Classi di “inserimento” per alunni stranieri:

separarli da piccoli perché si dividano da grandi
All’interno del complessivo attacco alla scuola, la Lega ha colto l’occasione per una sua mozione discriminante e fomentatrice di razzismo nei confronti degli alunni stranieri; la Camera ha approvato sia pure per una manciata di voti. Secondo questa mozione l’ammissione in classe dello studente straniero è condizionata dal “ superamento di test e specifiche prove di valutazione”; in caso di insuccesso lo si dirotta nelle classi di inserimento.
La mozione della Lega richiama dati di fatto oggettivi (gli alunni stranieri nelle classi sono ormai quasi 700 mila, si concentrano nel Centro Nord e in alcuni quartieri raggiungono 50% dei frequentanti; in Italia sono presenti circa 170 nazionalità, eterogeneità che rende più complicato l’inserimento).Lo Stato italiano ha reagito all’aumento esponenziale degli alunni stranieri nelle classi con la politica dello scaricabarile: ampie e generose indicazioni pedagogiche e morali, pochi mezzi. In altre parole, ha “scaricato” la soluzione dei problemi sulle scuole e le comunità locali, che hanno reagito con maggiore o minore sensibilità, professionalità e accoglienza.
La Lega può così avere buon gioco a raccogliere e utilizzare le paure di una parte dei genitori: la presenza degli stranieri inciderà negativamente sul rendimento scolastico degli alunni italiani? Diventeremo “minoranza in casa nostra”? Perderemo la nostra “identità culturale”? Paure comprensibili nei singoli individui, ma da respingere come risposta collettiva.
Ma la Lega raccoglie anche il senso di solitudine e la frustrazione dei docenti.

È inaccettabile che la Lega mascheri la volontà di creare classi ghetto con la dichiarazione che la proposta mira al “successo scolastico degli alunni stranieri”. E non meglio fanno coloro che negano il problema o sostengono che va bene come funziona adesso.

Alla faccia dell’ipocrita immagine di una Italia accogliente che anche certa sinistra tende ad accreditare, i ghetti erano una pratica diffusa nell’Italia degli anni ’70: nelle classi “differenziali” del Nord finivano i ragazzi meridionali o veneti, quelli con handicap più o meno grave, i ragazzi difficili o semplicemente i poveri. Gli studenti di queste classi raramente proseguivano gli studi. L’Italia ancora si trascina come una palla al piede la modesta scolarizzazione della sua forza lavoro. Oggi spesso gli immigrati adulti, i cui costi di formazione sono stati sopportati da altri paesi, hanno un titolo di studio più alto degli italiani. Ma non si vuole che i loro figli acquisiscano, assieme ai nostri, un’istruzione adeguata.

La mozione della Lega propone anche di limitare il numero per classe di quei ragazzi stranieri che non si possono escludere. Ma perché ci sono classi in cui gli studenti stranieri sono così tanti? Talvolta è una scelta degli istituti o, più spesso, perché i ghetti esistono nelle condizioni abitative prima che nella scuola. Ed è profondamente ipocrita sottacerlo. La segregazione è un fattore sociale prima che etnico, linguistico o religioso. E si vuole separare i bambini per impedire che si conoscano e solidarizzino da grandi.

Non a caso l’educazione separata è diffusa in Gran Bretagna, l’esclusione dalla classe se non si sa la lingua vale in Germania. In Francia si è tentata la via dell’integrazione a scuola, ma l’esistenza di ghetti abitativi e la discriminazione nelle opportunità di lavoro ha fatto scoppiare la rivolta delle banlieues.

Una condizione di esclusione e di supersfruttamento dell’immigrato, di prima seconda e terza generazione, giova a chi nella divisione dei lavoratori e dei loro figli vede uno strumento di controllo e di profitto. Ieri la divisione da sottolineare e utilizzare era fra lavoratori del nord e lavoratori meridionali, oggi fra lavoratori italiani e stranieri.

Insieme a scuola oggi, insieme per difendere le condizioni di vita e di lavoro domani !

                                                                                                                                  Pagine Marxiste

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