Un’Europa in stile tedesco

Ue, crisi debito, rapporti potenza
Gfp     111031

Un’Europa in stile tedesco (I/II)

●    L’imposizione della linea tedesca nella politica di crisi della UE tiene bassi i costi per la Germania e gli altri paesi del Nord Europa, mentre consente la continuazione del saccheggio dei paesi del Sud dell’area dell’euro,

●    ma al contempo accelera la dinamica della crisi, e il rischio di crollo economico per questi ultimi paesi.

●    Berlino sta preparando la prossima mossa per rafforzare la propria egemonia sull’Europa: introdurre il più presto possibile nel Trattato UE la possibilità di ingerenza diretta nei bilanci dei paesi indebitati, che dovrebbe essere ratificata in tutti i 27 paesi UE, ma senza passare per referendum popolari, che in alcuni Stati porterebbero sicuramente al NO;

o   la Merkel lega ancora una volta la richiesta tedesca alla minaccia: «Nessuno deve pensare che sia naturale un altro mezzo secolo di pace e benessere in Europa, non lo è. Perciò dico. se fallisce l’euro, fallisce l’Europa, e questo non deve capitare»

●    Berlino respinge il progetto del governo olandese di dare il diritto di ingerenza ad un commissario per la stabilità della UE, che non escluderebbe l’ingerenza anche nel bilancio tedesco.

o   Al contempo punta a ristrutturare l’eurozona in modo da creare un nocciolo duro europeo; per la prima volta nella storia dell’integrazione della UE nell’ultimo vertice di crisi dell’euro sono stati esclusi dalle decisioni i paesi non euro, tra cui anche GB e Polonia, anche se le decisioni prese hanno un peso enorme per l’intera UE.

o   Una “Eurozona tedesca” potrebbe, secondo gli esperti, fare da magnete per attirare a sè nuovi paesi;

o   Il secondo cerchione di paesi UE senza l’euro che si verrebbe a creare, non dovrebbero esserne staccato completamente; quando questo cerchione fosse consolidato potrebbero entrare a farne parte, ad es., Turchia e Ucraina; i paesi di questo cerchione non potrebbero avere un reale peso sulle decisioni fondamentali della “Eurozona tedesca”.

– Nel vertice dell’Euro della scorsa settimana la Germania è riuscita a imporre le proprie posizioni su quasi tutte le questioni in discussione:

o   1. se e come debba essere ampliato il Fondo EFSF tramite una “leva”;

o   2. sulla dimensione del taglio al debito greco.

o   3. il vertice ha ribadito inoltre la linea di politica economica voluta dalla Germania: drastici programmi di austerità per i paesi indebitati del Sud Europa – senza tenere conto che questi diktat hanno innescato in Grecia una spirale di crisi.

– Il taglio al debito deciso dal vertice dovrebbe alleviare la situazione debitoria della Grecia

– 1. La leva del “Fondo salvastati” EFSF dovrebbe essere generata dal sistema di assicurazioni richiesto da Berlino: i circa €250MD previsti per l’EFSF dovrebbero essere utilizzati per assicurare parzialmente i titoli di Stato dei paesi del Sud Europa, circa il 20/25% dei crediti, pari cioè circa €1000 MD di nuovi titoli. Questo con la scommessa che l’assicurazione del credito riduca il rischio di perdite, facendo di conseguenza calare il tasso di interesse dei titoli dei paesi del Sud Europa.

o   Berlino ha preso come modello per le assicurazioni dei titoli di Stato le assicurazioni per le ipoteche scoperte (CDS), che hanno funzionato solo finché gli stessi istituti di assicurazione sono finiti in bancarotta.

