L'Europa tira il freno sull'allargamento

EUROPA, ALLARGAMENTO

Ripristinare la tradizione
filo serba e guadagnare crediti nei Balcani

Dopo
la parziale sospensione dei negoziati con la Turchia, parole d’incoraggiamento
ma tempi più lunghi per i Paesi balcanici

BRUXELLES — L’Europa riconsidera la sua strategia
di allargamento a Est e si orienta a frenare l’attuale ritmo, che ha portato in
due anni e mezzo da 15 a ben 27 i Paesi membri. Nel Consiglio dei capi di
Stato e di governo a Bruxelles sono state pronunciate frasi diplomatiche per
non scoraggiare nessuno degli Stati in lista d’attesa — Croazia, Albania,
Bosnia, Macedonia, Serbia, Montenegro, Turchia — e inviati messaggi ottimistici
anche per giustificare l’avvenuta ammissione di Romania e Bulgaria già dal
gennaio 2007. Ma in sostanza sono emerse richieste di condizioni e principi più
stringenti, in grado di rallentare e rendere meno scontata l’adesione all’Ue
rispetto al passato
.
La tendenza espressa dai leader europei segue la decisione di sospendere
parzialmente i negoziati di adesione con la Turchia, presa lunedì scorso dal
Consiglio dei ministri degli Esteri come un ammonimento per chi non rispetta
gli adempimenti stabiliti dall’Ue
. Al governo di Ankara viene contestato di
continuare a non mantenere l’impegno di aprire i porti e gli aeroporti turchi
ai trasporti commerciali di Cipro, Paese entrato nell’Ue dal 2004. Lo stop è
arrivato nonostante la Gran Bretagna e l’Italia abbiano cercato di ridimensionare
questa misura restrittiva. Grecia, Cipro, Austria e Olanda hanno guidato il
gruppo dei Paesi apparsi dubbiosi anche sull’utilità di ammettere un Paese con
oltre 70 milioni di abitanti in gran parte musulmani e con livelli di reddito
tra i più bassi dell’Ue
.
Su questa scia la Francia ha assunto nel vertice a Bruxelles una posizione
più prudente sull’intero processo di allargamento futuro, facendo intuire di
poter riuscire a trainare sulla sua linea la Germania, dove i dubbi del
cancelliere di centrodestra Angela Merkel sembrano prevalere sugli alleati
socialdemocratici
, più favorevoli a continuare ad aprire le porte dell’Ue.
Prima del vertice, in una riunione a Bruxelles dei leader dei partiti di
centrodestra, il candidato alle prossime presidenziali, Nicholas Sarkozy, ha
detto di voler ascoltare le fasce di elettori contrari all’adesione della
Turchia e al rapido sviluppo dell’allargamento verso Est. I governi di
Londra, Roma e Stoccolma restano i più disponibili alla politica di
allargamento
.
Durante l’incontro dei capi di Stato e di governo sono apparsi in aumento i
Paesi convinti della necessità di far precedere a ulteriori ammissioni
l’approvazione delle riforme istituzionali
. Dovrebbe essere la Germania
della Merkel, che da gennaio rileva la presidenza di turno del Consiglio
dell’Ue dalla Finlandia, a rilanciare proprio le riforme bloccate dopo la
bocciatura della Carta Ue nei referendum in Francia e in Olanda e portare
l’Europa fuori dall’attuale stallo. Ma i tempi comunitari fanno stimare l’arrivo
di soluzioni concrete non prima del 2009
. Pertanto l’invito diplomatico
della Merkel a non considerare come una minaccia la necessità di valutare
meglio le pratiche future di adesione dilaziona comunque nel tempo le
aspettative della Croazia e degli altri Stati considerati più vicini a entrare
nell’Ue. La Commissione europea ha condiviso la necessità di varare prima le
riforme per garantire l’assorbimento dei nuovi Paesi membri. Anche
l’Europarlamento, tramite il presidente Josep Borrell, ha espresso un
orientamento analogo. Non a caso la Polonia, che sta bloccando da sola con il
suo veto un importante negoziato tra Ue e Russia, ha capito il cambiamento di
clima e ha mostrato disponibilità verso una soluzione di compromesso.

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