Il boom della Cina e le reazioni tedesche/Bild: + Bild 110626/27 I cinesi in Germania per fare acquisti

Cina, Germania, rapporti potenza
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Il boom della Cina e le reazioni tedesche
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L’egemone vacillante

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P. RONZHEIMER, M. KLUCKERT, N. BLOME, R. KLEINE, H. KAUTZ

– La politica di Berlino verso la Cina è contraddittoria, non per divergenze nella politica estera tedesca verso Pechino, quanto perché espressione di interessi contrastanti:

– 1. da una parte la ricerca del profitto tramite la cooperazione economica – si intensificano le relazioni economiche tra i due paesi, i gruppi tedeschi che vogliono rafforzare la propria presenza in Cina per approfittare della sua crescita economia:

o   Il gruppo chimico Bayer intende aumentare gli investimenti in Cina da €2 a €3 MD entro il 2016, ed aumentare ricerca e sviluppo a Shanghai.

o   Il suo fatturato in Cina è aumentato nel 2010 del 40%, raggiungendo l’8,3% del globale, ed è destinato a crescere dato la Cina produce il 35% dei policarbonati globali. Bayer sposterà in Cina due suoi centri amministrativi, di cui uno per i policarbonati.

o   L’ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt valuta la veloce ascesa della Cina l’espansione dei gruppi cinesi sui mercati mondiali, una grande chance per Germania e Europa.

– 2. Dall’altra, temendo che Pechino si rafforzi come potenza politica mondiale utilizzando la propria forza economica, Berlino prosegue le sue campagne politico-ideologiche contro la Cina, contro al violazione dei “diritti dell’uomo”; su diversi media si parta di “pericolo giallo”, di “invasione della Cina”, “comprano terreno nostro, le società che fanno parte della tradizione tedesca”; “scorrazzano per l’Europa”. Oltre la metà dei 8766 resoconti sulla Cina – di 3 grandi giornali, 3 grandi settimanali e 3 grandi TV tedesche – analizzati dalla Fondazione Heinrich Böll (Bündnis 90/Die Grünen) facevano solo riferimento a cliché sulla Cina.

– Sondaggio aprile-maggio 2011, della Fondazione Körber di Amburgo a 400 dirigenti tedeschi – nel campo della politica, economia, scienza e media:

o   2/3  di essi prevedono una crescente competizione per l’egemonia globale tra Occidente ed Asia, con un declino della potenza dell’Occidente (il 93% pensa che a causa dell’ascesa dell’Asia gli Usa perdano peso; il 76% anche l’Europa); il 60% non esclude la possibilità di scontri militari

o   la Cina è vista come rivale (62%), mentre Giappone, India e paesi del S-E asiatico sono considerati come alleati (3/4);

o   l’opinione degli intervistati corrisponde alle previsioni degli esperti di politica estera, che non escludono scontri armati e conflitti per procura.

o   Anche gli interventi occidentali in Medio Oriente sarebbero dettati dalla rivalità di potenza con la Cina che (per l’81% degli intervistati) in futuro per i suoi interessi energetici e economici si impegnerà maggiormente in MO, dove è da prevedere aumentino i conflitti tra Usa e Cina

o   Il 97% degli intervistati assegnano all’Asia un forte peso come mercato e partner commerciale; per l’87% l’ascesa dell’Asia è una grande chance per la Germania; il 56% chiede una più stretta cooperazione con i paesi asiatici economica, non bisogna perdere l’occasione.

– Ritengono che abbia un grandissimo peso economico per la Germania

o    la Cina, l’87% degli intervistati; l’India, il 38% e il Giappone, il 25%.

– La rivista Internationale Politik non esclude che i conflitti interni sulla ripartizione della ricchezza possano portare in Cina ad una guerra civile, che porrebbe fine improvvisamente all’ascesa cinese.