– A pochi giorni dalla sua introduzione, il programma di assicurazioni per i titoli di Stato imposto da Berlino risulta già fallito, la dinamica dei tassi di interesse che ha portato al crollo l’economia greca sta minacciando anche altri paesi dell’euro:

o   sui mercati lo spread tra i titoli tedeschi ed italiani è giunto ad oltre il 4,5% (aggiornamento al 01.11.2011), il che per l’Italia significa il più alto servizio del debito dall’introduzione dell’euro, con un interesse medio del 6,06% su un’emissione di circa €3MD di titoli; i media tedeschi imputano la colpa al governo italiano: crescita economica cronicamente debole, alto debito e incapacità di imporsi da parte del governo.

o   Secondo l’economista keynesiano Paul Krugman, solo l’acquisto massiccio di titoli di Stato da parte della BCE, equivalente di fatto ad emissione di nuova moneta, potrebbe attenuare la crisi dell’euro; ma a questo Berlino continua ad opporsi.

– 2. La riduzione del 50% del debito greco, voluta da Berlino anche contro l’opposizione francese, sta a dimostrare il fallimento della politica di austerità imposta dalla Germania.

– A causa di contrazione economica, calo degli introiti fiscali ed esplosione dei costi sociali, il debito greco ha raggiunto circa il 160% del PIL; grazie al “taglio del debito” dovrebbe tornare entro il 2020 il debito al 120% del PIL, lo stesso livello che aveva prima dei vari programma di austerità

o   Il vertice ha deciso anche che le banche devono aumentare al 9% la quota di capitale accantonato,

o   questo aumento è attuabile con la raccolta di denaro sul mercato finanziario solo per le banche dei paesi non appartenenti al Sud Europa, non per quelle di Grecia, Spagna e Italia.

– Secondo il regolamento concordato nel vertice dell’euro, tocca in prima istanza allo Stato di appartenenza ricapitalizzare le banche in difficoltà, cosa che non farebbe che peggiorare la crisi del debito in Spagna e in Italia.

– Per aumentare di €30MD la propria capitalizzazione le banche greche si dovranno rivolgere all’Efsf, i cui fondi dovrebbero essere usati a tal fine solo nel caso che gli Stati di appartenenza si trovino al limite della solvibilità.

– L’economia oggi in stagnazione dell’Italia, costretta da Berlino e Parigi al consolidamento del bilancio con un rigido programma di risparmi, rischia il crollo come quella greca:

o   deve inserire nella propria Costituzione una norma per il contenimento del debito, su modello tedesco;

o   entro il 2012 deve consolidare il bilancio ed entro il 2013 ridurre il debito dall’attuale 120% al 113% del Pil.

– Portogallo: a fine ottobre sono state abbassate le previsioni di crescita per il 2012, da -1,8 a -2,8%.

– Intanto in Grecia, Italia ma anche in Francia crescono le proteste contro i programmi d’austerità imposti, e contro la Germania.

– In Grecia le correnti nazionaliste rievoca la distruzione del paese provocata dal nazismo;

o   il quotidiano Eleftherotypia accusa la Germania di cercare di ottenere con strumenti economici quello che non è riuscita ad ottenere con le armi nella Seconda guerra mondiale.

– Italia: il presidente Napolitano definisce inopportune e spiacevoli dichiarazioni pubbliche quelle di Merkel e Sarkozy; Bossi: non si può aumentare l’età pensionabile solo per far piacere ai tedeschi;

– Francia, soprattutto l’opposizione di sinistra stigmatica il predominio tedesco nella UE, consolidato con le decisioni del recente vertice.

– Sembra si stia realizzando quanto ad inizio anno, provocativamente previsto dal periodico tedesco Internationale Politik, cheaveva nominato la Merkel, “Cancelliera UE”, riconoscendole di essere riuscita a conquistarsi tra i 27 una specie di “potere di impartire direttive”.

I rapporti politici attuali nella UE sembrano rispecchiare la descrizione fatta dalla rivista: se si guarda ai leader UE come ad un “governo”, il ruolo vice-cancelliere va al presidente francese Sarkozy (prende iniziative ma in caso di conflitto può essere frenato dalla Cancelliera), quello di capo cancelleria al presidente del consiglio UE, Van Rompuy (ha il compito di trovare una mediazione tra i vari campi, ma rischia continuamente di essere corretto da cancelliera e dal suo vice).

