Un anello di fuoco attorno alla Cina

Usa, Germania, Cina, rapporto potenze, armamenti
Gfp     110721
Un anello di fuoco attorno alla Cina
Tesi GFP:

Berlino condivide il nuovo progetto strategico Nato, che comprende l’ampliamento delle attività nel Pacifico, compresa una maggiore cooperazione con l’Australia.

Nella costellazione alla base del futuro scontro tra Occidente e Cina che si sta delineando, la Germania ha preso posizione dalla parte dei suoi alleati militari e acquirenti di armamenti, contro Pechino.

– Convegno sul riarmo in Asia, organizzato dalla Bundesakademie für Sicherheitspolitik  (Accademia Federale per la Politica di Sicurezza, importante think tank politico-militare del governo tedesco), dalla Fondazione Konrad-Adenauer (CDU) e dal docente dell’università di Trier, Martin Wagener.

– Quale è l’atteggiamento dei maggiori paesi asiatici e degli Usa verso la Cina? Quali le loro strategie e piani di riarmo?

– Nelle loro strategie militari si valuta come possibile un futuro scontro con essa?

– A che punto sono gli sforzi dell’Occidente di conquistarsi alleati contro la Cina?

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– Secondo gli esperti riuniti nel convegno di Berlino, gli USA hanno rafforzato la propria presenza militare in Est Asia, e stanno creando un anello di fuoco preventivo attorno alla Cina.

– Previsto un forte riarmo in Asia Orientale in concomitanza con l’ascesa economica della Cina.

– Da anni Berlino sta armando massicciamente i potenziali avversari della Cina, con i quali intrattiene anche una cooperazione politico-militare (Sud Corea, Giappone, India)

Sulla Cina, i militari tedeschi ritengono che:

– a breve termine il potenziale delle forze armate cinesi non rappresenta una minaccia agli interessi occidentali; esse non sono in grado di sostenere uno scontro militare con gli Usa; dal punto di vista tecnologico sono in ritardo di 10-20 anni.

– Pechino mira alla proiezione di capacità di deterrenza, non è interessata ad una corsa agli armamenti nella regione.

Sugli Usa:

– (secondo Wagener): nella lotta per la preminenza in Asia Orientale gli USA si stanno preparando ad un potenziale scontro militare con la Cina; la presenza militare americana è come un anello di fuoco preventivo attorno alla Cina, che gli Usa possono attivare in caso di conflitto.

o   Wagener ricorda, come dimostrazioni di forza degli USA, l’invio nel Mar cinese meridionale di 2 gruppi di portaerei a metà anni Novanta e la scorta navale militare per una nave da guerra nel marzo 2009.

o   Washington mantiene l’alleanza con Giappone, Sud Corea, Australia, Tailandia e Filippine, ma nella regione dispone anche di un avamposto di circa 75 000 soldati, senza contare quelli alle Hawaii.

o   Sta perfezionando la propria difesa missilistica, porta avanti le iniziative relative al progetto AirSea-Battle (battaglia mare-aria), diversifica la sua offerta militare in Asia Orientale e sta ampliando Guam come base alternativa nel caso perdesse le basi nel Nord-est Asia.

– I principali alleati Usa nella regione:

o   da attendersi un atteggiamento per lo meno conflittuale verso Pechino;

o   il Giappone si muove su un doppio binario, se da una parte cerca di legarsi Pechino, con scarsi risultati; dall’altra il governo di Tokyo ha cambiato linea strategica, ad es. ha rafforzato il dispiegamento militare a Okinawa e sulle isole Nansei; nonostante i tagli alla spesa, cerca di aumentare le capacità militari e di rafforzare l’alleanza con gli Usa.

– Il Sud Corea sta attuando un ampio riarmo, nel 2004-2008 è stato il 4° maggior acquirente di armi del mondo.

o   Secondo BICC (Centro Internazionale di Bonn per la Conversione) la strategia di Difesa del Sud Corea si basa sulla valutazione di una situazione di minacce multiple, e prevede anche la possibilità di scontri con la Cina; in Sud Corea è inoltre forte la presenza di soldati americani.

– India, scetticismo degli esperti del convegno, sugli sforzi dell’Occidente di aggregare l’India nel fronte anticinese:

o   l’ammodernamento delle forze armate indiane è diretto contro il Pakistan, non contro la Cina; le forze armate indiane sono tecnologicamente talmente più arretrate di quelle cinesi che non hanno alcuna possibilità di raggiungerle. Inoltre le difficoltà politiche interne non le consentono una politica militare offensiva in grande stile.