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– Nel 2010 il commercio estero della Cina con la Germania ha superato con €130,1 MD quello degli Usa (€113,7MD), poco dietro ad uno dei suoi maggior partner europei, l’Olanda (€132MD);

o   secondo gli esperti in pochi anni supererà quello con la Francia (€152,5 MD), maggior partner commerciale della Germania.

– Un recente esempio del forte progresso economico cinese, anche nel settore ad alta tecnologia, è la costruzione di un aereo commerciale a media percorrenza, il C919, costruito da Comac (Commercial Aircraft Corporation of China, fondata nel 2008 a Shanghai)

– che dovrebbe entrare sul mercato nel 2016 in competizione con corrispondenti modelli di Airbus e Boeing, che detengono il duopolio per il mercato degli aerei a media e lunga percorrenza; il primo test di volo del C919 è previsto per il 2014.

– Comac sta pensando allo sviluppo di modelli più grandi (C929, C939).

o   Per le ali e la fusoliera del VC919 anziché composti di fibre di carbonio vengono utilizzate leghe di alluminio, considerato considera il futuro materiale di costruzione per l’industria aereonautica.

– Altro esempio della velocità di sviluppo cinese nel settore ad alta tecnologia è il treno ad alta velocità Pechino-Shanghai, che entra in funzione un anno prima del previsto il 1° luglio 2011. 90 treni al giorno, percorreranno in 4 ore 48’ 1320 km, trasportando 80 mn. di passeggeri l’anno; in Europa non esiste qualcosa di paragonabile. (cfr. però scheda su sito PM su incidente ferroviario di questo modello).

– Il centro ricerca di Standard Chartered Bank prevede che l’interscambio commerciale tra paesi emergenti e PVS farà da traino alla crescita economica mondiale:

o   il loro interscambio era nel 1990 pari al 7% del totale mondiale; oggi è al 18%, e nel 2030 si prevede raggiungerà circa il 40% .

o   La Cina si troverà al centro di diversi rilevanti corridoi commerciali, i più importanti dei quali non porterebbe più verso Europa e Nord America, ma Asia, America Latina, o Asia e Medio Oriente.

– Europa e Usa la cui tendenza a perdere peso è rafforzata dalla crisi finanziaria, perdono il predominio.

– L’ascesa della Cina porta ad una perdita di quote dell’Occidente nell’economia mondiale, ma anche una maggiore influenza economica cinese in Europa:

o   un esempio recente, dopo l’appoggio cinese ai titoli statali greci nel 2010, è   il rafforzamento delle relazioni economiche sino-ungheresi;

o   Il primo ministro cinese, Wen Jiabao in visita a Budapest (23-25 giugno 2011) Pechino ha comunicato l’acquisto a breve di obbligazioni di Stato ungheresi e farà investimenti miliardari, per sostenere i quali ha erogato all’Ungheria €1MD di crediti speciali. L’Ungheria ha ricevuto, a promozione dei progetti di investimento comuni.

o   Pechino prevede di raddoppiare in 4 anni l’interscambio con l’Ungheria, a $20MD, che già oggi sarebbe i 2/3 di quello con la Germania, ad esemplificare come la Cina è in grado di attestarsi anche in aree in cui finora la Germania aveva un’influenza egemonica.

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– Dal 1978 il PIL della Cina si è moltiplicato più di 100 volte.

– Quest’anno la Cina ha usato 660 mn. di acciaio.

– I gruppi tedeschi hanno finora investito circa €18MD in Cina;

– 116 mn. di cinesi sono analfabeti;

– Ogni minuto in Cina nascono 34 bambini, tra i minori di venti anni ci sono 32 milioni di maschi in più delle femmine;

–  L’esercito della Cina è il maggiore del mondo, con 2,1 mn. di soldati.

– In Cina ci sono 10 festività, 9 a livello federale in Germania, 13 in Baviera.