Gfp      111031
Europa auf deutsche Art (I)
31.10.2011
BERLIN/BRÜSSEL

–   (Eigener Bericht) – Mit dem Sieg Berlins in den Machtkämpfen auf dem Euro-Krisengipfel vergangene Woche schreitet die deutsche Prägung des Kontinents weiter voran.

–   Deutschland konnte seine Positionen in nahezu allen Streitpunkten durchsetzen – in der zentralen Frage,

o    ob und wie der EU-Krisenfonds mittels "Hebeln" ausgeweitet werden soll, ebenso wie in der Debatte über das Ausmaß des "Schuldenschnitts" für Griechenland.

–   Überdies bekräftigte der Gipfel die von der Bundesrepublik forcierte wirtschaftspolitische Linie, die stark verschuldeten Länder Südeuropas zu drastischen Sparprogrammen zu nötigen – ungeachtet der Tatsache, dass die deutschen Spardiktate bereits Griechenland in eine Abwärtsspirale gestoßen haben:

o    Der beim Krisengipfel beschlossene "Schuldenschnitt" wird, sollte alles nach Plan laufen, Athen auf den Schuldenstand heben, den es vor Beginn der deutsch-europäischen Spardiktate aufwies.

–   Mittlerweile nehmen die Proteste in Südeuropa, aber auch in Frankreich gegen die deutschen Zwangsprogramme zu.

Der Hebel

–   Deutschland hat sich insbesondere bei der "Hebelung" der EFSF-Mittel durchgesetzt, die laut Gipfelbeschluss über das von Berlin geforderte Versicherungssystem erfolgen wird. Dabei sollen die noch nicht anderweitig verplanten Mittel aus dem EFSF, die sich auf rund 250 Milliarden Euro belaufen, dazu aufgewendet werden, die Staatsanleihen südeuropäischer Schuldenländer teilweise gegen Ausfall zu versichern.

–   Bei solch einer Kreditversicherung würden etwa 20 oder 25 Prozent der Kreditsumme durch den EFSF versichert, so dass mit den 250 Milliarden des EFSF rund eine Billion neu begebener Staatsanleihen "abgesichert" werden kann – eine Art Teilkaskoversicherung.

o    Das Kalkül hinter diesem maßgeblich von Berlin durchgesetzten Manöver besteht in der Spekulation, das Zinsniveau bei Staatsanleihen in Südeuropa werde sinken, wenn mit der Kreditversicherung das Ausfallrisiko verringert werde – zumindest zum Schein.

Südeuropäische Banken in Bedrängnis

–   Der griechische Schuldenschnitt von 50 Prozent, der das Scheitern der von Berlin erzwungenen Austeritätspolitik manifestiert – er resultiert aus der Erkenntnis, dass Griechenland unter dem Spardiktat täglich näher an den Abgrund rückt -, wurde auf dem Gipfel ebenfalls auf deutsches Drängen und gegen französische Widerstände beschlossen.

–   Die dadurch in Bedrängnis geratenen Banken müssen laut den Gipfelbeschlüssen nun eine Erhöhung ihrer Kernkapitalquote auf neun Prozent durchführen; dies kann wohl nur von den Finanzhäusern jenseits der südeuropäischen Peripherie auf den Finanzmärkten realisiert werden, wie es beim Krisengipfel vereinbart wurde.

–   Vor allem die Banken aus Griechenland, Spanien und Italien werden dazu jedoch kaum in der Lage sein, weshalb sie womöglich staatliche Kapitalinfusionen erhalten müssen.

–   Die ebenfalls auf deutsches Betreiben eingeführte Regelung, wonach im Notfall primär die Heimatstaaten der betroffenen Banken die Rekapitalisierung durchführen sollen, dürfte die Schuldenkrise in Spanien und Italien weiter anheizen.

–   Griechische Banken werden sich ohnehin an den EFSF wenden müssen, um ihre Kapitalaufstockung um gut 30 Milliarden Euro realisieren zu können. Die Mittel des EFSF dürfen nur dann zur Rekapitalisierung der Banken benutzt werden, wenn die betreffenden Staaten an der Grenze ihrer finanziellen Leistungsfähigkeit angelangt sind.

