Guerra nel deserto/Spiegel, Il rischioso servizio amichevole della Germania/Humanitè, Alle origini della tragedia nel Nord

Africa Occidentale, Mali, guerra, potenze
Gfp     130115
Guerra nel deserto

–       Dalle dichiarazioni del ministro Esteri tedesco, FDP Guido Westerwelle, e di quello della Difesa, Thomas de Maizières, emerge una duplice strategia tedesca sulla questione dell’intervento militare in Mali, ex colonia francese.

 

o   1. poste condizioni per dar peso alla posizione tedesca nell’Africa Occidentale a controllo francese;

o   2. evitare, come per la guerra in Libia, un intervento franco-britannico in solitaria, rischioso per la Germania, perché serve a Francia e GB (che da anni stanno rafforzando la cooperazione militare) per tentare di contrastare la preminenza tedesca nella UE, almeno dal punto di vista politico-militare.

–       In un primo tempo de Maizières: la Francia ha il pieno appoggio tedesco per la sua operazione in Mali, ma se partecipa la Bundeswehr, deve esserci chiarezza su chi dirige il paese.

–       Dopo che GB e USA hanno comunicato il proprio appoggioalmeno logistico alla Francia,

o    Berlino si è sentita sotto pressione e ora vuole almeno evitare che si ripeta lo scenario libico, per impedire un’ulteriore intensificazione della cooperazione franco-britannica.

 

o   Di conseguenza ora, diversamente dalla posizione presa per la guerra libica, la Germania non si oppone completamente all’intervento militare, dichiarandosi pronta a offrire appoggio “politico, logistico, medico, e umanitario”, ma prima occorre definirne le condizioni.

 

o   Sulla partecipazione c’è unanimità tra i partiti tedeschi, compresi SPD e Bündnis90/Die Grünen. La scelta è dettata da considerazioni strategiche, senza pensare ad una risoluzione solo politica della catastrofica situazione del Nord Mali, e al rischio che l’intervento militare porti ad una nuova lunga guerra.

 

o   Westerwelle vorrebbe accelerare il piano UE di addestramento di soldati maliani per opera di militari europei, per legare la Francia ad un intervento UE, e impedire una nuova cooperazione franco-britannica, tipo Libia.

–       C’è chi dubita che la guerra possa durare poche settimane, come dice Parigi, dato che i ribelli hanno molte armi ed esperienza di guerra nel deserto; una parte di loro è inoltre ben radicata tra la popolazione.

–       Non si sa neppure come, in poche settimane, possano essere pronte per l’intervento in Mali le truppe dell’Africa Occidentale.

 

o   Nello scorso fine settimana i soldati francesi erano riusciti a respingere i ribelli islamisti che nel 2012 avevano occupato il nord del Mali e importanti città, Timbuctu, Gao e Kidal. Ieri le milizie islamiste sono riuscite a contrattaccare nel N-O, prendendosi la città di Diabali, 400km dalla capitale Bamako.

–       Parigi, da una parte, vuole porsi come forza dell’ordine nelle sue ex colonie, dall’altra persegue interessi economici nel Sahara:

–       in Niger, confinante con il Mali, il gruppo Areva estrae grandi quantità di uranio.

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–       L’atteggiamento tedesco verso la guerra in Mali è condizionato da due decenni di rivalità franco-tedesca:

o   negli anni Novanta ci fu una disputa tra Francia e Germania su dove e nell’interesse di chi la UE dovesse in futuro intervenire;

o   Bonn respinse i progetti francesi di inviare truppe UE nell’area francofona africana a difendere gli interessi francesi. L’allora (1994) ministro tedesco Difesa, Volker Rühe: «L’Eurokorp non è un Africakorp».

o   Le missioni UE del 2003 e 2006 nella Rep. Dem. del Congo, concesse da Berlino a Parigi, vennero portate a termine, ma la Germania boicottò, facendolo fallire, il tentativo francese di un intervento UE nel Chad orientale, da dove poter accrescere la propria influenza in Sudan con l’appoggio dei propri alleati africani.

o   Negli ultimi vent’anni le guerre e le occupazioni nella ex Iugoslavia hanno dimostrato che la UE si è messa a disposizione anche militarmente degli interessi tedeschi.

o   Solo nel 2011 la Francia è riuscita a liberarsi dalla stretta politico-militare tedesca, e a condurre guerre anche nel proprio interesse assieme ad altri paesi europei,

o   grazie all’alleanza politico-militare siglata nel novembre 2010 con la GB, e vista con preoccupazione dalla Germania.

 

o   L’accordo riguarda una serie di progetti economici sugli armamenti e di progetti militari, tra i quali la creazione di una truppa di assalto congiunta e test congiunti di armi atomiche.

 

–       Questa cooperazione militare strategica è stata messa alla prova per la prima volta nella guerra libica, con la quale la Francia, avendo perso diversi dittatori alleati, voleva riprendersi la posizione di forza che aveva in Nord Africa; la Germania si oppose fortemente.

–       Non solo Parigi, alleata di Londra e appoggiata da Washington, è riuscita ad abbattere Gheddafi, ma la guerra è stata sfruttata dalle forze armate francesi e britanniche in vista delle future operazioni congiunte.

–       Già ad ottobre 2012, la Germania aveva promesso che la Bundeswehr avrebbe partecipato all’addestramento dei soldati maliani, per poter essere presente, con un contingente non trascurabile anche se non in prima linea, essendo in gioco soprattutto interessi francesi.

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Spiegel          130114

Missione Mali – Il rischioso servizio amichevole della Germania

Matthias Gebauer e Severin Weiland

+ Missione militare in Mali – La UE decide sul sostegno alla Francia

La Germania, offrendo alla Francia assistenza logistica per la guerra in Mali, non rischia di scivolare nel prossimo conflitto militare di lunga durata?

–       Anche senza l’invio di truppe sul terreno la missione a fianco della Francia sarebbe delicata.

–       L’aeronautica francese è già al 4° giorno sopra il Mali di fatto in una missione di guerra, anche se Parigi parla di “intervento” su richiesta del governo maliano, e di una durata di poche settimane:

o   morto un pilota francese, oltre un centinaio le vittime complessive, e i ribelli parlano di successo, essendo riusciti a prendersi la città di Diabali, a 400 km dalla capitale.

o   Nessuno può prevedere quanto dovrà durare la presenza militare francese in Mali.

–       La missione di Hollande è rischiosa, ma secondo gli alleati occidentali, Germania compresa, occorre aiutarlo.