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– Non c’è in Germania un ufficio che abbia una visione completa degli investimenti cinesi in Germania, che si calcola siano tra i 600 e i 2000. In tutta la cancelleria c’è sono una sinologa che si occupa della Cina per quanto riguarda la politica estera.

– La Cancelleria ha varato il 15 giugno un “Progetto Africa”, non ne esiste uno corrispondente per la Cina, anche se il ministro Economia, Rösler, ha dichiarato ce la “Cina è per noi anche una sfida per istruzione e formazione”; ha una “enorme sete di sapere, ambizione e voglia di lavorare”.

– Dal 2007 la Cina ha raddoppiato ogni anno il valore delle acquisizioni di aziende in Germania; anche se i gruppi tedeschi investono molto più in Cina, ma la Cina sta recuperando, senza fare rumore.

– Gli investimenti, che per la singola società possono essere una benedizione, nel loro complesso sono un pericolo per la Germania, perché seguono un piano diretto da Pechino.

o   È come se la Germania salisse su un ring di boxe senza sapere se l’avversario colpisce con la destra o la sinistra.

– 2007, il gruppo cinese LinkGlobal ha acquistato per €100mn. l’aeroporto Parchin, in Germania;

– (?) appartiene a un gruppo cinese (?) il 40% della catena di drogherie Rossmann, la maggioranza in Esprit.

– Primi mesi 2011: sette acquisti di importanti società, di cui:

o   Il gruppo cinese Lenovo (computer) intende acquistare per €629mn. Medion, la marca di computer tedesca più venduta;

o   Il gruppo cinese Sany, macchinari per l’edilizia, ha aperto il suo stabilimento presso Colonia, investimento iniziale €100 mn., fino a 600 posti di lavoro; il proprietario di Sany è un cinese di 42 anni che vive in Germania; il costo dei macchinari Sany è circa lo stesso di quello della concorrenza tedesca.

o   Secondo un documento riservato del governo tedesco, lo Stato cinese continua a finanziare l’export.

o   Il surplus della Cina per la bilancia commerciale con la Germania a decine di miliardi.

– Pechino si oppone alle richieste di migliori condizioni di investimento, mentre viceversa i cinesi entrano nel mercato aperto della Germani; i dirigenti del PCC e del governo cinese hanno indicato come obiettivo su cui puntare per gli investimenti in Germania i settori macchinari, chimica, farmaceutico, elettrotecnica, tessile.

– Fino al 2009 i cinesi si prendevano società insolventi o barcollanti; ora costruiscono nuovi stabilimenti:

es. a metà 2009 una investitrice cinese ha invitato il borgomastro di Schwarzenbek, una cittadina tedesca nei pressi di Amburgo nella città con essa gemellata nei pressi di Pechino; come traduttrice ha preso il borgomastro ha scelto una odontoiatra cinese. Poco dopo i cinesi hanno creato a Schwarzenbek un centro di produzione tessile con 1000 addetti.

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Chinas Boom und die deutschen Reaktionen
28.06.2011
BEIJING/BERLIN

–   (Eigener Bericht) – Mit den heute zu Ende gehenden deutsch-chinesischen Regierungskonsultationen treibt Berlin seine widersprüchliche China-Politik voran. Der Boom in der Volksrepublik hält ungebrochen an; Ökonomen sagen Beijing übereinstimmend den Aufstieg zur weltstärksten Wirtschaftsmacht voraus.

–   Deutsche Konzerne bereiten sich darauf vor und bauen ihre Präsenz in China aus, um im künftigen Zentrum der globalen Wirtschaft Geschäfte machen zu können. Während die Intensivierung der Wirtschaftsbeziehungen bei den aktuellen Gesprächen im Mittelpunkt steht, warnen Strategen, Beijing profitiere auch machtpolitisch vom Wirtschaftsboom.