In die Abwärtsspirale

–   Zudem wurde insbesondere Italien von Berlin und Paris gedrängt, mittels rabiater Sparprogramme einen Kurs zur Haushaltkonsolidierung einzuschlagen, wie er auch Griechenland oder Portugal aufgenötigt wurde – mit verheerenden Folgen. So musste sich Rom verpflichten, eine "Schuldenbremse" nach deutschem Vorbild in der Verfassung zu verankern, den Staatshaushalt bis 2012 zu konsolidieren und bis 2013 die Staatsschuld von 120 Prozent des Bruttoinlandsprodukts (BIP) auf 113 Prozent zu senken.[1]

–   Dem ohnehin in wirtschaftlicher Stagnation verharrenden Land droht damit ein ähnlicher Absturz wie Griechenland, das durch Spardiktate vollends in den ökonomischen Kollaps getrieben wurde (german-foreign-policy.com berichtete [2]).

–   Die Schulden Griechenlands haben inzwischen aufgrund Wirtschaftskontraktion, einbrechender Steuereinnahmen und explodierender Sozialkosten rund 160 Prozent des Bruttoinlandsprodukts (BIP) erreicht. Durch den "Schuldenschnitt" sollen die Außenstände bis zum Jahr 2020 auf 120 Prozent des BIP gedrückt werden; dieses Verschuldungsniveau verzeichnete Athen vor Beginn der "Sparprogramme", die maßgeblich von Berlin erzwungen wurden.

–   Eine ähnliche Entwicklung zeichnet sich mittlerweile in Portugal ab, wo ebenfalls als Gegenleistung für EFSF-Krisenkredite knallharte Austeritätsprogramme umgesetzt werden mussten.

o    Ende Oktober hat die Regierung in Lissabon ihre Wirtschaftsprognosen für 2012 nach unten korrigiert: Das BIP soll nächstes Jahr um 2,8 Prozent schrumpfen; ursprünglich war man von einem Minus von 1,8 Prozent ausgegangen. Die ökonomische Kontraktion wird voraussichtlich auch in Portugal die Realisierung der Sparvorgaben aus Brüssel und Berlin unmöglich machen.

Vor dem Scheitern

–   Überdies zeichnet sich schon jetzt ein Scheitern des von Berlin entworfenen und durchgesetzten Versicherungsmodells zur EFSF-Hebelung ab. Die Gipfelbeschlüsse trugen zwar zu einem kurzfristigen Kursfeuerwerk auf den Aktienmärkten bei, doch ist nicht dies, sondern die Entwicklung auf den Märkten für Staatsanleihen entscheidend – und genau hier bleibt die Lage weiterhin dramatisch. Der Zinsunterschied – im Finanzjargon "Spread" genannt – zwischen deutschen und italienischen Staatspapieren erreichte am vergangenen Freitag nahezu vier Prozent.

–   Italien musste kurz nach Bekanntgabe der Gipfelergebnisse die höchste Zinsbelastung seit der Einführung des Euro hinnehmen; sie betrug bei der Begebung von rund drei Milliarden Euro im Schnitt 6,06 Prozent. Da das von Berlin durchgesetzte Versicherungsprogramm für Staatsanleihen gerade die Zinslast südeuropäischer Länder absenken sollte, ist sein Scheitern schon nach wenigen Tagen offensichtlich.

o    Deutsche Medien geben allerdings der italienischen Regierung die Schuld: "Das chronisch schwache Wachstum Italiens, die hohe Schuldenlast und die mangelnde politische Durchsetzungskraft der Regierung in Rom belasten die gesamte Euro-Rettung immer stärker."[3]

Alle Sinne beisammen

–   Mit dem Versicherungsmodell für Staatsanleihen hat Berlin de facto die Kreditversicherungen für faule Hypothekenpapiere kopiert, die auf dem Höhepunkt der Immobilienblase den Anlegern eine trügerische Sicherheit vorgaukelten – bis die Kreditversicherer selbst bankrott gingen.

