodopera, con i posti di lavoro disponibili che superano di gran lunga il numero di lavoratori disoccupati. Secondo gli ultimi dati disponibili, a novembre c’erano circa 10,5 milioni di posti di lavoro vacanti, rispetto ai sei milioni di disoccupati in cerca di lavoro nello stesso mese.

Di conseguenza, i salari sono aumentati notevolmente [in termini nominali, ma sono diminuiti in termini reali perché non hanno tenuto il passo con l’inflazione –ndt] e il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi da mezzo secolo.

Questo mercato del lavoro così rigido ha anche dato ai lavoratori una maggiore forza contrattuale nei confronti dei loro datori di lavoro e ha portato a un rinnovato interesse per i sindacati.

Secondo il National Labor Relations Board, nell’anno fiscale 2022 si sono tenute 1.363 elezioni sindacali, il numero maggiore dal 2015. I sindacati hanno ottenuto la possibilità di rappresentare i lavoratori in 1.041 di queste elezioni, il numero maggiore dal 2015. I lavoratori che desiderano aderire a un sindacato devono spesso presentare una petizione all’NLRB per indire un’elezione che stabilisca se il luogo di lavoro sarà sindacalizzato.

Lavoratori di Starbucks in sciopero davanti a una caffetteria di Brooklyn a novembre.

FOTO: ANGELA WEISS/AGENCE FRANCE-PRESSE/GETTY IMAGES

 I baristi di centinaia di negozi Starbucks in tutto il Paese hanno votato per unirsi a un sindacato. Anche i lavoratori dei negozi Apple hanno votato per l’adesione ai sindacati.

La scorsa primavera i lavoratori di Amazon hanno votato per l’adesione a un sindacato in un magazzino di Staten Island, N.Y., mentre lo scorso autunno i lavoratori di Amazon hanno votato contro la sindacalizzazione in un magazzino a nord di New York. All’inizio di questo mese, i lavoratori della Microsoft Corp. hanno votato per formare il primo sindacato dell’azienda.

I lavoratori che chiedono la rappresentanza sindacale affermano di voler migliorare la retribuzione, i benefit e le condizioni di lavoro.

In molti casi, i datori di lavoro hanno contestato i risultati di queste elezioni. I lavoratori non sono ufficialmente iscritti al sindacato fino a quando tali contestazioni non vengono risolte dall’NLRB o in tribunale, ha dichiarato Kate Bronfenbrenner, direttore della ricerca sulla formazione al lavoro presso la Cornell University School of Industrial and Labor Relations.

I lavoratori hanno anche iniziato a fare più scioperi e interruzioni del lavoro. Secondo il Dipartimento del Lavoro, l’anno scorso i lavoratori hanno lanciato 22 scioperi che hanno coinvolto più di 1.000 lavoratori, il numero maggiore dal 2019. Un totale di 125.000 lavoratori ha preso parte agli scioperi, il numero maggiore dal 2019.

“Ci vorrà molto di più per spostare la densità sindacale”, ha detto Bronfenbrenner. Un’eventuale recessione quest’anno potrebbe porre nuove sfide ai sindacati, ha aggiunto. “Se l’economia si restringe, ci saranno meno nuovi posti di lavoro che i sindacati potranno organizzare”.

Docenti dell’Università dell’Illinois a Chicago in sciopero martedì scorso

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Riportiamo alcune tabelle del Department of Labor sui vantaggi dell’iscrizione ai sindacati

I sindacati favoriscono la riduzione del differenziale razziale e di genere

Retribuzione oraria delle donne in % di quella degli uomini, per iscrizione a sindacati e caratteristiche razziali, 2016

Accesso a piani pensionistici nel settore privato

Tassi di accesso al piano pensionistico per i lavoratori del settore privato, marzo 2021

CaratteristicheTutti i piani pensionistici1Piani a benefici definiti (retrib.)Piani misti retributivi /contributiviPiani contributivi
Tutti i lavoratori del privato6831253
Sindacalizzati93313328
Non sindacalizzati6611055

1L’arrotondamento può comportare totali non uguali alla percentuale cumulativa di “Tutti i piani pensionistici”.
Fonte: U.S. Bureau of Labor Statistics, National Compensation Survey

FIGURE 1. Le donne sindacalizzate hanno più malattia retribuita

Union
RazzaFerie pagateMalattia pagataPermessi retribuiti per visite mediche
Ispanici76,90%82,20%75,20%
Bianchi71,60%90,10%85,30%
Neri83,50%83,30%76,60%
Altri75,10%82,50%75,80%
  Non-Union
RazzaFerie pagateMalattia pagataPermessi retribuiti per visite mediche
Ispanici58,70%55,90%49,00%
Bianchi65,00%63,30%57,70%
Neri64,70%63,20%55,40%
Altri63,40%63,40%57,90%

Fonte: IWPR analysis of data from the Medical Expenditure Panel Surveys, 2016 to 2018.
Notes: Include lavoratori salariati per il lavoro principale durante il periodo di riferimento

I sindacati contribuiscono a chiudere il divario di ricchezza

Ricchezza mediana per sindacalizzazione e razza, 2010-16

Fonte: Christian Weller and David Madland, 2018, “Union Membership Narrows the Racial Wealth Gap for Families of Color,” Center for American Progress.

Union memberNonunion member Differenza
Nonwhite$33,511$6,908385%
White$120,700$86,69139%

MA IL DIVARIO RESTA ENORME: anche tra i sindacalizzati i bianchi hanno un patrimonio quasi 4 volte i non bianchi [NdT]

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