–       La decisione di Belrino di appoggiare la Francia è dettata da un gioco d’equilibrio; la Merkel ha offerto la disponibilità tedesca ad una missione di addestramento ed appoggio per le forze del Mali; Westerwelle non vuole essere di nuovo accusato di tergiversare e di essere rimasto fuori.

–       Il governo tedesco vuole evitare la partecipazione di soldati tedeschi ad operazioni belliche, si limita ad offrire appoggio logistico, medico e umanitario.

o   In pratica l’appoggio logistico consiste nell’offerta, per il trasporto di truppe e materiali nel teatro di guerra, aerei Transall, di cui la Francia ha già detto di aver bisogno alla GB.

–       Con il trasporto di truppe la Germania parteciperà di fatto ad una guerra di aggressione dei francesi contro una coalizione di islamisti radicali con stretti legami con al-Qaeda,

 

o   che hanno già minacciato attacchi terroristici sul suolo francese e degli alleati.

 

 

o   L’esperienza insegna poi che all’offerta di sostegno logistico seguono altre richieste.

o   Fin dove arriverà un sostegno logistico alla Francia?

 

o   I Transall porteranno in Mali anche i soldati africani della missione Ecowas (3300 previsti, da Burkina Faso, Niger, Senegal, Benin, Togo e Costa d’Avorio), o nei pressi?

 

–       Nessuno a Berlino vuole un secondo Afghanistan.

 

o   L’SPD chiede al governo tedesco precisazioni su intenzioni, capacità e richieste.

 

o   I Verdi sono divisi, il capogruppo è favorevole alla missione francese, l’esperta per gli Esteri la considera altamente rischiosa.

–       Berlino vuole accelerare la missione di addestramento dei soldati maliani da mesi programmata, costo fino a €5mn; 200 istruttori UE, di cui 30 tedeschi, che dovrebbero appoggiare almeno per un anno le truppe maliane contro gli islamisti.

–       Per dare la propria partecipazione alla missione UE, il governo tedesco potrebbe decidere di continuare l’addestramento soldati maliani già in corso, dal putsch del marzo 2012, per opera di un gruppo di tedeschi in un piccolo campo a nord di Bamako.

–       Oppure potrebbe decidere di non continuare, dato che sono prevedibili attacchi di vendetta contro il campo; inoltre ci sono dubbi sul significato dell’addestramento dato che anche l’attuale governo maliano, che è un governo di transizione dopo il putsch militare di marzo, non è certo un modello di democrazia.

–       Non è chiaro chi comandi realmente le forze armate.

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–       Venerdì scorso la Francia ha improvvisamente avviato un intervento militare in solitaria con attacchi aerei in Mali, sua ex colonia. Il contingente militare francese in Mali passerà dai 550 soldati a circa 2500.

–       Per la settimana corrente è prevista una riunione straordinaria dei ministri Esteri UE, per decidere

–       il veloce invio di circa 200 istruttori militari in Mali (il ministro Esteri francese, Fabius, pensava a 400),

–       e il sostegno finanziario e logistico per la programmata missione delle truppe Ecowas in Mali;

–       si parla anche di appoggio diretto al governo maliano.

–       Fabius, a poche ore dalla riunione del CdS Onu: l’intervento militare francese rispetta il diritto internazionale e le risoluzioni ONU.

–       A lungo ostile all’opzione militare, l’Algeria (Humanitè 15.01.2013) ha ora autorizzato agli aerei francesi di sorvolare il suo territorio, in nome della lotta anti-terrorismo; l’autorizzazione deriva probabilmente da un accordo concluso in occasione della visita del 19-20 dicembre di Hollande in Algeria.

–       Il primo ministro algerino: la crisi in Mali avrà un impatto diretto sulla regione;

–       già a fine ottobre l’esercito algerino ha dispiegato diverse migliaia di soldati per proteggere la frontiera meridionale.

–       Sabato scorso incontro tra i primi ministri di Algeria, Tunisia e Libia, che hanno deciso una posizione di fermezza;

o   non si tratta solo di terrorismo ma anche di crimine organizzato con commercio di stupefacenti e lavaggio di denaro sporco.

–       In Algeria non vi è unanimità sulla posizione di appoggio alla Francia presa dal primo ministro: inquietudine da parte dei partiti di opposizione RCD e FFS, e sugli editoriali;

–       posizione più dura da parte di Ahmed Idebir, capo tradizionale dei tuareg: ricordatevi che la Francia non ha mai abbandonato la sua politica egemoa sul Sahara, anche dopo la guerra di liberazione.

–       La guerra attuale ha obiettivi diversi dalla lotta al terrorismo.

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L’Humanitè    130114
Alle origini della ragedia nel Nord Mali

 

 

–       Tesi: L’intervento dell’Onu in Libia cambia la situazione in una regione ricca di risorse minerarie; la caduta di Gheddafi ha consentito a AQMI di saccheggiare gli arsenali libici, grazie ai legami con i ribelli libici, e di fare del Nord Mali una sua base.

 

–       Nel 2011 è creato il MUJAO e nel 2012 Ansar Dine, sponsorizzati e sostenuti da Aqmi, che trasformano il Nord Mali in una roccaforte jihadista, dopo aver cacciato l’MNLA, che con Ansar Dine aveva proclamato l’indipendenza del Nord.

 

–       Molti non hanno dato peso alla decisione presa a fine degli anni Novanta, dall’ex GSPC (Gruppo salafita per la Predicazione e il Combattimento) uscito dall’ex GIA algerino (Gruppo Islamico Armato) di dividere il Mghreb e il Sahel in nove regioni militari.

–       Il Sahel, di cui fa parte il Nord Mali, chiamato Imaratou Es-Sahra (Emirato del Sahara) era la nona regione, comandata da Mokhtar Belmokhtar (41 anni), ex emiro della zona 5 del GIA (Sud Algerino).

–       Mokhtar fu il primo a portare la jihad nel Sahel, costringendo nel gennaio 2000 gli organizzatori della Parigi-Dakar a cambiare itinerario e poi, nel 2008, ad annullarla definitivamente.

–       Nel gennaio 2007, il GSPC diventa Aqmi, al-Qaeda del Maghreb Islamico;

–       gli eventi accelerano con l’arrivo di Amara Saïfi, detto Abderezak le Para, e di Abid Hammadou, detto Abou Zeid, con attacchi contro le forze di sicurezza e rapimenti di stranieri, traffico di armi, sigarette, veicoli, per finanziarsi.

o   Febbraio 2003, rapimento di 32 turisti, la maggior parte tedeschi, nel Sud Algeria; isiti,; gli ostaggi vengono portati nel Mali e liberati solo dopo il versamento di €6mn.

o   2005 attacco ad una postazione militare in Mauritania, 50 soldati morti; 2007 assassinio di 4 cittadini francesi in Mauritania;

o   2008 vari scontri con le forze aramte di Malia e Niger.

o   2010, rapimento di 8 dipendenti Areva in Niger.

o   L’Algeria crea un comando operativo regionale con Mali, Mauritania e Niger;

o   la Francia rafforza il proprio dispositivo militare regionale.