–   Offenbar haben die meisten Anleger die fatalen Scheinversicherungen (CDS, "Credit Default Swaps") noch lebendig genug in Erinnerung, um das deutsche Staatsanleihen-Versicherungsmodell zu ignorieren.

–   Niemand, der noch "alle Sinne beisammen" habe, werde CDS als Absicherung akzeptieren, wenn selbst ein 50-Prozent-Schuldenschnitt Griechenlands einen solchen Versicherungsfall nicht auslöse, wird ein Finanzmanager in der US-Presse zitiert: "Jetzt besteht die einzige Absicherung im Verkaufen."[4]

–   Damit droht die Zinsdynamik, die im Falle Griechenlands fatale Folgen hatte, auch auf andere Eurostaaten überzugreifen.

–   Keynesianische Ökonomen wie der Nobelpreisträger Paul Krugman argumentierten bereits vor dem EU-Gipfel, nur noch faktische Gelddruckerei durch den massiven Aufkauf von Staatsanleihen durch die Europäische Notenbank EZB könne die Eurokrise abmildern.[5] Berlin jedoch opponiert weiterhin gegen solche Notmaßnahmen.

Ökonomie statt Krieg

–   Die umfassende Durchsetzung der deutschen Linie in der Krisenpolitik der EU hält die Kosten für Deutschland und die übrigen nördlichen Eurostaaten vergleichsweise niedrig und ermöglicht ein fortgesetztes Ausplündern der südlichen Euroländer (german-foreign-policy.com berichtete [6]),

–   beschleunigt aber zugleich die Krisendynamik und scheint geeignet, die südlichen Eurostaaten in ein wirtschaftliches Desaster zu führen.

–   Janwillem Acket, Chefvolkswirt der Schweizer Privatbankengruppe Julius Bär, fasst das nahezu vollständig durchgesetzte Diktat Berlins in klaren Worten zusammen: "Die Gruppe um Deutschland hat sich durchgesetzt."[7] Zudem kocht in vielen Ländern die Wut auf den deutschen "Zuchtmeister" hoch; die Stimmung wendet sich in Südeuropa und in Frankreich immer stärker gegen die Bundesrepublik.

–   Die von Berlin durchgesetzten Austeritätsmaßnahmen hätten in Griechenland "historische Feindschaften" wiederbelebt und die Zerstörung des Landes durch das NS-Reich in Erinnerung gerufen, heißt es in aktuellen Berichten. Der für die renommierte Zeitung Eleftherotypia tätige Cartoonist Stathis Stavropoulos etwa wird mit den Worten zitiert, Deutschland versuche nun mit "ökonomischen Mitteln" das zu erreichen, woran es im "Zweiten Weltkrieg mit Waffengewalt" gescheitert sei. Infolge der sich zunehmend gegen Deutschland wendenden Stimmung begegneten immer mehr Griechen, heißt es, auch deutschen Touristen mit Groll.[8]

In die Katastrophe

–   Auch in Rom nimmt nach den heftigen Attacken von Merkel und Sarkozy gegen den italienischen Regierungschef Berlusconi beim Krisengipfel letzte Woche der Unmut über die Bundesrepublik zu.

o    Staatspräsident Giorgio Napolitano sprach von "unpassenden und unangenehmen öffentlichen Äußerungen" des deutsch-französischen Führungsduos.[]  Berlusconis rechter Koalitionspartner Umberto Bossi erklärte rundweg, seine Regierung könne nicht einfach das Rentenalter anheben, "nur um den Deutschen einen Gefallen zu tun."[9]

o    In Frankreich wiederum prangert vor allem die linke Opposition die Berliner Dominanz innerhalb der EU an; sie sei nun, heißt es, durch die Gipfelbeschlüsse zementiert worden. "Ein Europa auf deutsche Art führt in die Katastrophe," warnte etwa der Präsidentschaftsanwärter Jean-Luc Mélenchon.[10]

Weitere Berichte und Hintergrundinformationen zur Euro-Krise finden Sie hier: Die deutsche Transferunion, Die Germanisierung Europas, Teilsieg für Deutsch-Europa, Aus der Krise in die Krise, Steil abwärts, Alles muss raus!, Im Mittelpunkt der Proteste, Der Wert des Euro, Die Widersprüche der Krise, Der Krisenprofiteur, In der Gefahrenzone, Erkenntnisse einer neuen Zeit, Souveräne Rechte: Null und nichtig, Die Folgen des Spardiktats und Auf Kollisionskurs.