–   So hat der chinesische Ministerpräsident am Wochenende angekündigt, China werde in Kürze mit dem Kauf ungarischer Staatsanleihen und mit Milliardeninvestitionen in Ungarn Budapest aus der Krise helfen. Damit wird die Volksrepublik zum Machtfaktor in einem Land, das bisher einem hegemonialen Einfluss Deutschlands ausgesetzt war. Auf den Einflussgewinn Chinas reagiert das Berliner Establishment mit dem Versuch, Beijing durch Imagekampagnen ("Menschenrechte") zu schwächen, von denen Verbündete der Bundesrepublik zuverlässig verschont bleiben. Gleichzeitig startet die Boulevardpresse eine Kampagne gegen die Volksrepublik, die nach klassischem Muster vor einer angeblichen "China-Invasion" warnt und an traditionelle rassistische Ressentiments ("gelbe Gefahr") anknüpft.

Ein Mehr an Chancen

–   Im Mittelpunkt der aktuellen deutsch-chinesischen Regierungskonsultationen, die am heutigen Dienstag zu Ende gehen, steht der Ausbau der bilateralen Wirtschaftsbeziehungen.

–   China, dessen Wirtschaft ungebrochen wächst, hat im vergangenen Jahr nicht nur die Vereinigten Staaten beim Außenhandel mit Deutschland überholt (130,1 Milliarden Euro gegenüber 113,7 Milliarden Euro). Es liegt zudem nur noch knapp hinter einem der wichtigsten innereuropäischen Handelspartner der Bundesrepublik – den Niederlanden (132 Milliarden Euro).

–   Selbst der bedeutendste deutsche Handelspartner überhaupt, Frankreich (152,5 Milliarden Euro), wird nach dem Urteil von Experten womöglich schon in wenigen Jahren eingeholt.[1] "China bedeutet für uns ein Mehr an Chancen", erklärt Bundeswirtschaftsminister Philipp Rösler über die in Aussicht stehenden Gewinne, die sich aus dem chinesischen Boom ergeben.[2]

Airbus, Boeing, Comac

–   Eines der jüngsten Beispiele für die gewaltigen ökonomischen Fortschritte, die China mittlerweile selbst in Hochtechnologiebranchen erzielt, liefert die Flugzeugindustrie.

–   Der erst im Mai 2008 in Shanghai gegründete Flugzeughersteller Comac (Commercial Aircraft Corporation of China) kündigt an, bereits im Jahr 2014 werde sein Mittelstreckenflieger C919 den Erstflug absolvieren.

–   Für 2016 ist der Markteintritt geplant. Der C919 konkurriert unmittelbar mit entsprechenden Modellen von Airbus und Boeing.

–   Schon jetzt hat Comac auch die Entwicklung größerer Modelle (C929, C939) im Blick. Für Flügel und Rumpf des C919 werden anstatt der üblichen Kohlefaserverbundstoffe Aluminiumlegierungen verwendet, die in der Flugzeugindustrie als Baustoff der Zukunft gelten – auf lange Sicht ein Vorteil für Comac.

–   Bei Boeing und Airbus, die sich bislang den Markt für Mittel- und Langstreckenflugzeuge teilen, gilt der chinesische Konzern bereits heute als ernsthafter Rivale. "Die Tage des Duopols mit Airbus sind vorbei", urteilt der Leiter der Boeing-Zivilsparte; dabei seien die Chinesen womöglich "schneller, als jeder denkt".[3]

–   Die Vermutung ist nicht abwegig. Mit welch hohem Tempo China ehrgeizige Technologieprojekte voranzutreiben fähig ist, zeigt der neue Hochgeschwindigkeitszug von Beijing nach Shanghai, der zum 1. Juli in Betrieb genommen werden soll – ein ganzes Jahr früher als geplant.

–   90 Züge am Tag werden die 1.320 Kilometer lange Strecke in jeweils vier Stunden und 48 Minuten zurücklegen und pro Jahr 80 Millionen Passagiere befördern. Vergleichbares gibt es in Europa nicht.