– Russia, in Germania si discute da tempo se Mosca potrebbe in casi estremi allinearsi con la Cina.

o   Gli esperti del convegno ritengono infondato questo timore: data la forte diversità di interessi è alquanto instabile e selettiva la cooperazione di Mosca con Pechino

o   che avviene con fornitura di armamenti e cooperazione politico militare contro gli Usa (ad esempio nel quadro di SCO – Shanghai Cooperation Organization).

– Berlino sostiene l’alleanza che si sta prospettando contro Pechino fornendo grandi quantità di armamenti:

o   nell’ultimo decennio la Corea è stato tra i 10 maggiori acquirenti di armi tedesche, soprattutto di navi da guerra tedesche; nel 2008 era il 1° posto, secondo il rapporto sugli armamenti del governo tedesco.

–  Anche l’Australia, stretto alleato Usa, acquista ogni anno armi tedesche per decine o centinaia di milioni di €;

– anche all’India Berlino vuole vendere caccia Eurofighter, benché secondo gli esperti tedeschi l’Occidente non può contare con certezza sulla sua alleanza nel conflitto contro la Cina.

– Grosse esportazioni di armi tedesche sono andate anche a diversi paesi del Sud-Est Asia, che hanno dispute territoriali con la Cina;

o   carri armati tedeschi sono stati venduti a Singapore, che è nei primi 10 acquirenti di armi tedesche;

anche il piccolo sultanato Brunei Darussalam, nel 2009 al 4° posto della graduatoria di acquirenti di armi tedesche, acquistando motovedette per quasi €1/2 MD; Brunei Darussalam in disputa con la Cina per le isole Spratly nel Mar cinese meridionale.

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Ein Feuerring um China

21.07.2011
BERLIN/WASHINGTON/BEIJING

–   (Eigener Bericht) – Deutsche Außenpolitik-Experten rechnen mit massiver Aufrüstung in Ostasien und schließen militärische Aggressionen der USA gegenüber China nicht aus.

–   Die Vereinigten Staaten verstärkten ihre "Militärpräsenz in der Region" und seien gemeinsam mit ihren Verbündeten dabei, einen "präventiven Feuerring" um die Volksrepublik zu legen, hieß es kürzlich auf einer Tagung an der Bundesakademie für Sicherheitspolitik in Berlin.

o    Die Teilnehmer, darunter hochrangige deutsche Militärs, loteten aus, welche Haltung die großen Staaten Asiens heute gegenüber Beijing einnähmen und ob in den jeweiligen nationalen Militärstrategien eine Konfrontation mit China als mögliches oder wahrscheinliches Zukunftsszenario gelte.

o    Das Ergebnis bildet die Zwischenbilanz der westlichen Bemühungen ab, Verbündete gegen den chinesischen Rivalen zu gewinnen.

o    Berlin, dessen Aktivitäten auf der Bundesakademie-Tagung nicht ausdrücklich gewürdigt wurden, ist seit Jahren dabei, potenzielle Gegner der Volksrepublik massiv aufzurüsten, darunter Südkorea, das in den vergangenen Jahren zeitweise der weltweit größte Abnehmer deutschen Kriegsgeräts war. Die Bundeswehr ergänzt die Aufrüstung der betreffenden Staaten um militärpolitische Kooperation.

Militärstrategien

–   Die Aufrüstung in Asien, die mit dem ökonomischen Aufstieg der Volksrepublik China einhergeht, stand kürzlich im Mittelpunkt einer Tagung an der Berliner Bundesakademie für Sicherheitspolitik, dem zentralen militärpolitischen Think-Tank der Bundesregierung. Als Organisatoren traten neben der Bundesakademie die CDU-nahe Konrad-Adenauer-Stiftung und der Trierer Universitätsdozent Martin Wagener auf.

–   In Wageners Seminaren wird gefordert, die militärpolitischen "Fesseln" des Bonner Grundgesetzes abzuschütteln, um der Bundesrepublik größeren "Handlungsspielraum" zu verschaffen (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Referenten aus der Bundeswehr, Think-Tanks und Hochschulen analysierten bei der Berliner Zusammenkunft Militärstrategien und Rüstungspläne der großen Staaten Asiens sowie der USA.