 
 
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Al-Jazeera    130114
Cosa rischia la Francia in Mali?

 

–       La Francia rischia una campagna militare prolungata in Mali? L’offensiva ha il consenso popolare in Francia?

–       Centinaia di soldati francesi dispiegati, attacchi aerei hanno respinto i ribelli islamisti da Konna; i paesi di Ecowas il blocco dell’Africa Occidentale, comprendente Niger, Senegal, Burkina Faso e Nigeria, stanno mobilitando le truppe.

–       Il presidente francese Hollande dice che la Francia, su richiesta del presidente maliano e nel rispetto della carta ONU, sta combattendo una minaccia terroristica alle porte dell’Europa.

–       Diversi gruppi di ribelli legati ad al-Qaeda operano nel nord del Mali, e si sono diffusi su tutto il territorio dopo la destabilizzazione provocata dal colpo di Stato militare di nove mesi fa’.

–       I guerriglieri avvertono che l’offensiva potrebbe rivelarsi l’Afghanistan dlela Francia.

–       Il portavoce di Ansar Dine – uno dei gruppi di ribelli tuareg con l’MNLA (il laico Movimento Nazionale di liberazione di Azawad) – dichiara che i ribelli dispongono di carri armati, corazzati, mitragliatrici anti-aeree, lanciarazzi, e armi varie. Un aereo francese è già stato abbattuto.

–       È stato l’MNLA a dare il via alla conquista del Nord, rivendicando uno Stato indipendente per i tuareg; poi esso è stato marginalizzato da Ansar Dine, e non ha partecipato alle ultime conquiste.

–       Ansar Dine non chiede uno Stato indipendente, ma la sharia, come altri piccoli gruppi, tra i quali il Movimento er l’Unità e la Jihad dell’Africa Occidentale (MUJAO), a cui è legato; entrambi a sono collegati ad AQIM, al-Qaeda del Maghreb Islamico.

–       Negli ultimi mesi il Mujao ha lanciato una campagna contro la tradizione sufi, ampiamente presente nella regione, e da esso definita “idolatra”; della sua base si conosce poco.

–       Un insieme poco coeso di gruppi diribelli rivendicano il controllo del Nord (sett. 2012), a cominciare dall’MNLA, nella vasta area da Timbuctu al Mali, l’Azawad, una specie di patria dei nazionalisti tuareg.

–       l’MNLA è stato indebolito dai nuovi gruppi di ribelli che cheidono la shaia, compreso Ansar Dine, che, guidato da Ayyad Ag Ghali, sta ampliando le proprie conquiste nel Nord e imponendo la sharia.

–       Nonostante le rivalità tra loro, questi gruppi sono determinati a combattere l’intervento straniero.
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Estratto dalla tesi di Carla Biggio, Tuareg: l’evoluzione storica di un popolo nomade

… La società tuareg ha una struttura complessa e stratificata, che ricorda la società feudale.

Essa comprende:

l’Amenokal, scelto all’interno della tribù dominante, fra gli aventi diritto alla successione, rappresenta il capo politico della confederazione. Egli è il detentore dell’ettebel, che significa confederazione, simbboleggiange il comando e lasovranità sulla totalità dei suoi dipendenti. L’amenokal nella lingua tuareg significa possessore del paese. Egli é il sovrano assoluto, il titolo è ereditario e alla sua morte passa al fratello, altrimenti in mancanza del fratello passa a un cugino. Il diritto d’accesso al comando sembra trasmettersi per via matrilineare

Gfp      130115
Wüstenkrieg
15.01.2013
BERLIN/PARIS/BAMAKO

–          (Eigener Bericht) – Der deutsche Außenminister bestätigt die Berliner Bereitschaft zur Beteiligung am Krieg in Mali. Am gestrigen Montag hat Guido Westerwelle dem Außenminister Frankreichs, Laurent Fabius, angeboten, Deutschland könne die Intervention in der früheren französischen Kolonie "politisch, logistisch, medizinisch und humanitär" unterstützen. Es seien zuvor allerdings noch Bedingungen zu erfüllen, teilt Bundesverteidigungsminister Thomas de Maizière mit: Erst wenn "die Voraussetzungen dafür geklärt und gegeben" seien, könne Berlin sich an einem Militäreinsatz beteiligen. Die Äußerungen aus der Bundesregierung lassen eine doppelte Strategie erkennen:

o   Einerseits pocht Berlin auf Bedingungen, um seine Stellung im von Frankreich dominierten Westafrika aufzuwerten;

o   andererseits soll eine deutsche Beteiligung einen französisch-britischen Alleingang à la Libyen verhindern.

o   Ein solcher Alleingang gilt in Berlin als Gefahr, weil Paris und London ihre Militärkooperation seit einigen Jahren stark ausbauen, was in der deutschen Hauptstadt – nicht zu Unrecht – als Versuch gesehen wird, der deutschen Vorherrschaft über die EU zumindest auf militärpolitischem Gebiet zu entkommen. Unterdessen spitzt sich der Krieg in Mali bereits nach wenigen Tagen zu.

Auftakt zum Krieg

–          Französischen Truppen war es am Wochenende zunächst gelungen, die aufständischen Islamisten zurückzuschlagen, die im vergangenen Jahr den Norden Malis sowie die wichtigsten Städte dort – Timbuktu, Gao und Kidal – besetzt hatten.

–          Paris hat den Anspruch, in seinen ehemaligen Kolonien, der Frankophonie, als Ordnungsmacht aufzutreten; zudem verfolgt es wirtschaftliche Interessen in der Sahara – im an Mali grenzenden Niger fördert der französische Areva-Konzern große Mengen Uran.

–          Am gestrigen Montag ist den islamistischen Milizen ein erster Gegenschlag im Nordwesten Malis gelungen: Sie konnten die Stadt Diabali gut 400 Kilometer nördlich der Hauptstadt Bamako erobern.

 

–          Während es in Paris heißt, man rechne mit einem Krieg von allenfalls einigen Wochen, äußern Kritiker begründet Zweifel:

o   Die Aufständischen sind hochgerüstet und äußerst erfahren im Wüstenkrieg;

o   zudem sind sie zumindest teilweise fest in der Bevölkerung verwurzelt.

o   Unklar ist schließlich auch, wie die westafrikanischen Truppen, die Nord-Mali freikämpfen sollen, binnen weniger Wochen zum Einsatz zu befähigen sein sollen. Ob der Krieg tatsächlich rasch beendet werden kann, muss als zumindest höchst zweifelhaft gelten.