Dabei sein ist alles

–   Die gewaltigen Fortschritte Chinas erklären, weshalb auch deutsche Unternehmen alles daran setzen, ihre Präsenz in dem Land auszubauen.

–   Der Chemieriese Bayer etwa hat erst unlängst bekanntgegeben, er werde seine Investitionen in der Volksrepublik bis 2016 von zwei auf drei Milliarden Euro aufstocken und Forschung und Entwicklung in Beijing und Shanghai intensivieren.[4]

–   Auch wird der Konzern zwei Hauptverwaltungen aus Leverkusen nach China verlegen. Ursache ist, dass der chinesische Geschäftsanteil rapide wächst. 2010 erreichte der Umsatz, den Bayer in China erzielte, nach einer Steigerung um rund 40 Prozent bereits 8,3 Prozent des globalen Konzernumsatzes.

–   Ein weiteres rasches Wachstum gilt als sicher. Bei den Polycarbonaten hält die Volksrepublik inzwischen einen globalen Umsatzanteil von 35 Prozent. Dies ist der Grund dafür, dass Bayer beschlossen hat, seine Polycarbonat-Verwaltung in China anzusiedeln. Mit derlei Maßnahmen trägt der Leverkusener Konzern zudem einer langfristigen ökonomischen Tendenz Rechnung – der mutmaßlichen Verschiebung der Welthandelsströme nach Asien.

Weltwirtschaftszentrum China

–   Auf diese Verschiebung hat erst kürzlich die Forschungsabteilung der Standard Chartered Bank hingewiesen. Demnach wird in den nächsten Jahren vor allem der Handel zwischen Schwellen- und Entwicklungsländern das weltwirtschaftliche Wachstum befördern.

–   EU und USA, zusätzlich zu langfristig wirksamen Schwächungstendenzen durch die Finanzkrise schwer angeschlagen, fallen zurück und verlieren ihre bislang dominierende Position.

o    Bis zum Jahr 2030 werde der Handel zwischen den aufstrebenden Staaten, der 1990 nur sieben Prozent des Welthandels betragen habe und heute immerhin schon 18 Prozent erreiche, auf rund 40 Prozent steigen, vermutet die Bank: "China wird dann im Zentrum vieler bedeutender Handelskorridore stehen".[5]

o    Die wichtigsten dieser Korridore würden nicht mehr nach Europa und Nordamerika führen, sondern aus Asien nach Lateinamerika bzw. aus Asien in den Nahen Osten verlaufen. Die Untersuchung der Standard Chartered Bank schließt an frühere Studien anderer Finanzinstitute an, die fast sämtlich den Aufstieg Chinas an die Spitze der Weltwirtschaft bei gleichzeitigem Aufstieg weiterer Staaten Asiens und Lateinamerikas prognostizieren, insbesondere Indiens, Brasiliens und Mexikos. Ihnen gegenüber würden, heißt es, die Staaten Europas, auch Deutschland, zurückfallen (german-foreign-policy.com berichtete [6]).

Stützungskäufe

 

– Dabei senkt der Aufstieg Chinas nicht nur die Anteile des alten Westens an der Weltwirtschaft, er bringt auch einen stärkeren ökonomischen Einfluss Beijings in Europa mit sich. Jüngstes Beispiel ist nach den chinesischen Stützungskäufen griechischer Staatsanleihen im letzten Jahr der aktuelle Ausbau der chinesisch-ungarischen Wirtschaftsbeziehungen. Bei seinem Besuch in Budapest am vergangenen Wochenende hat der chinesische Ministerpräsident Wen Jiabao den Kauf ungarischer Staatsanleihen angekündigt;

–   auch erhält Ungarn einen chinesischen Sonderkredit im Volumen von einer Milliarde Euro – zur Förderung gemeinsamer Investitionsvorhaben. Beijing kündigt an, den Außenhandel zwischen den beiden Ländern binnen vier Jahren auf einen Wert von 20 Milliarden US-Dollar verdoppeln zu wollen. Dies wären bereits zwei Drittel des heutigen Handelsvolumens zwischen Ungarn und der gegenwärtig in Ungarn mit Abstand dominierenden Wirtschaftsmacht – Deutschland. Darüber hinaus sind inzwischen auch milliardenschwere Investitionen aus China in Ungarn im Gespräch. Dass dies alles ohne Einfluss auf die zur Zeit auch politisch dominierende deutsche Position in Budapest bleibt, muss als unwahrscheinlich gelten.