Beijing: Harmonie

–   Dabei halten deutsche Militärs, wie auf der Tagung ein Brigadegeneral aus dem Bundesministerium der Verteidigung erläuterte, das Potenzial der chinesischen Streitkräfte auf absehbare Zeit nicht für eine Bedrohung westlicher Interessen. Einer "militärischen Auseinandersetzung mit den USA" sei die Volksbefreiungsarmee keinesfalls gewachsen; vielmehr sei sie technologisch "zehn bis zwanzig Jahre" im Rückstand. Zudem sehe sich Beijing weiterhin "in der konfuzianischen Tradition einer harmonischen Politikgestaltung, die beispielsweise im Rahmen der UNO auf Kooperation setze", wird der Brigadegeneral zitiert.[2] Ziel der chinesischen Regierung sei daher die "Projektion von Fähigkeiten zur Abschreckung". An einem "Wettrüsten in der Region" sei die Volksrepublik nicht interessiert.

Washington: Vornepräsenz

–   Ganz im Gegensatz dazu attestierte auf der Berliner Tagung der Trierer Juniorprofessor Wagener den Vereinigten Staaten, sich im "allgemeinen Streit um die Vorherrschaft in Ostasien" auf "einen potentiellen militärischen Schlagabtausch mit der Volksrepublik" vorzubereiten. Washington halte nicht nur die Bündnisse "mit Japan, Südkorea, Australien, Thailand und den Philippinen" aufrecht, es verfüge darüber hinaus "über eine Vornepräsenz" von rund 75.000 Soldaten in der Region – und das "ohne Hawaii".

–   Washington verbessere seine Raketenabwehr, treibe die "Arbeiten am AirSea-Battle-Konzept" voran, diversifiziere auch sein "Militäraufgebot in Ostasien" und baue "Guam als Ausweichbasis u.a. für den Fall aus, dass man die Stützpunkte in Nordostasien verliere".

–   Die US-Militärpräsenz ähnele "insgesamt (…) einem ‘Feuerring’, der präventiv um China gelegt werde und den Washington im Konfliktfall auch durchaus zu aktivieren gewillt sei", lässt sich Wagener zitieren. Er verweist zudem auf verschiedene US-"Machtdemonstrationen" – etwa die Entsendung zweier Flugzeugträgergruppen Mitte der 1990er Jahre in das südchinesische Meer sowie den militärischen Geleitschutz für ein US-Kriegsschiff im März 2009 ebendort.

Japan, Südkorea: Das Bündnis stärken

–   Eine zumindest potenziell konfrontative Haltung gegenüber Beijing ist der Berliner Tagung zufolge von zentralen US-Verbündeten in der Region zu erwarten. Keinerlei Zweifel herrschen im Falle Japans. Zwar fahre Tokio "zweigleisig" und strebe auch eine "Einbindung Chinas" an, hieß es; doch fielen "die Ergebnisse dieser Bemühungen eher bescheiden aus".

o    Daher habe die Regierung Japans eine "strategische Neuausrichtung" beschlossen und etwa das Militäraufgebot auf Okinawa und den Nansei-Inseln verstärkt. Auch suche Tokio trotz aller Sparzwänge "seine militärischen Fähigkeiten zu steigern und das Bündnis mit den USA zu stärken".

o    Ähnliches gilt für Südkorea, das umfänglich aufrüstet und in den Jahren 2004 bis 2008 der viertgrößte Käufer auf dem weltweiten Markt für Kriegsgerät war. Über die geostrategische Ausrichtung der südkoreanischen Streitkräfte heißt es beim Bonn International Center for Conversion (BICC), die Verteidigungsdoktrin des Landes gehe von einer vielfältigen "Bedrohungslage" aus. Man rechne durchaus auch mit Auseinandersetzungen mit China. Das BICC verweist außerdem auf die "starke Präsenz von US-amerikanischen Truppen" in Südkorea.[3]

Indien, Russland: Keine Hindernisse

–   Skeptisch waren die Experten auf der Berliner Tagung hinsichtlich der Bemühungen des Westens, Indien in seine antichinesische Front einzubinden.

o    Die "Modernisierung der indischen Streitkräfte" sei "nicht gegen die Volksrepublik, sondern gegen Pakistan gerichtet", hieß es. Hinter dem Rivalen China hinkten die indischen Streitkräfte technologisch so weit hinterher, dass kaum eine wirkliche Aussicht auf ein Gleichziehen bestehe.

