Armi e potenze nel Mediterraneo al tempo del coronavirus

LA MISSIONE IRINI (= pace, in greco)

Varata da Bruxelles, su sollecitazione Onu, la missione rappresenta una gara di ipocrisia fra Onu e UE (o come dichiara diplomaticamente il Sole 24 Ore del 16 maggio scorso: “un gap senza precedenti tra le dichiarazioni pubbliche e la situazione politico-militare sul terreno”). Su insistenza di Slovacchia e Ungheria la missione, iniziata il 4 maggio, si svolge nella zona di mare di fronte alla Cirenaica, lasciando scoperte le coste di Tripoli, per non incrociare le rotte dei migranti (e magari essere obbligati a salvarne qualcuno o a disturbare i traffici vegliati dalle motovedette libiche). Tutti sanno che pattugliare quel tratto di mare non può in alcun modo bloccare l’intero traffico di armi verso la Libia, perché non intercetta i rifornimenti di Emirati ed Egitto ad Haftar, che passano via terra. I flussi via aria di armi e uomini (per lo più inviati dalla Russia e dagli Emirati sempre ad Haftar) possono solo essere monitorati tramite satellite o aerei ricognitori. Al massimo Irini disturberà i rifornimenti turchi al governo di Tripoli. E infatti Serraj fin dall’inizio ha protestato che la missione avvantaggia solo Haftar e i suoi protettori francesi (Sole 24 ore 16 maggio 2020). In realtà Di Maio ha garantito che monitorerà coi mezzi aerei la frontiera fra Egitto e Libia. Comunque quand’anche le prove dei traffici arrivassero al Comitato Sanzioni dell’Onu, si arenerebbero davanti al veto di Russia e Cina.

Un’altra scrivania su cui le informazioni arriveranno è quella a Berlino di Angela Merkel. Il 19 gennaio scorso alla Conferenza di Berlino il governo tedesco ha sostenuto a gran voce l’embargo. Peccato che l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle sul suo sito web ne abbia smascherato l’ipocrisia, rivelando che tra il 20 gennaio ed il 3 maggio di quest’anno Berlino ha venduto armi all’Egitto per 308,2 milioni di euro, alla Turchia per 15,1 milioni ed agli Emirati Arabi Uniti per 7,7 milioni. E queste armi hanno preso direttamente la strada per la Libia, nel caso dei turchi per Tripoli e nel caso di egiziani ed emiratini per Tobruk.

Nei mesi di aprile e maggio la missione ha potuto disporre solo della fregata francese Jean Bart e di un aereo da pattugliamento fornito dal Lussemburgo. Poi si alterneranno una nave italiana e una greca. Il Consiglio dei ministri italiano ha inserito Irini nel decreto missioni solo il 21 maggio, disponendo che 500 uomini si alterneranno nella missione navale. Gli aerei da pattugliamento invece arriveranno da Germania, Polonia, Lussemburgo, Francia. L’Italia fornirà i droni. Malta si è già ritirata dalla missione, la Germania ha espresso la preoccupazione che quando la Grecia prenderà il comando navale aumentino le frizioni con la Turchia.