Eurokorps und Afrikakorps

–          Die deutsche Haltung zum Krieg in Mali ist stark durch die deutsch-französischen Rivalitäten der vergangenen 20 Jahre bestimmt. Schon in den 1990er Jahren gab es Streit zwischen Frankreich und der Bundesrepublik, wo und in wessen Interesse die EU künftig intervenieren solle. Damals wehrte Bonn die Pariser Pläne ab, EU-Truppen in der afrikanischen Frankophonie zugunsten französischer Interessen einzusetzen: "Das Eurokorps ist kein Afrikakorps", wetterte 1994 der damalige deutsche Verteidigungsminister Volker Rühe.[1]

–          Die 2003 und 2006 durchgeführten EU-Einsätze in der Demokratischen Republik Kongo, die Berlin Paris zugestand, wurden pünktlich beendet;

–          als jedoch Frankreich anschließend eine EU-Intervention im Osten des Tschad anstrebte, um von dort aus mit Hilfe seiner afrikanischen Verbündeten im Sudan Einfluss nehmen zu können, da unterminierte die Bundesregierung das Vorhaben, das schließlich sang- und klanglos scheiterte.[2]

–          Während all dieser Zeit ließen die Kriege und Besatzungsmaßnahmen auf dem Gebiet des ehemaligen Jugoslawien klar erkennen, dass die EU für deutsche Interessen jederzeit zur Verfügung stand – auch militärisch.

–          Erst im Jahr 2011 gelang es Paris, sich militärpolitisch aus der deutschen Umklammerung zu lösen und Kriege auch in französischem Interesse gemeinsam mit anderen europäischen Staaten zu führen.

Die neue Entente Cordiale

– Hintergrund dieses strategischen Positionsgewinns war ein militärpolitisches Bündnis, das Paris im November 2010 mit London geschlossen hatte. Darin hatten die Regierungen beider Länder sich nach längerem Vorlauf auf eine Reihe rüstungswirtschaftlicher und militärischer Vorhaben geeinigt, zu denen zum Beispiel der Aufbau einer gemeinsamen Eingreiftruppe sowie gemeinsame Tests von Atomwaffen gehörten.[3]

– Die strategisch angelegte Militärkooperation wurde erstmals im Libyen-Krieg erprobt, mit dem Frankreich – unter heftiger Opposition Deutschlands – nach dem Verlust mehrerer ihm eng verbundener Diktatoren seine ehemalige Stärke in Nordafrika wiedererlangen wollte.

– Im Bündnis mit London – und mit Unterstützung aus Washington – gelang es Paris nicht nur, Gaddafi zu stürzen;

– tatsächlich werteten die französischen und die britischen Streitkräfte den Krieg im Hinblick auf künftige gemeinsame Operationen sorgfältig aus.

– In Berlin wurde die enge Pariser Kooperation mit London mit Sorge registriert. "Weil Deutschland in der Vergangenheit zahlreiche französische diplomatische wie militärische Initiativen blockiert hat, wendet sich Frankreich in Richtung Großbritannien", heißt es beispielsweise in der Fachzeitschrift "Internationale Politik".[4] Seit geraumer Zeit dringen deutsche Regierungsberater daher darauf, entschlossen gegenzusteuern.

Eine doppelte Strategie

–          Aus diesem Grund verweigert sich Berlin, anders als im Falle Libyens, einem Militäreinsatz in Mali nicht vollständig – obwohl dieser in einem Land der Frankophonie stattfände, wo der beherrschende Einfluss der früheren Kolonialmacht bisher für die Bundesrepublik undurchdringlich war.

–          Schon im Oktober 2012 hat die Bundeskanzlerin zugesagt, die Bundeswehr werde sich am Training malischer Soldaten beteiligen.[5] Diese Position ist seither stets bekräftigt worden. Ziel ist es, bei dem Einsatz präsent zu sein – nicht an vorderster Front, weil in besonderem Maß Interessen Frankreichs auf dem Spiel stehen, aber doch mit einem nicht gänzlich vernachlässigbaren Kontingent. Dieses will Berlin auch als Verhandlungsmasse nutzen, um seine Position in Mali zu stärken.

–          Erzielbar wäre damit ein doppelter Gewinn – eine Aufwertung der deutschen Stellung in Westafrika sowie die Verhinderung eines exklusiven französisch-britischen Militärbündnisses. Aus dieser Strategie leiten sich aktuelle Stellungnahmen der Bundesregierung ab.

Deutsche Beteiligung

–          So hat Verteidigungsminister Thomas de Maizière am Wochenende einerseits erklärt, Frankreich habe bei seinen Operationen in Mali Berlins "volle politische Unterstützung".

–          Andererseits müsse aber, wenn die Bundeswehr sich an der Intervention beteiligen solle, "Klarheit darüber" herrschen, "wer das Land führt".[6]

–          Deutschland werde sich an der Militärintervention "beteiligen, wenn die Voraussetzungen dafür geklärt und gegeben sind", äußert der Verteidigungsminister – Berlin stellt Bedingungen und will damit seine Position in der ehemaligen französischen Kolonie stärken.

–          Als am Wochenende allerdings Großbritannien und die USA ankündigten, Frankreich, ganz wie im Libyen-Krieg, zumindest logistisch zu unterstützen, da geriet Berlin in Zugzwang – schließlich soll eine Wiederholung des libyschen Szenarios verhindert werden, um eine weitere Intensivierung der britisch-französischen Kooperation zu unterbinden.

–          Entsprechend stellte der Bundesaußenminister seinem französischen Amtskollegen Laurent Fabius am gestrigen Montag in Aussicht, Deutschland könne die Intervention "politisch, logistisch, medizinisch und humanitär" unterstützen.[7] Medien berichten, Guido Westerwelle wolle die EU-Planungen für das Training malischer Soldaten durch europäische Militärs stark beschleunigen. All dies läuft darauf hinaus, Frankreich im Rahmen eines EU-Einsatzes zu halten und neue britisch-französische Kooperationen à la Libyen zu unterbinden.