[1] Was Merkel und Co. beschlossen haben; www.spiegel.de 27.10.2011

[2] s. dazu Aus der Krise in die Krise und Steil abwärts

[3] Italien schimpft auf Kanzlerin und Deutsche; www.spiegel.de 25.10.2011

[4] Why ‘Voluntary’ Haircuts On Greek Bonds Will Haunt Europe; www.forbes.com 27.10.2011

[5] Paul Krugman: The Hole in Europe’s Bucket; www.nytimes.com 23.10.2011

[6] s. dazu Alles muss raus!

[7] Ackermann lobt den Gipfel; www.n-tv.de 27.10.2011

[8] Cartoons, art point at revived historical enmity; www.athensnews.gr 26.10.2011. S. auch Die Folgen des Spardiktats

[9] Italien schimpft auf Kanzlerin und Deutsche; www.spiegel.de 25.10.2011

[10] Frankreichs Linke pestet gegen "deutsches Europa"; www.welt.de 27.10.2011

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Europa auf deutsche Art (II)
01.11.2011

BERLIN/FRANKFURT AM MAIN

–   (Eigener Bericht) – Nach dem deutschen Sieg auf dem Euro-Krisengipfel bereitet Berlin die nächsten Schritte zum Ausbau seiner Hegemonie über Europa vor. Möglichst rasch soll die Option in den EU-Verträgen verankert werden, direkt in die nationalen Etats verschuldeter Staaten eingreifen zu können. Das entzöge Kernbereiche staatlichen Handelns der demokratischen Kontrolle und öffnete besonders die südlichen Euroländer auf Dauer einem direkten Zugriff Berlins.

–   Zugleich treibt die Bundesregierung den Umbau der Eurozone zu einem zukünftigen Kerneuropa voran.

Bereits letzte Woche wurden die Nicht-Eurostaaten – darunter Großbritannien – von bedeutenden Gipfelentscheidungen ausgeschlossen. Damit entstehe eine Art Zwei-Klassen-Europa, urteilen Experten und warnen angesichts der deutschen Dominanz, Berlin dürfe nicht "das neue Brüssel" werden. Deutsche Medien begleiten den Berliner Gipfelsieg mit lautem Jubel sowie mit teilweise unverhülltem Chauvinismus, der den Charakter der durchbrechenden Herrschaft Berlins erahnen lässt.

Haushalts-Oktroy

Zu den Schritten, mit denen Berlin nach seinem Sieg auf dem Euro-Krisengipfel vergangene Woche [1] seine offene Hegemonie auszubauen sucht, gehört insbesondere die Option, unmittelbar in die nationalen Haushalte der Euroländer einzugreifen.

–   Bereits vor dem Gipfel sind entsprechende Pläne des deutschen Außenministeriums bekanntgeworden. Demnach soll es in Zukunft möglich sein, verschuldeten Staaten der Eurozone unter Umständen einen Etat faktisch zu oktroyieren. Dazu heißt es im diplomatischen Sprachgebrauch des Auswärtigen Amts, man könne es sich als "ultima ratio" vorstellen, dass Brüssel die jeweils betroffenen Regierungen bei der Umsetzung "administrativer Maßnahmen" auch "aktiv unterstütze"; dabei gehe es etwa um die Kürzung von Sozialleistungen.[2]

–   Die Gestaltung des Etats in eigener Regie gehört zum Kernbestand parlamentarischer Demokratien. Den Plan der niederländischen Regierung, das Durchgriffsrecht auf die nationalen Haushalte einem EU-"Stabilitätskommissar" zu übertragen, lehnt Berlin ab, weil ein "Durchgriff" auf den deutschen Etat nicht mit förmlicher Sicherheit ausgeschlossen werden kann; man wolle die Etatautonomie des Bundestages nicht beschädigen, heißt es zur Begründung. Allerdings sei es vorstellbar, dass der EU-"Stabilitätskommissar" die Auszahlung von EU-Geldern an widerspenstige Staaten unterbinde, heißt es im Auswärtigen Amt. Damit würden die ärmeren Länder Südeuropas schwer getroffen.

