Crescono le esportazioni di armi + vari

Il Sole 24 Ore
 
29 Marzo 2008
Crescono le esportazioni di armi
di Gianni Dragoni

È aumentato anche nel 2007 l’export di armi prodotte dall’industria italiana. La crescita è stata del 9,4% a 2.369 milioni di euro complessivi, considerando il valore delle esportazioni definitive.

Sono esclusi i dati relativi alle autorizzazioni all’export per programmi intergovernativi, cioè le produzioni in cui sono coinvolte industrie di più Paesi, pari a 1.846 milioni. Tra queste spicca l’Eurofighter.
Lo rende noto il Rapporto annuale al Parlamento della Presidenza del Consiglio. L’incremento è significativo perché viene dopo un periodo di impetuosa crescita: il 2006 aveva segnato infatti un incremento del 61% del valore delle licenze di esportazione rilasciate dal ministero degli Esteri.
«L’industria italiana per la difesa ha di fatto consolidato e rilanciato la propria capacità produttiva nel campo delle esportazioni di materiale per la sicurezza e difesa – si legge nel rapporto – confermandosi capace di rimanere competitiva in aree tecnologiche d’avanguardia». Fra le esportazioni autorizzate emergono «l’importante commessa verso il Pakistan per sistemi di difesa antiaerea di punto e le commesse per pattugliatori ed artiglierie navali per la Turchia».

L’azienda al primo posto per valore è Mbda Italia, società missilistica del gruppo Finmeccanica, con 442,9 milioni per la vendita al Pakistan di missili antiaerei Spada. Il Pakistan è al primo posto tra i Paesi destinatari delle armi italiane, con quasi il 20% del totale, pari a 471,6 milioni, davanti a Finlandia (250,96 milioni), Turchia (174,57 milioni), Gran Bretagna (141,77 milioni) e Stati Uniti (137,72 milioni). Al settimo posto la Malaysia, 120 milioni per la fornitura di addestratori Aermacchi Mb339 e sistemi d’artiglieria navale.
Il contratto per i missili al Pakistan è stato autorizzato verso la fine dell’anno. La Farnesina ha atteso diverse settimane prima di firmare la licenza, per l’imbarazzo legato alla delicata situazione politica del Paese.
La seconda azienda esportatrice è la Intermarine, nel settore navale, che fa capo alla Immsi di Roberto Colaninno, con 244,8 milioni. Quindi Fincantieri (191,6 milioni), AgustaWestland (190) e Oto Melara (167,65), entrambe controllate da Finmeccanica.
Nelle operazioni autorizzate del 2007 non c’è una maxicommessa già annunciata da Finmeccanica, la fornitura alla Turchia di elicotteri Agusta A129, perché non è completata la procedura di autorizzazione.

Nel capitolo dedicato alle banche finanziatrici dell’export, il Rapporto spiega che gli «importi autorizzati per istituti di credito» sono 1.224,8 milioni: al primo posto Unicredit banca d’impresa (183,27 milioni, il 14,96% del totale), seguita da Deutsche Bank (173,92 milioni), Intesa Sanpaolo (144,65). Più distanziate Citibank (84 milioni), Bnl (63,82), Abc International Bank (58), Cassa di risparmio di Bologna (53,66), Bnp Paribas (48,39), Hsbc Bank (27,18), Commerzbank (26,98).

29 Marzo 2008
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  RELAZIONE 2008 SULL’EXPORT DI ARMI ITALIANE: SPARITO L’ELENCO!
La Campagna segnala che dalla Relazione governativa 2008 sull’export di armi italiane è scomparso l’elenco con il valore monetario e Paese destinatario delle singole operazioni autorizzate alle banche: un elenco fondamentale per la nostra campagna. Riportamo qui di seguito il Comunicato stampa della Campagna e i primi commenti. (Nei prossimi giorni seguiranno aggiornamenti sulla Campagna).