Übergeordnete Erwägungen

–          Dazu passend herrscht in Berlin weitgehend Einigkeit darüber, sich an dem Einsatz zu beteiligen. Am gestrigen Montag preschten die Oppositionsparteien SPD und Bündnis 90/Die Grünen vor und sprachen sich für die Teilnahme am Krieg aus. "Wenn Frankreich Hilfe braucht im Zusammenhang mit dem Lufttransport, muss Deutschland Unterstützung leisten", forderte der SPD-Militärpolitiker Rainer Arnold.[8] "Deutschland sollte Anfragen seiner Partner oder der EU für Unterstützung – zum Beispiel im Bereich der Logistik oder bei der Ausbildung – konstruktiv prüfen", verlangte der grüne Außenpolitiker Jürgen Trittin.[9]

–          Einwände, dass die katastrophale Lage im Norden Malis wohl nur mit politischen Mitteln zu lösen sei, Waffengewalt hingegen zu einem neuen Dauerkrieg führen könne, spielen keine Rolle – aus Sicht Berlins drängen übergeordnete strategische Überlegungen zu einer zumindest geringfügigen deutschen Beteiligung am Krieg.

[1] Kein Triumphgeheul; www.focus.de 18.07.1994

[2] s. dazu Hegemonialkonkurrenten und Transatlantische Front

[3] Weitreichendes Militär-Abkommen unterzeichnet; www.faz.net 02.11.2010. S. auch Die neue Entente Cordiale

[4] Claire Demesmay, Ronja Kempin: Goldene Hochzeit in Katerstimmung, Internationale Politik 1/2013

[5] s. dazu Ein Land am Abgrund

[6] "Wir sollten den Einfluss des Westens nicht unterschätzen"; Frankfurter Allgemeine Zeitung 14.01.2013

[7] Außenminister Guido Westerwelle telefonierte mit französischem Außenminister Fabius zur Lage in Mali; www.auswaertiges-amt.de 14.01.2013

[8] SPD fordert deutsche Beteiligung an Mali-Einsatz; www.welt.de 14.01.2013

[9] Trittin begrüßt Kriegseinsatz in Mali; www.spiegel.de 14.01.2013

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Der Spiegel     130114
14. Januar 2013, 18:49 Uhr

Mali-Einsatz – Deutschlands riskanter Freundschaftsdienst

Von Matthias Gebauer und Severin Weiland 

 

–          In Mali kämpft Frankreichs Luftwaffe, um islamistische Kräfte zurückzuschlagen. Die Bundesregierung will den Verbündeten beistehen und bietet Paris logistische Hilfe an. Doch der Konflikt in Afrika ist explosiv – schlittert Deutschland in den nächsten militärischen Dauerkonflikt?

–          Berlin – Am Himmel über Mali ist Frankreichs Luftwaffe jetzt seit vier Tagen im Einsatz. Es herrscht Krieg, auch wenn das Wort in Paris nicht so gerne in den Mund genommen wird. Von einer "Intervention" ist die Rede, auf Bitten der malischen Regierung.

–          Doch die Fakten sprechen eine andere Sprache. Ein Pilot eines französischen Kampfhubschraubers wurde getötet, mehr als hundert Menschen sollen seit vergangenem Freitag umgekommen sein. ù

–          Und: Die Rebellen vermelden Erfolge. Am Montag konnten sie ungeachtet der französischen Angriffe die Stadt Diabali erobern, 400 Kilometer nördlich der Hauptstadt Bamako.

–          In Paris versucht die Regierung, die Hilfe für Malis Armee schon mit einem Zeitfenster zu versehen. "Die Intervention", sagt Außenminister Laurent Fabius, werde eine "Frage von Wochen" sein.

Es ist eine mutige Prognose.

–          Niemand kann derzeit wirklich sagen, wie lange Frankreich in Mali militärische Präsenz zeigen muss.

–          Präsident François Hollandes Einsatz ist riskant. Trotzdem muss ihm geholfen werden – finden Frankreichs westliche Verbündete, auch in Berlin.

–          Es ist ein Balanceakt, den die Bundesregierung an der Seite des wichtigsten Nachbarn in der EU vollzieht. Gerade jetzt will man in Berlin den Schulterschluss mit Frankreich demonstrieren. In neun Tagen wird in der deutschen Hauptstadt der 50. Jahrestag des deutsch-französischen "Élysée-Vertrags" mit großem Pomp begangen – mit einem gemeinsamen Festakt der beiden Regierungen, der Parlamente, des Senats und des Bundesrats. Auch Hollande ist eingeladen.

–          Die Krise in Mali steht ganz oben auf der Agenda der Bundesregierung. Kanzlerin Angela Merkel hatte bereits im Oktober bei einer Bundeswehr-Tagung ihre grundsätzliche Bereitschaft für eine Ausbildungs- und Unterstützermission der EU erklärt.

–          Auch Außenminister Guido Westerwelle will sich nicht noch einmal, wie im Falle Libyens, nachsagen lassen, zu lange gezögert und am Ende abseitsgestanden zu haben. Er hat am Montag von Kiel aus mit Merkel und dem Verteidigungsminister telefoniert und die Linie abgestimmt. Am Montag, in der Bundespressekonferenz, hat sein Sprecher Andreas Peschke das erste Wort. In dieser "schwierigen Situation" sei es klar, dass Deutschland Frankreich "nicht alleine lässt", sagte er.

Drei Dinge stellt Berlin den Franzosen in Aussicht:

    Logistische Hilfe

    Medizinische Unterstützung

    Humanitäre Unterstützung

–          Klar ist: Die schwarz-gelbe Regierung will einen Kampfeinsatz deutscher Soldaten in Mali vermeiden. Das sei "ausgeschlossen", sagt Regierungssprecher Steffen Seibert. Auch die größte Oppositionspartei sieht das so. "Ein Kampfeinsatz deutscher Soldaten kommt überhaupt nicht in Frage", so SPD-Kanzlerkandidat Peer Steinbrück.

Simple Hilfe mit weitreichenden Folgen

–          Doch auch ohne die Entsendung von Bodentruppen würde der Einsatz an der Seite Frankreichs für Deutschland eine heikle Mission. Nach einer Absprache zwischen dem Außen- und Verteidigungsressort und dem Kanzleramt hat man angeboten, Frankreichs Armee mit Transportkapazitäten zu unterstützen. Konkret kämen dafür die zwar alten, aber äußerst zuverlässigen Transall-Flieger in Frage, die vor allem für Truppen- und Materialverlegung in Kampfgebiete geeignet sind. Bedarf für die Flieger hat Frankreich bereits in Großbritannien angemeldet, das Angebot aus Berlin dürfte also genutzt werden. Details könnte Verteidigungsminister Thomas de Maizière schon an diesem Donnerstag bei einem Treffen mit seinem Kollegen aus Frankreich in Berlin besprechen.