Der Friede in Europa

–   Wie die Bundeskanzlerin erklärt, sollen die sogenannten Durchgriffsrechte in die EU-Verträge aufgenommen werden. Setzt sich Berlin mit dieser Forderung durch, müssen in sämtlichen 27 EU-Mitgliedstaaten die unumgänglichen Ratifizierungsprozesse eingeleitet werden. Weil zumindest in einigen Staaten mit einer klaren Ablehnung durch die Bevölkerung zu rechnen ist – keineswegs nur in Griechenland, sondern etwa auch in Großbritannien -, müssten Referenden dort konsequent vermieden werden.

–   Die deutsche Kanzlerin verknüpft die Berliner Forderungen zum wiederholten Male [3] mit kaum verhohlenen Drohungen. Wörtlich erklärte sie am vergangenen Mittwoch, dem 26. Oktober 2011, im Deutschen Bundestag: "Zum Schluss ein persönliches Wort: Niemand sollte glauben, dass ein weiteres halbes Jahrhundert Frieden und Wohlstand in Europa selbstverständlich ist. Es ist es nicht. Und deshalb sage ich: Scheitert der Euro, dann scheitert Europa, und das darf nicht passieren."

Die deutsche Eurozone

–   Schwer wiegt neben den Plänen für einen Haushalts-Oktroy auch der Umbau der Eurozone zu einem künftigen Kerneuropa, den die Bundesregierung offenkundig vorantreibt. Bereits beim Euro-Krisengipfel in der vergangenen Woche waren die Nicht-Eurostaaten – darunter Großbritannien und Polen – von den Entscheidungen ausgeschlossen worden, obwohl ihnen weitreichende Bedeutung für die gesamte EU zukommt. Zur Begründung hieß es, über den Euro dürften nur die Euroländer entscheiden. Damit entstehe eine Art Zwei-Klassen-Europa, urteilen Experten.

–   Auf der einen Seite könne man von einer "deutschen Eurozone" sprechen; Berlin sei dabei, "das neue Brüssel zu werden". Die "deutsche Eurozone" könne, sofern sie sich stärker einer politischen und fiskalischen Einheit annähere und den Zutritt zum Euro offenhalte, ein "Magnet" werden, der stets neue Länder anziehe.

–   Andererseits entstehe eine Art zweiter Ring aus EU-Staaten ohne den Euro, dessen totale Abkoppelung verhindert werden müsse.

–   Gelinge es jedoch, diesen zweiten Ring zu stabilisieren, dann werde es möglich, etwa die Türkei und sogar die Ukraine in ihn und damit in die EU einzubeziehen.[4] Echten Einfluss auf die zentralen Entscheidungen, die in der "deutschen Eurozone" getroffen werden, erhielten sie damit genauso wenig wie etwa Großbritannien und Polen.

Nicht mit letzter Kraft

–   Deutsche Medien begleiten den Berliner Gipfelsieg mit lautem Jubel und teilweise offenem Chauvinismus. So heißt es etwa in der Frankfurter Allgemeinen Zeitung, die in den deutschen Eliten aufmerksam gelesen wird, "die Griechen" hätten sich in den Brüsseler Debatten "nicht mit letzter Kraft um ihre Schicksalsfrage" bemüht, "so dass man ihnen die Verhandlungsführung im Laufe des Abends irgendwann aus der Hand nahm". Der griechische Ministerpräsident habe sich nach dem Gipfel bei der Bevölkerung seines Landes "für die Opferbereitschaft" bedankt [5]; die sogenannte Troika aus EU, IWF und EZB werde künftig "ständig im Land präsent sein und darüber wachen, dass die Griechen ihr Land auch wirklich reformieren".