o    Überdies seien die innenpolitischen Schwierigkeiten New Delhis zu gravierend, als dass das Land sich eine offensive Militärpolitik in großem Maßstab leisten könne.

o    Ebenfalls diskutiert wurde die Stellung Russlands. In der deutschen Hauptstadt wird schon lange gerätselt, ob Moskau sich im Falle des Falles auf die Seite Chinas schlagen könne.[4] Diese Befürchtung ist laut den Ergebnissen der Berliner Tagung unbegründet. Zwar unterstütze Moskau Beijing mit Rüstungslieferungen, und es gebe – etwa im Rahmen der SCO (Shanghai Cooperation Organization) – durchaus eine punktuelle militärpolitische Kooperation mit Stoßrichtung gegen die USA. Doch sei die Kooperation "aufgrund der sehr unterschiedlichen Interessenlagen eher instabil und selektiv". Mit einem "ständigen anti-amerikanischen Bündnis zwischen Russland und China" sei daher nicht zu rechnen.

Rüstungslieferant

–   Berlin unterstützt das sich abzeichnende Bündnis gegen Beijing mit der Lieferung von Kriegsgerät in großem Stil.

o    Südkorea etwa gehörte im letzten Jahrzehnt zu den Top 10 der Empfänger deutscher Rüstungsprodukte. Deutsche Konzerne lieferten vor allem Kriegsschiffe nach Seoul. Für das Jahr 2008 verzeichnet der Rüstungsexportbericht der Bundesregierung Südkorea sogar auf Platz eins auf der weltweiten Rangliste deutscher Waffenkäufer.

o    Unter den engsten Verbündeten der USA erwarb zuletzt auch Australien Rüstungsgüter für jährlich zwei- bis dreistellige Millionen-Euro-Beträge in Deutschland. Dasselbe gilt für Indien, dem Berlin unbedingt Kampfflugzeuge vom Typ Eurofighter verkaufen will, auch wenn laut aktueller Einschätzung von Berliner Experten Indiens Teilnahme am Kampf gegen China noch nicht als gesichert gelten kann.

o    Umfangreiche deutsche Rüstungsexporte gingen zudem auch an mehrere Staaten Südostasiens, die wegen ihrer Territorialstreitigkeiten mit China um verschiedene Inselgruppen als – zumindest im Ernstfall – Verbündete des Westens gelten. Deutsche Panzerlieferungen brachten zuletzt Singapur unter die Top 10 deutscher Rüstungskäufer. Selbst das kleine südostasiatische Sultanat Brunei Darussalam schaffte es auf dieser Rangliste im Jahr 2009 auf Platz vier: Es kaufte für fast eine halbe Milliarde Euro deutsche Patrouillenboote. Brunei Darussalam liegt mit China im Streit um den Besitz einer Inselgruppe (Spratly-Inseln) im Südchinesischen Meer.[5]

Militärkooperation

–   Über die Rüstungslieferungen hinaus strebt die Bundeswehr einen Ausbau der Militärkooperation mit wichtigen Verbündeten des Westens gegen die Volksrepublik China an. Dies gilt unter anderem für Südkorea [6], für Japan [7] und für Indien [8].

–   Von der Bundesrepublik mitgetragen wird das neue strategische Konzept der NATO, das unter anderem eine Ausweitung der Aktivitäten in der Pazifikregion vorsieht – nicht zuletzt eine engere Kooperation mit Australien.[9] Die Konstellation, die der künftigen – möglicherweise eskalierenden – Konfrontation zwischen dem Westen und China zugrunde liegt, zeichnet sich damit schon deutlich ab. Die Bundesrepublik hat darin längst Stellung bezogen – auf der Seite seiner Militärpartner und Waffenkäufer und damit gegen Beijing.

[1] s. dazu Die Gesetze des Krieges

[2] Zitate hier und im Folgenden: Wettrüsten in Asien? Die Modernisierung der chinesischen Streitkräfte und die Reaktionen regionaler Mächte; www.baks.bund.de

[3] Bonn International Center for Conversion: Länderportrait Korea

[4] s. dazu Eine Frage der Orientierung und Der Sinn der Aussöhnung

[5] s. auch Partner Vietnam

[6] s. dazu Desaströs für China

[7] s. dazu Alte Freunde

[8] s. dazu Offensiven gegen China (I)

[9] s. dazu Kriegsstrategien (II)

 

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