–          Und noch in dieser Woche, kündigte Paris am Montagnachmittag an, solle es auch ein Sondertreffen der EU-Außenminister geben.

–          Was sich wie eine simple Hilfe anhört, hat möglicherweise weitreichende Folgen. Faktisch würde sich Deutschland mit Truppentransporten an einem Angriffskrieg der Franzosen gegen eine Koalition von Radikalislamisten mit engen Verbindungen zu al-Qaida beteiligen.

–          Schon jetzt stoßen die Terroristen gegen Paris und seine Verbündeten wüste Drohungen aus, es werden Racheakte auch außerhalb von Mali angekündigt. Zudem sagt die Erfahrung, dass bei solchen Feldzügen auf die Bitte um Hilfe bei der Logistik weitere Anfragen folgen. Deutschland könnte in einen Dauerkonflikt schlittern.

– Niemand in Berlin will ein zweites Afghanistan. In der Koalition und in der Opposition reagiert man deshalb vorsichtig. Der CDU-Außenpolitiker Philipp Mißfelder betont: "Die politische Unterstützung hat Frankreich. Wir müssen bei jedem Bundeswehreinsatz allerdings genau die Risiken abwägen."

–          Wie weit soll also eine logistische Hilfe für Frankreich gehen?

o   Sollen Transall-Maschinen auch afrikanische Soldaten der Ecowas-Mission – geplant sind 3300 Mann aus Burkina Faso, Niger, dem Senegal, Benin, Togo und der Elfenbeinküste – nach Mali bringen? Oder in die Nähe des Landes? Das, sagt Mißfelder, schließe er nicht aus, es bedürfe aber einer "genauen Prüfung."

–          SPD-Außenpolitiker Rolf Mützenich sagt dazu nichts, fordert aber zunächst einmal: "Die Bundesregierung muss noch in dieser Woche über Absichten, Fähigkeiten und Anforderungen berichten. Dazu sind auch völkerrechtliche Fragen zu beantworten."

–          Bei den Grünen hingegen ist ein offener Streit um den Einsatz Frankreichs in Mali ausgebrochen – Fraktionschef Jürgen Trittin verteidigte ihn, Außenpolitikerin Kerstin Müller dagegen nannte ihn "hochriskant".

Wer die malische Armee führt, bleibt unklar

–          Neben der Hilfe für Frankreich will Berlin bei der seit Monaten geplanten und immer wieder verzögerten Ausbildungsmission für die malische Armee zügiger vorangehen. Seit langem plant die EU eine solche Operation, laut einem detaillierten Plan sollen bis zu 200 – darunter bis zu 30 Deutsche – Ausbilder in Mali die desolaten Truppen der Regierung auf Vordermann bringen und sie mindestens ein Jahr für den Kampf gegen die Islamisten unterstützten. Bis hin zu den Kosten, angepeilt sind bis zu fünf Millionen Euro, ist eigentlich alles durchgeplant. Bisher aber dümpelte das Projekt vor sich hin. Das soll sich nun ändern, statt in Monaten, so das Auswärtige Amt, sollen "in den nächsten Wochen" Entscheidungen fallen.

Um was geht es konkret?

–          In einem kleinen Lager nördlich der Hauptstadt Bamako bildeten bis zum Militärputsch vom März 2012 eine Handvoll Deutsche malische Pioniere aus. Sie trainierten sie im Lastwagenfahren, dem Aufbau von Lagern und temporären Brücken.

–          Die Bundeswehr könnte nach einer politischen Entscheidung diese Ausbildung fortsetzen und damit ihren Teil der EU-Mission erfüllen. Viel mehr, so heißt es im Auswärtigen Amt, könne Deutschland nicht leisten.

–          Ungefährlich wäre auch diese Mission nicht. Nunmehr müsste mit Racheakten gegen das Camp gerechnet werden, in dem die deutschen Ausbilder untergebracht sind. Zudem gibt es bis heute massive Zweifel, wie sinnvoll die Ausbildung eigentlich ist. Auch die malische Regierung ist nicht gerade ein Hort der Demokratie nach westlichem Zuschnitt. Seit dem März-Putsch gibt es lediglich eine von den Militärs eingesetzte Übergangsregierung.

–          Wer die Armee wirklich führt, ist völlig unklar. Bisher hieß es deswegen, dass man die EU-Mission erst starten wolle, bis politische Reformen im Lande sichtbar seien.

Nach dem Pariser Alleingang wird langes Zuwarten wohl schwierig werden.

URL:

    http://www.spiegel.de/politik/deutschland/deutschland-will-frankreich-beim-krieg-in-mali-mit-logistik-helfen-a-877421.html

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    Mali: Hollande will Islamisten-Vormarsch stoppen (11.01.2013)

    http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,877018,00.html

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    http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,876934,00.html

    Krise in Mali: Islamisten überrennen Grenze zum Süden (10.01.2013)

    http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,876903,00.html
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Spiegel          130114
14. Januar 2013, 20:26 Uhr

Militäreinsatz in Mali – EU berät über Unterstützung für Frankreich

– Frankreich will sich für die Militärintervention in Mali Unterstützung von der EU sichern: Der französische Außenminister Fabius und die EU-Außenbeauftragte Ashton haben ein Treffen der EU-Außenminister zu dem Einsatz angekündigt. Es gehe um eine "gemeinsame internationale Antwort auf die Lage".

–          Paris/Hamburg – Die EU-Außenminister werden noch in dieser Woche bei einer Sondersitzung in Brüssel über die Situation in Mali beraten. Dies bestätigte die EU-Außenbeauftragte Catherine Ashton am Montag, ohne ein Datum zu nennen. Frankreich hatte nach Mitteilung von Außenminister Laurent Fabius um das Treffen gebeten. Frankreich wolle nicht alleine an der Seite Malis stehen.

–          In der Erklärung Ashtons heißt es, die Minister sollten über "die rasche Entsendung" von rund 200 EU-Militärausbildern nach Mali sprechen.

–          Fabius hatte eine Anzahl von 400 Ausbildern ins Spiel gebracht. Ashton zufolge werde es zudem um finanzielle und logistische Unterstützung für die von der westafrikanischen Wirtschaftsgemeinschaft Ecowas geplante Truppe für Mali gehen. Auch werde über direkte Unterstützung für die malische Regierung gesprochen. Die EU bemühe sich um eine "gemeinsame internationale Antwort auf die Lage".