Die strenge Kanzlerin

–   Der italienische Premierminister, heißt es weiter, sei seinerseits mit einem "15 Seiten starken Brief nach Brüssel gekommen", in dem – "wie von Frau Merkel und Sarkozy bestellt" – "die künftigen Reformen seines Landes beschrieben werden".[6] "Die strenge Kanzlerin" habe "mit Wohlwollen" vermerkt, dass Rom seine Schulden zu senken gelobe. "Auch sonst" sei in dem Brief aus Italien "alles fein säuberlich mit Fristen und Zahlen versehen" worden, "so dass die ‘Chefs’ freundliche Zustimmung äußern konnten und allenfalls anmerkten, dass es nun aber bitteschön auf die Umsetzung ankomme". "Die EU-Kommission", heißt es weiter, "wurde beauftragt, alles zu kontrollieren, sicher ist sicher".

Im Vorprogramm

–   Über den Ausschluss der Nicht-Eurostaaten, darunter Großbritannien und Polen, von den zentralen Entscheidungen des Krisengipfels heißt es in der Frankfurter Allgemeinen: "Für zwei Stunden nach Brüssel zu kommen, um als Vorprogramm eines großen Euro-Rettungsgipfels aufzutreten, sei für Leute wie den britischen Premierminister Cameron ‘psychologisch sicher nicht ganz einfach’ gewesen, bemerkte ein Beamter aus einem Euroland."[7]

–   "Dass ein Teil der Staats- und Regierungschefs auf einen wichtigen EU-Beschluss warten muss wie der gemeine Bürger, das hat es in der Geschichte der Integration auch noch nicht gegeben." Der polnische Ministerpräsident etwa habe geklagt: "Über das Ergebnis kann ich jetzt kein Ratespiel veranstalten, in ein paar Stunden wissen wir, wie es ausgeht." Der Mann habe sich, schreibt die Frankfurter Allgemeine weiter, allerdings damit "trösten" können, "das Polen in ein paar Jahren auch Mitglied der Eurozone sein" und dann wieder mitentscheiden dürfen werde.

Die Kanzlerin Europas

–   Die Verhältnisse, die nun anbrechen, hat zu Jahresbeginn die führende Zeitschrift auf dem Gebiet der deutschen Außenpolitik vorweggenommen – provozierend, wie es damals empfunden wurde, realistisch, wie es heute scheint. Die Zeitschrift Internationale Politik hatte damals Angela Merkel zur "EU-Kanzlerin" ausgerufen. Es sei ihr gelungen, sich "im Kreis der 27 Staats- und Regierungschefs" eine Art "Richtlinienkompetenz" zu verschaffen.

–   Betrachte man die Führung der EU als "Regierung", dann sei es möglich, "Rollen zuzuweisen". Frankreichs Staatspräsident stehe dabei "zweifellos die Rolle des Vizekanzlers" zu, der zwar "durchaus die Initiative" übernehmen, "aber im Konfliktfall von der Kanzlerin immer wieder gebremst werden" könne. Der EU-Ratspräsident Herman Van Rompuy fungiere wiederum als eine Art "Kanzleramtschef", der "zwischen den verschiedenen Lagern einen Ausgleich suchen" müsse, "dabei aber immer Gefahr läuft, von der Regierungschefin und ihrem Vize (…) kurzerhand korrigiert zu werden" (german-foreign-policy.com berichtete [8]). Die Beschreibung kommt den aktuellen Verhältnissen erstaunlich nahe.

[1] s. dazu Europa auf deutsche Art (I)

[2] Westerwelle fordert Möglichkeit von Staatsinsolvenzen; www.sueddeutsche.de 21.10.2011

[3] s. dazu Eine Frage von Krieg und Frieden in Europa und Das Brecheisen als Führungsinstrument

[4] Germany in Europe: the Euro matters in foreign policy; ecfr.eu 28.10.2011

[5], [6], [7] Angstfrei die Freiwilligkeit erzwungen; Frankfurter Allgemeine Zeitung 28.10.2011

[8] s. dazu Die Kanzlerin Europas

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