Tra l’altro nel Rapporto 2008 della Presidenza del Consiglio la Tabella 16 è errata: la prima "banca armata" non è Unicredit ma Banca di Roma (che adesso sono lo stesso gruppo, ma i valori raddoppiano… metteremo la nostra Tabella dai dati esatti della Relazione del MEF a breve)
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EUROFINANZA   080403

 

Italia: nuovo record dell’export di armi. Unicredit prima “banca armata”
03-04-2008

 

Nuovo record per l’esportazione di armamenti italiani che nel 2007 sfiorano i 2,4 miliardi di euro con un incremento del 9,4% rispetto al 2006 grazie soprattutto ad un’autorizzazione per missili contraerei (di tipo Spada-Aspide prodotti dalla MBDA una controllata di Finmeccanica) verso il Pakistan: il regime di Islamabad con 471,6 milioni di euro si attesta come il primo compratore di armi “made in Italy”. Sono i primi dati del Rapporto annuale reso noto oggi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che sono stati presentati dall’Ufficio del Consigliere Militare ad una delegazione della Rete Disarmo.

Il 2007 registra la ripresa di autorizzazioni verso Paesi non appartenenti alla Nato e all’Unione Europea che, con oltre 1,1 miliardi di euro, raggiungono il 46,5% di tutte le esportazione di armi italiane. Si conferma così quanto le analisi di Rete Disarmo evidenziano da tempo: nonostante una legge considerata “restrittiva” come la 185, dalla sua entrata in vigore nel 1990 ad oggi più del 40% di armi italiane è stata diretta a nazioni che non appartengono alle principali alleanze economiche e militari del nostro Paese.

Nel 2007, tra i maggiori acquirenti di armi italiane figurano infatti oltre al già citato Pakistan (471,6 milioni di euro di autorizzazioni), la Turchia (174,6 milioni di euro), la Malaysia (119,3 milioni) e l’Iraq (84 milioni di euro). Proprio il Pakistan e la Turchia sono stati oggetto nei mesi scorsi dell’attenzione di due specifici comunicati di Rete Disarmo che, in considerazione delle tensioni interne e delle politiche militari dei due paesi, aveva esplicitamente chiesto al Governo italiano una sospensione delle esportazioni di armi italiane.

Tra le nazioni Nato/Ue che commissionano armi italiane vanno ricordate invece la Finlandia (250,9 milioni di euro), Regno Unito (141,8 milioni), Stati Uniti (137,7 milioni), Austria (119,7 milioni) e Spagna (118,8 milioni).
Oltre alle autorizzazioni crescono anche le consegne definitive di armamenti che, come riporta l’Agenzia delle Dogane, superano gli 1,23 miliardi di euro a fronte dei 970 milioni del 2006. Forte incremento anche dei “Programmi intergovernativi” che – per l’arrivo a regime di diversi programmi, sfiorano nel 2007 i 1,85 miliardi di euro.

Record anche per le operazioni autorizzate alle banche che salgono ad oltre 1,2 miliardi di euro. “Dai primi succinti dati il gruppo Unicredit con oltre 183 milioni di euro di operazioni si profila come la prima banca d’appoggio al commercio di armi del 2007 nonostante la policy di ‘uscita progressiva dal settore’ annunciata fin dal 2001 dal suo Amministratore delegato” – sottolinea Giorgio Beretta della Campagna ‘banche armate’. “Unicredit lo scorso anno ha acquisito Capitalia ma non ha ancora definito una linea di comportamento per quanto riguarda questo tipo di operazioni: c’è da augurarsi che questi nuovi dati non stiano a significare un ripensamento di quanto finora dichiarato da parte di Unicredit che ormai è un gruppo con operatività internazionale” – aggiunge Beretta.

Diminuiscono, invece, le operazioni del gruppo IntesaSanPaolo: un primo effetto della nuova policy entrata in vigore solo nel luglio scorso, ma che già sembra presentare risultati positivi, anche se – data la natura delle operazioni – è pensabile che occorrano alcuni anni per non veder più apparire il gruppo nell’elenco del Ministero delle Finanze per operazioni riguardanti i servizi d’appoggio al commercio di armi.
“Preoccupa invece soprattutto la crecita di operazioni di istituti esteri come Deutsche Bank (173,9 milioni di euro), Citybank (84 milioni), ABC International Bank (58 milioni) e BNP Paribas (48,4 milioni) a cui vanno sommati i valori dell’acquisita BNL (63,8 milioni). Se siamo riusciti a portare diverse banche italiane ad esplicitare una policy precisa e il più possibile restrittiva in questa materia, dobbiamo creare la stessa azione di pressione sia in Italia sia negli altri paesi europei per quanto riguarda le banche estere” – conclude Beretta.

 

 

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