–          Der französische Außenminister Fabius sagte am Montag bei einer Pressekonferenz in Paris, die Ressortchefs würden das Thema "in zwei bis drei Tagen" erörtern. Wenige Stunden vor der Sitzung des UN-Sicherheitsrats zu Mali erklärte Fabius, die französische Militärintervention in dem westafrikanischen Krisenland entspreche "strikt dem Völkerrecht und den Resolutionen der Vereinten Nationen". "Die Anfrage kam aus Mali, unsere Partner sind Afrikaner und die internationale Gemeinschaft", fügte Fabius hinzu. Die Unterstützung sei "nahezu einmütig". UN-Generalsekretär Ban Ki Moon habe ihn persönlich angerufen, um ihm Hilfe bei der französischen Militäraktion zuzusagen.

–          Nach Angaben des Auswärtigen Amts sagte auch Deutschland Unterstützung zu. In einem Telefonat mit Fabius bot Bundesaußenminister Guido Westerwelle (FDP) demnach an, "gemeinsam mit der französischen Regierung zu prüfen, wie Deutschland den französischen Einsatz, jenseits der Entsendung von Kampftruppen, politisch, logistisch, medizinisch und humanitär unterstützen könne".

–          Frankreich hatte am vergangenen Freitag überraschend im Alleingang eine Militäraktion mit Luftangriffen in seiner früheren Kolonie Mali gestartet. Die Zeitung "Le Monde" berichtete am Montag, die Zahl von derzeit 550 französischen Soldaten in Mali werde in Kürze auf rund 2500 gesteigert.

bos/AFP/dpa
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Al-Jazeera      130114
             
             
What is France risking in Mali?

We ask if there is French support for the campaign in West Africa amid rebels’ warning it could be France’s Afghanistan.

Inside Story Last Modified: 14 Jan 2013 09:08

–          The battle to retake the north of Mali has begun in earnest.

–          Hundreds of French troops have been deployed, and French airstrikes have already driven back Islamist rebels from the town of Konna. France moved swiftly when fighters swept south towards the capital, Bamako.

–          West African nations have also scrambled their troops, with soldiers from Niger, Senegal, Burkina Faso and Nigeria being mobilised by the African bloc, the Economic Community of West African States (ECOWAS).

–          Several rebel groups linked to al-Qaeda are operating in northern Mali, spread across the territory after a destabilising coup in Bamako nine months ago.

–          Francois Hollande, the French president, says he is battling a terrorist threat on Europe’s doorstep. He says the campaign in northern Mali will take as long as necessary.

–          Hollande says the rebel presence is a major security threat: "France, at the request of the president of Mali, and respecting the United Nations’ charter, committed itself yesterday to support the Malian army against terrorist aggression that threatens all of West Africa …. Thanks to the courage of our soldiers, a halting blow was brought to bear and heavy losses were inflicted on our adversaries, but our mission is not accomplished."

–          The fighters however, warn that the offensive will be France’s Afghanistan – and its downfall.

–          Sanda Ould Bouamama, a spokesperson for Ansar Dine, one of the groups the French are fighting, warned: "We have tanks, armoured vehicles, anti-aircraft guns, grad rocket launchers and other weapons. We’ve already managed to down a French aircraft, which everyone has now heard about. But know this, we fight the French with the same weapons as our brothers fought their invaders in Afghanistan and Iraq, our faith in God, by His will Azawad will be the Afghanistan of the region and France’s downfall."

– The National Movement for the Liberation of Azawad (MNLA) and Ansar Dine were the two major Tuareg groups involved in the takeover of the north of Mali.

–          The secular MNLA made the initial grab for territory after the coup last March, demanding an independent state for the Tuareg. But recently, it has been driven to the sidelines by Ansar Dine and has not been involved in the latest advances.

–          Ansar Dine says it is not fighting for independence but rather for Islamic law to be implemented across the country. It has close ties to other small groups including the Movement for Unity and Jihad in West Africa (MUJAO) which also wants to introduce the sharia.

–          Both these groups are said to be linked to al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM).

–          So, does France risk a prolonged campaign in Mali? And does the offensive have the support of the French people?

–          To discuss this, Inside Story with presenter Shiulie Ghosh is joined by guests: Emmanuel Dupuy, the president of the Institute for Prospective and Security in Europe; Amel Boubekeur, a visiting fellow at the Brookings Doha Center whose research focuses on North African politics; and David Anderson, a professor of African politics at the University of Warwick.

–          "It’s true that Hollande as the new president has also to invent a new foreign policy toward Africa. If you look at territories like Mali or other African countries, France has to some extent lost its predominance, so it has to find a new role to play … But the much more important thing for France is to be able to convey a major political dialogue within the various factions in Mali, and that’s not going to be easy."

Amel Boubekeur, an expert on political Islam
Source:
Al Jazeera
Al-Jazeera    120902

Northern Mali: who is in control?

Hashem Ahelbarra (a roving Middle East correspondent for Al Jazeera English).

Last week fighters for the National Movement for the Liberation of Azawad (MNLA) attacked the city of Douentza, forcing merchants to pay ransoms.

Fearing for their lives thousands fled.

Then on Saturday, the city fell to a different group: the Movement for Oneness and Jihad in West Africa (MUJAO). The question remains: who controls northern Mali?

–          A loose umbrella of rebels claim control. The secular MNLA already claimed the vast territory that stretches from Timbuktu to Mali as the independent land of Azawad, a sort of homeland for Tuareg nationalism. But the MNLA has been severely undermined by new arrivals advocating Islamic rule, including Ansar Dine. Led by the charismatic Ayyad Ag Ghali, the group is expanding its reach in the north enforcing sharia law.

–          There is also the Movement for Unity and Jihad in West Africa (MUJAO). Little is known about its rank and file. Their goal is to spread "jihad" and impose a very strict interpretation of Islamic law. Over the last few months they launched an unabated campaign to crack down on Sufi tradition, widespread in the region, which the MUJWA considers "idolatrous".

–          But despite rivalries among these groups, they remain defiant and determined to fight foreign intervention. A military plan drawn by West Africa’s regional bloc, ECOWAS has been shelved, and the government remains unable to undertake a military action on its own.

For the time being, the government announced it would create a department of religious affairs. An olive branch extended to the Islamists in the north and a symbolic gesture from a government weakened by divisions and rivalries.

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L’Humanitè     130114
Aux origines de la tragédie du nord Mali
14 Janvier, 2013

–          L’intervention de l’Otan en Libye a permis à Aqmi de se doter d’armes et de faire du nord du Mali un sanctuaire.

–          Fin des années 1990, quand l’ex-GSPC (Groupe salafiste pour la prédication et le combat) issu de l’ex-GIA algérien (Groupe islamique armé) avait mis en place un organigramme divisant le Maghreb et le Sahel en neuf régions militaires, nombreux sont ceux qui n’y ont prêté aucune attention.

