Bush invita l’orgoglioso Egitto a farsi contagiare dalla grande riforma

Gli inviti di BUSH ai paesi del Medio Oriente a democratizzarsi non trovano riscontri in EGITTO, dove le riforme economiche non sono accompagnate da riforme politiche

Il Cairo. Nel discorso sullo Stato dell’Unione il presidente americano, George W. Bush, non si è limitato ad auspicare la diffusione della democrazia nel Grande medio oriente: ha fatto i nomi dei primi da “contagiare”. “L’Arabia saudita può dimostrare la sua leadership nella regione espandendo il ruolo della sua popolazione nel determinare il proprio futuro. E la grande e orgogliosa nazione d’Egitto, che ha mostrato la via verso la pace in medio oriente, può ora indicare la strada verso la democrazia in medio oriente”. Martedì a Sharm el Sheikh, il rais egiziano Hosni Mubarak aprirà un vertice in cui il premier israeliano, Ariel Sharon, il leader dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e il re Abdullah di Giordania parleranno di pace. Sharon arriva con l’intenzione di annunciare la liberazione di 900 detenuti palestinesi e il ritiro da cinque città della Cisgiordania. Il rais egiziano sembra pronto a rispondere con la decisione di far tornare il suo ambasciatore in Israele. Amman sta valutando di fare altrettanto.

Se Mubarak media bene nella regione, tanto da occuparsi anche delle trattative tra Hamas e Anp, sul piano interno, però, l’immobilismo politico dell’Egitto è stato solo in parte scalfito. Il rimpasto di governo, l’anno scorso, ha creato grandi aspettative . Per la prima volta non si è trattato solo di un’operazione cosmetica. Il presidente – sotto la spinta del figlio Gamal, che molti vedono futuro rais – di ritorno da un’operazione in Germania, che aveva fatto temere per la sua vita e aveva dato il via alle illazioni sulla successione, ha dato un colpo alla “vecchia guardia” del suo Partito nazional-democratico, introducendo nuove facce. La popolazione chiedeva riforme per risanare un’economia in recessione dall’inizio degli anni 90. “Mubarak rientra da un’operazione chirurgica semplice per una grande operazione chirurigica economica”, titolava al Hayat. Il premier Ahmed Nazif, politico giovane per gli standard egiziani, 52 anni, ha introdotto grandi novità in economia, come ha scritto il Wall Street Journal. In un paese di 75 milioni di abitanti, dove fino a pochi mesi fa si formavano impressionanti code davanti ai panettieri, l’inflazione è al 15 per cento e il prezzo degli alimentari è in crescita, Nazif ha ridotto del 40 per cento le tariffe doganali, dimezzato le imposte sul reddito, firmato un accordo di libero scambio con Israele e Stati Uniti, attirandosi critiche dalla stampa antiamericana e antiisraeliana. Sul piano politico, però, le riforme tardano ad arrivare. In Afghanistan, Palestina e Iraq si sono tenute elezioni democratiche. A settembre, invece, il più importante tra i paesi arabi andrà alle urne per votare con un referendum-plebiscito il suo presidente. Ma non c’è campagna elettorale, perché la Costituzione prevede che il candidato sia unico e scelto dal Parlamento, e il candidato, per la quinta volta, è Mubarak.

Ma la svolta politica non c’è ancora. Arresti

Le riforme non sono arrivate, ma parlarne ha comunque movimentato la vita politica del paese, infondendo coraggio all’opposizione . Tre intellettuali – Saad Eddin Ibrahim, direttore del Centro Ibn Khaldun, la scrittrice Nawal Sadawi e l’ex parlamentare Mahmud Farid Hassanein – stanno raccogliendo firme per emendare la Carta fondamentale e potersi candidare. Mubarak e soprattutto il figlio Gamal da tempo utilizzano toni che hanno acceso flebili speranze di rinnovamento, mentre è circolata anche la voce di una possibile sospensione dello stato d’emergenza in vigore dalla morte di Sadat nel 1981. Ma l’ingranaggio delle tiepide aperture si è più volte inceppato. Il 28 gennaio tre attivisti socialisti – Baho Bakhsh (studente saudita all’American University del Cairo), Marwa Faruq (avvocato), e Ibrahim el Sahar (giornalista) – sono stati arrestati alla Fiera del Libro del Cairo per aver distribuito volantini su una manifestazione indetta per domani contro il quinto mandato di Mubarak. Ayman Nour, fondatore di al Ghad, il Domani, partito d’opposizione liberale, nato tre mesi fa, è stato privato dell’immunità parlamentare e arrestato. “Negli ultimi anni, anche prima dell’11 settembre, in medio oriente c’era chi si muoveva per mettere fine alla stagnazione politica – dice al Foglio Hala Mustafa, ricercatrice del Centro di Studi politici e strategici del quotidiano al Ahram – Quando l’America ha adottato il suo discorso politico rivoluzionario sulle riforme nel medio oriente, ha attivato il dibattito interno sulla questione e ha incoraggiato gran parte degli arabi liberali a esprimere le loro opinioni. Ma ci sono i governi. Se rispondessero, anche gradualmente, questo aiuterebbe”.

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