GRAMSCI, Gennaro “Nannaro”

(Ghilarza, 1884 – Roma, 1964), impiegato

 

 

Gennaro Gramsci detto Nannaro, il fratello maggiore di Antonio, primogenito della famiglia, è stato molte cose: socialista, comunista, sindacalista, anarchico. Antonio, di sette anni più giovane, lo ha citato spesso nelle sue lettere dal carcere attribuendogli il merito di averlo iniziato alla politica. Una sintesi di 20 righe della vita di Gennaro Gramsci è contenuta nel primo volume dell’Epistolario di Antonio Gramsci, edito nel 2009 dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Si legge nella scheda curata da Luigi Manias: “Ritornò socialista da Torino, dove fece il servizio militare dal dicembre 1904 al maggio 1906, proseguito poi a Ozieri sino al settembre 1907. Lavorò inizialmente all’Ufficio delle imposte dirette e del catasto di Ghilarza. Nel 1908 si trasferì a Cagliari presso il corrispondente ufficio per poi, pochi mesi dopo, impiegarsi nella fabbrica del ghiaccio di Francesco Marzullo, nei pressi del porto. Membro, dal dicembre 1909 dell’esecutivo della Camera del Lavoro di Cagliari con la carica di cassiere, svolse anche un’attività politica diventando segretario della sezione socialista di Cagliari. Condivise con il fratello Antonio, liceale, la stanza di affitto, ma anche le assidue frequentazioni con i leader del socialismo sardo (Cavallera, Bartelli, Pesci). Tornò sotto le armi dal maggio 1912 al maggio 1914 e dall’aprile 1916 al dicembre 1918. A Cagliari conobbe Rina, una giovane operaia della manifattura tabacchi, dalla quale nel 1920, ebbe una figlia: Edmea. A Torino, dove si trasferì nel 1922, chiamato dal fratello Antonio, collaborò a L’Ordine nuovo, di cui fu anche amministratore. Durante la strage di Torino fu aggredito e ferito dai fascisti.

Nel 1923 fu emesso a suo carico un mandato di cattura per omessa denuncia d’armi e mancata consegna d’esplosivi. Fu però assolto dall’imputazione lo stesso anno. Nel gennaio del 1925 si allontanò da Torino, diretto in Francia, e da lì in Russia. Nel 1930, di rientro dall’Argentina, fu a Liegi, dove lavorò alla riorganizzazione e al coordinamento dei fuoriusciti antifascisti. Risiedette prevalentemente in Belgio e fu miliziano in Spagna in un battaglione libertario non meglio specificato.  Internato in Francia nel campo di concentramento di Gurs Ilot, alla fine degli anni Quaranta tornò a Ghilarza dove visse in casa della sorella Teresina per due anni, per poi trasferirsi definitivamente a Roma, dove fu cassiere nella farmacia dell’anarchico Costa, nel quartiere Garbatella”.

Un corposo fascicolo su Gennaro Gramsci è conservato al Casellario politico dell’Archivio di Stato. Schedato come comunista pericoloso, un cenno biografico della Prefettura di Cagliari datato 30 maggio 1930 lo descrive di corporatura robusta e statura media, con i capelli folti e castani, la fronte rettilinea e il naso largo. Poi informa: “Dimostrò fin dalla giovinezza sentimenti sovversivi. Trattasi di individuo di comune educazione, intelligenza e cultura, ma propagandista attivo, instancabile ed efficace.”

