L'Alleanza Atlantica estende le operazioni in Afghanistan

Giuseppe Sarcina

Gli Usa chiudono «Enduring
Freedom» e cedono all’Isaf il comando

«Ma saranno necessarie più truppe». D’Alema: nessun
cambiamento


Vertice NATO: Anche i militari USA di “Enduring Freedom”
confluiscono in Isaf sotto il comando NATO. USA e GRAN BRETAGNA più uomini,
ROMANIA, CECHIA, DANIMARCA e CANADA ne manderanno alcune centinaia.


BRUXELLES — Tutte le operazioni militari in Afghanistan
passano sotto il comando della Nato. Nelle prossime settimane, probabilmente a
metà ottobre, si esaurirà nei fatti la missione «Enduring freedom»
, la
coalizione dei «volenterosi» lanciata dagli americani dopo l’11 settembre 2001.
I 26 ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, riuniti nella cittadina
di Portorose in Slovenia, hanno deciso di portare anche i 12 mila militari
statunitensi, dislocati nelle regioni dell’Est, sotto le insegne dell’Isaf
,
la «Forza internazionale di assistenza alla sicurezza», in un primo momento
condotta dagli inglesi e poi, dal 2003, passata sotto la guida della dalla
Nato. Il passaggio delle consegne ha, innanzitutto, un valore politico: gli
Stati Uniti completano la «cessione di leadership» all’Alleanza atlantica,
ponendo fine, per altro, alle discussioni sulla legittimità giuridica di
«Enduring freedom», partita senza il via libera dell’Onu. In Afghanistan
rimarranno, però, forze speciali americane
, in collegamento diretto con il
Pentagono e la Cia, con lo scopo di catturare i terroristi e i capi dei
talebani ritenuti più pericolosi.

Dal punto di vista strettamente militare, invece, la decisione di ieri non
cambia granché
. I 12 mila di «Enduring» vanno a sommarsi ai 20 mila caschi
Isaf, di cui 11 mila Nato e 9 mila di altri partner (in totale contribuiscono
37 Paesi). Ma le forze sono ancora troppo poche per fare fronte a uno
scenario di guerra aperta, soprattutto nel Sud del Paese
.
Da settimane americani e inglesi esercitano forti pressioni sui principali
alleati
. Il ministro della Difesa della Gran Bretagna, Des Browne, si è
fatto precedere al vertice di Portorose da un’intervista rilasciata al
Financial Times. «La Nato — osserva l’esponente del governo britannico — ci sta
mettendo troppo tempo per assemblare le forze indispensabili per questa
missione. Il processo di decisione è più complicato di quanto sarebbe
necessario per far fronte all’inaspettata resistenza delle milizie talebane».
In realtà il problema, fanno osservare a Bruxelles, non è tanto la «pesantezza
burocratica» dell’Alleanza atlantica. La capacità di reazione è frenata dal
dibattito politico nelle diverse capitali. Nel vertice di Portorose, comunque,
qualcosa si è mosso. La Polonia ha confermato che anticiperà i tempi del
ricambio, inviando mille uomini nel febbraio 2007, anziché a fine anno. I veri
rinforzi dovrebbero arrivare, almeno per ora, da quattro Paesi. La Romania
spedirà qualche centinaio di soldati entro breve. La stessa cosa faranno
Repubblica Ceca e Danimarca. Il Canada invierà altri 500-700 militari e,
soprattutto, carri armati
. Altri ministri hanno assicurato che «stanno
valutando se aumentare gli sforzi».
In Italia, dopo gli ultimi attentati, l’ala sinistra della coalizione di
governo chiede semplicemente il ritiro dei 1.900 militari dispiegati tra Kabul
ed Herat. Il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ieri ha dovuto precisare
ancora una volta che «non ci saranno cambiamenti, né rimodulazioni di truppe italiane
in Afghanistan». Una dichiarazione elogiata in diretta dal pari grado
australiano Alexander Downer, ieri in visita alla Farnesina: «Apprezziamo molto
il ruolo italiano in Afghanistan e vogliamo continuare a cooperare in quella
situazione difficile».
Di ben altro tono, naturalmente, il «commento» di un comandante dei Talebani,
il mullah Yunus Saheb, intervistato dal sito PeaceReporter.net: «I soldati
italiani? Per noi non fa differenza il Paese di provenienza. Sono occupanti
infedeli e noi li combattiamo». In questo clima va segnalata la decisione
assunta ieri dal Parlamento di Berlino: proroga di un anno al mandato dei
tremila militari tedeschi.

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