–          Pourtant, le Sahel, dont le nord-Mali, dénommé Imaratou Es-Sahra (émirat du Sahara), constituait la neuvième région avec à sa tête Mokhtar Belmokhtar, quarante et un ans, dit le Borgne, ancien émir de la zone 5 du GIA (Sud algérien). Il sera le premier à porter le djihad au Sahel, quand il a contraint, en janvier 2000, les organisateurs du Paris-Dakar à changer d’itinéraire, avant de les forcer, en 2008, à l’annuler définitivement.

–          Avec la transformation de l’ex-GSPC en al-Qaida au Maghreb islamique (Aqmi), en janvier 2007, et l’arrivée d’Amara Saïfi, dit Abderezak le Para, et d’Abid Hammadou, dit Abou Zeid, les événements vont s’accélérer : en plus des attaques contre les forces de sécurité des pays du Sahel, s’ajoutent le rapt d’étrangers, le trafic d’armes, de cigarettes et de véhicules, qui lui procurent des sommes énormes.

–          C’est le rapt de 32 touristes européens, majoritairement allemands, par le Para en février 2003 dans le Sud algérien, qui va braquer les projecteurs sur cette région. Les otages sont emmenés au Mali et ne seront libres qu’après que Berlin et Vienne auront versé plus de 6 millions d’euros de rançon.

–          Deux ans plus tard, l’ex-GSPC attaque le poste militaire mauritanien de Lemgheity, tuant 50 soldats. Toujours en Mauritanie, l’assassinat de quatre ressortissants français en décembre 2007, avec, à l’arrière-plan, plusieurs affrontements avec les armées malienne en 2008 et nigérienne, et la poursuite des rapts d’étrangers suscitent l’inquiétude de Paris et de ses alliés. Et quand survient l’enlèvement des huit employés d’Areva au Niger en 2010, Paris décide de renforcer son dispositif militaire dans la région, tandis qu’Alger de son côté met en place un commandement opérationnel régional conjointement avec le Mali, la Mauritanie et le Niger.

–          Mais c’est l’intervention de l’Otan en Libye qui va changer la donne dans une région regorgeant de richesses minières. La chute du régime de Kadhafi se traduit par un pillage des arsenaux de l’armée libyenne dont profite en premier lieu Aqmi grâce aux liens tissés avec des groupes rebelles libyens ! N’a-t-elle pas appelé à aider à renverser Kadhafi qualifié de « taghout » (dictateur impie) !

–          Avec l’aide et le parrainage de Aqmi, est créé le Mujao (Mouvement pour l’unicité et le djihad dans l’Afrique de l’Ouest), en 2011, et Ansar Eddin (islamistes touareg) en 2012, lesquels font du nord du Mali un sanctuaire djihadiste après en avoir chassé le MNLA (Mouvement de libération de l’Azawad) une fois que ce dernier, avec Ansar Eddine, a proclamé l’indépendance du nord du Mali à la suite d’une attaque éclair contre les forces maliennes. La suite est connue : instauration de la charia (amputation, lapidation), destruction de mausolées soufis et, en ligne de mire, la conquête de Bamako.

Hassane Zerrouky
URL source: http://www.humanite.fr/monde/aux-origines-de-la-tragedie-du-nord-mali-512727
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L’Humanitè    130115

Mali: l’Algérie se résout à l’intervention étrangère

Humanité Quotidien
15 Janvier, 2013
Mali

– L’Algérie a autorisé sans limite le survol de son territoire aux avions français. Le premier ministre algérien, Abdelmalek Sellal, estime que la crise malienne aura « un impact direct sur la région ».

–          Longtemps hostile à l’option militaire, Alger soutient désormais, dans les faits, la contre-offensive engagée vendredi au Mali [1]par les forces armées françaises au nom de la « lutte contre le terrorisme ». Dimanche, l’Algérie « a autorisé sans limite le survol de son territoire aux avions français », une décision rendue publique par… le ministre français des Affaires étrangères, Laurent Fabius. Auparavant, le porte-parole de la diplomatie algérienne, Amar Belani, avait expliqué les raisons d’un blanc-seing probablement négocié lors de la visite de François Hollande à Alger, les 19 et 20 décembre 2012 : « Il faut surtout noter que c’est une décision souveraine du Mali », qui « a demandé l’aide de puissances amies pour renforcer ses capacités nationales de lutte contre le terrorisme ».

[Une de El Watan de lundi 14 janvier 2013] [2]

–          Seule puissance régionale à disposer d’une solide expérience en matière de lutte contre le terrorisme, pays frontalier du Mali, l’Algérie anticipe depuis plusieurs mois déjà les conséquences, sur son propre sol, de la grave crise que traverse le Mali. Fin octobre, l’armée algérienne déployait ainsi plusieurs milliers d’hommes pour sécuriser sa frontière sud.

Soutenir le dialogue

–          Samedi, le premier ministre algérien, Abdelmalek Sellal, s’est rendu à Ghadamès (Est) pour y rencontrer ses homologues tunisien et libyen. « Nous avons soutenu au maximum le dialogue et continuerons à le faire, mais, en cas d’atteinte à la sécurité et d’utilisation d’autres moyens, nous sommes appelés à être fermes », a-t-il prévenu. Un avertissement destiné aux islamistes d’Ansar Eddine, reçus il y a encore peu à Alger dans le cadre des « négociations » prônées par la diplomatie algérienne ? Sur le même ton de fermeté, Abdelmalek Sellal a estimé que la crise malienne aurait, inévitablement, « un impact direct sur la région ». « Il ne s’agit pas d’une simple affaire de terrorisme, mais de crime organisé où sont utilisés les stupéfiants et le blanchiment d’argent », a-t-il exposé.

Politique hégémonique au Sahara

En Algérie, ce revirement ne fait pourtant pas l’unanimité. Dans le camp de l’opposition, le RCD et le FFS ont exprimé leur « inquiétude » sur la tournure prise par le conflit avec l’entrée en scène des forces armées françaises. Même ton critique, hier, dans les éditoriaux. Mais la mise en garde la plus alarmante est venue de l’amenokal de l’Ahaggar, Ahmed Idebir. « La guerre engendre plus de problèmes qu’elle n’en résout », s’inquiète le chef traditionnel touareg dans les colonnes du quotidien El Watan. Et de conclure : « N’oubliez surtout pas que la France n’a jamais abandonné sa politique hégémonique sur le Sahara, et ce depuis la guerre de libération (…) Cette guerre aujourd’hui à nos portes a d’autres objectifs que de combattre le terrorisme. »

R. M.

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