Importante, per tracciare il profilo umano e politico di Gennaro Gramsci, l’episodio che accadde proprio nel 1930. Sapendo che si recava spesso a Turi per visitare il fratello in carcere, Togliatti lo incaricò di chiedere ad Antonio cosa pensasse della linea del Partito. Era il periodo in cui nel gruppo dirigente vi erano enormi contrasti, per volere di Mosca erano stati espulsi tutti i trotskisti. Gennaro, dopo aver incontrato Antonio in giugno, rientrò a Parigi e riferì a Togliatti: “Nino è completamente d’accordo con voi”. Non era vero. Lo confidò agli inizi degli anni Sessanta a Giuseppe Fiori, impegnato a scrivere la prima biografia di Antonio Gramsci. Antonio, messo a conoscenza dell’espulsione di Leonetti, Tresso e Ravazzoli, si dimostrò in realtà molto perplesso della nuova linea dell’Internazionale e giudicò troppo affrettata la condivisione di Togliatti. Gennaro spiegò di aver mentito al solo scopo di proteggere il fratello, temeva che se si fosse conosciuta la sua vera posizione neanche lui si sarebbe salvato dall’accusa di opportunismo e quindi dalla messa al bando.

Il definitivo allontanamento di Gennaro Gramsci dalle posizioni comuniste, è sancito dalla sua partecipazione alla guerra civile spagnola in un battaglione anarchico e l’adesione al gruppo Libertà o morte. Il suo nome compare in un elenco redatto nel marzo del ’39 di 117 anarchici (tra cui Calderara, GimenezFilippo ColomboGiuseppe Borgo) fuggiti dalla Spagna dopo la vittoria franchista e trattenuti nel campo di concentramento di Argelès-sur-Mer, non distante da Perpignan. C’è un altro documento che lo riguarda, inviato in Unione Sovietica nell’estate del 1939, dove Gennaro compare in un elenco di internati ritenuti politicamente molto sospetti in quanto non comunisti. L’anarchismo di Gennaro Gramsci è confermato anche da Antonio Failla. Si legge in un suo scritto intitolato “Per ricordare Camillo Berneri”, contenuto in Insuscettibile di ravvedimento, pubblicato nel 1993 dalle edizioni La Fiaccola: “Oggi si commemora Gramsci. Anche noi anarchici ricordiamo la lotta che egli sostenne insieme ai nostri compagni Maurizio Garino, Pietro Ferrero ed altri per i Consigli di fabbrica. Nel pensiero gramsciano, come nel marxismo prima della conquista del potere, si trovano venature libertarie. Ricordiamo Antonio Gramsci come lo ricordò Camillo Berneri. Ed associamo il suo ricordo con quello del fratello, Gennaro Gramsci, morto l’anno scorso a Roma, che fu sua guida nella infanzia socialista in Sardegna, e finì i suoi ultimi giorni anni di vita nelle file anarchiche di Roma”.

Gennaro Gramsci è stato vittima all’età di ottant’anni di un incidente stradale: travolto da un’auto mentre attraversava la strada. Abitava al Testaccio, in via Vanvitelli 6, a due passi dal cimitero acattolico dove sono tuttora sepolte le ceneri di Antonio. Si recava tutti i giorni alla Garbatella, nella farmacia del suo amico Costa, a fargli da cassiere e ad aiutarlo nella contabilità.  Secondo Giuseppe Fiori è deceduto il 30 ottobre 1964, secondo altre fonti il 2 novembre. Quel che risulta dal suo fascicolo conservato all’Archivio di Stato di Roma è che nel 1958 ha presentato domanda al ministero del Tesoro per ottenere i benefici della legge n. 96 del 10 marzo 1955, relativa alle “provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro famigliari superstiti.” Ha scritto tra l’altro nelle motivazioni che nel dicembre del ’22 venne picchiato dai fascisti a Torino e che in conseguenza di quelle percosse perse un dito.

Il ministero del Tesoro, prima di dare corso alla pratica, interpellò le varie questure interessate. Da Torino, Cagliari e Roma risposero che “nulla risultava” delle percosse subite. Non trovano neppure traccia del mandato di cattura per omessa denuncia d’armi e mancata consegna d’esplosivi dal quale fu colpito nel ’23 e in conseguenza del quale decise di riparare in Francia. Non è dato sapere come è finita la questione.

Gennaro Gramsci riposa al cimitero del Verano.

Massimo Lunardelli

 

FONTI: M. Lunardelli, Gramsci l’anarchico, «Pagine Marxiste», marzo 2023

 

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