Talebani all'attacco contro gli italiani: un morto, cinque feriti

Marco
Nese

Colpito un veicolo di
pattuglia con un ordigno telecomandato Due militari sono gravi. La
rivendicazione: «Siamo stati noi»

KABUL — Dall’Afghanistan torna a casa in Italia un altro
giovane senza vita. Giorgio Langella, caporalmaggiore, aveva 31 anni, era nato
a Imperia, e ieri mattina è morto su una stradina polverosa, 10 chilometri a
sud di Kabul
.
Era uscito all’alba dalla base italiana di Camp Invicta. Con lui altri 17
soldati, tutti del II˚ reggimento alpini di Cuneo.
Viaggiavano incolonnati su tre veicoli blindati leggeri Puma, sei militari su
ogni mezzo, impegnati in una normale attività di perlustrazione.

Alle 8 (le 5.30 in Italia), mentre attraversavano Chahar Asyab, un villaggio
di basse casette diroccate, è esplosa una bomba, un ordigno definito dagli
artificieri «improvvisato», che era stato nascosto ai margini della strada. I
primi due veicoli erano già passati, il terzo è stato investito in pieno dalla
deflagrazione
. Il mezzo blindato è saltato in aria e si è capovolto, tutti
e sei i militari sono stati investiti dalle schegge. Il colpo più tremendo
l’ha subito Giorgio Langella, che è crollato privo di vita
. La sua salma
rientrerà oggi in Italia. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo
sull’attentato. L’ipotesi di reato per cui procede il pm Franco Ionta è quella
di strage con finalità di terrorismo. Gli accertamenti sono stati affidati ai
carabinieri del Ros. Lo scoppio ha ucciso anche un bambino afghano che
passava in quel momento in macchina coi parenti. Due feriti gravi, il
maresciallo Francesco Cirmi, 30 anni, bolognese, e il caporalmaggiore Vincenzo
Cardella, 24 anni di San Prisco, in provincia di Caserta, sono stati soccorsi
dai compagni, e trasferiti all’ospedale militare del contingente francese
.
«Sono entrati in camera operatoria in condizioni abbastanza preoccupanti — dice
il tenente Yuri Curtolo — perché avevano perso molto sangue».
Cirmi aveva un forte trauma facciale, gli hanno estratto varie schegge dal
viso. A Cardella, invece, hanno dovuto ricucire profonde ferite alle gambe.
Nessun problema per gli altri tre occupanti del veicolo. Sebastiano Belfiore,
20 anni, di Torino, e Salvatore Coppola, 32 anni, della provincia di Brindisi,
hanno riportato solo lievi ferite di striscio. Così pure Pamela Rendina, una
vivace caporale di ventiquattro anni, napoletana. La prima in divisa ferita.
«In realtà — dice lei con calma assoluta — non mi sono fatta niente, solo
qualche graffio. Ho chiamato subito mia madre. Tranquilla, ho detto, sono
ancora tutta intera».
Stavolta gli autori dell’attentato si sono fatti subito vivi.
Mohammed Hanif, presentandosi come portavoce dei talebani, ha chiamato al
telefono la tv Al Jazeera per rivendicare l’azione terroristica. Ha annunciato
che «le milizie islamiche talebane» hanno compiuto un attentato attraverso un
ordigno radio comandato contro «un convoglio della Nato nei dintorni di Kabul»
.
È il secondo attacco che i militari italiani subiscono nelle vicinanze della
capitale afghana. L’altro risale al 5 maggio scorso e in quell’occasione
persero la vita il tenente Manuel Fiorito e il maresciallo Luca Olsinelli.
Tutti e due gli atti terroristici sono stati compiuti piazzando ordigni
esplosivi sul fianco della strada. Una tecnica importata. Irachizzazione. È
questa la parola coniata dai servizi segreti italiani per descrivere il nuovo
fenomeno. I terroristi iracheni hanno fatto scuola
.
Per i militari italiani è un campanello d’allarme tremendo, perché ricade su
di essi la responsabilità di pattugliare le zone intorno alla capitale. In
particolare devono vigilare su tre distretti amministrativi a sud e a ovest di
Kabul
. Si tratta del distretto di Chahar Asyab, dov’è avvenuto l’attentato
ieri, quello di Musahi, dove si verificò l’esplosione del 5 maggio, e infine il
distretto di Pagman. Fino al gennaio scorso il compito di sorvegliare sulla
vita di questi centri era svolto dai soldati norvegesi. Poi l’incombenza è
passata al reparto italiano.

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