Die "gelbe Gefahr"

–   Die Reaktionen des Berliner Establishments auf die Aussicht, einen Teil des eigenen, in Europa inzwischen hegemonialen Einflusses preisgeben zu müssen, sind angesichts der Stärke Chinas von krassen Widersprüchen geprägt. Während die Bundeskanzlerin bei den aktuellen Verhandlungen in der deutschen Hauptstadt eine noch engere Zusammenarbeit in die Wege zu leiten sucht,

–   liefert die Bundesregierung immer wieder Material für Kampagnen gegen Beijing ("Menschenrechte"), von denen ihre Verbündeten auch bei schwersten Menschenrechtsverbrechen stets verschont bleiben. In zahlreichen Medien sind auch in diesen Tagen heftige Invektiven gegen die Volksrepublik zu lesen; die Boulevardpresse weckt sogar alte rassistische Ressentiments ("Die gelbe Gefahr") und warnt vor einer angeblichen "China-Invasion": "Sie kaufen unseren Boden, deutsche Traditionsfirmen", heißt es über chinesische Konzerne, "China rollt Europa auf".[7]

–   Die Widersprüche zwischen dem Bemühen um engere Kooperation auf der einen und kampagnenförmigen Attacken gegen China auf der anderen Seite sind allerdings kein Zeichen von Unstimmigkeiten in der Berliner Außenpolitik, sondern vielmehr Ausfluss gegensätzlicher Interessen, die zwischen dem Wunsch nach Profit aus der Kooperation mit der boomenden chinesischen Wirtschaft und dem Kampf gegen die aus dem Boom entstehende politische Macht Chinas resultieren.

[1] s. dazu Den Druck erhöhen

[2] Merkel empfängt Premier Wen; www.n-tv.de 27.06.2011

[3] Chinesen belauern Boeing und Airbus; www.ftd.de 21.06.2011

[4] Bayer stockt in China auf; www.welt.de 23.06.2011

[5] China rückt ins Zentrum des Welthandels; www.ftd.de 22.06.2011

[6] s. dazu Europas Abstieg (II)

[7] Chinesen in Deutschland auf Shopping-Tour; www.bild.de 26.06.2011. S. auch Deutschland gegen China (I)

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BILD-Serie: Die China-Invasion Chinesen in Deutschland auf Shopping-Tour

26.06.2011 — 23:36 Uhr

Von P. RONZHEIMER, M. KLUCKERT, N. BLOME, R. KLEINE, H. KAUTZ

Sie kaufen unseren Boden, deutsche Traditionsfirmen und bauen riesige Werke! Heute erklärt BILD, wie China mit seiner Shopping-Tour Deutschland verändern will.

Ein riesiges Rollfeld auf halbem Weg zwischen Hamburg und Berlin. Davor ein Zaun mit chinesischen Schriftzeichen: „Willkommen am internationalen Flughafen Parchim.“

Parchim gehört den Chinesen. Aber Parchim steht still.

–   Im Jahr 2007 kauft „LinkGlobal“ aus China für ca. 100 Mio. Euro den Flughafen, hat große Pläne, lässt sich feiern. Später gibt es Zahlungsschwierigkeiten, Bautermine platzen, die Landesregierung schreitet ein.

Heute sind die Parchimer ernüchtert. Eine Flughafen-Angestellte zu BILD: „Die chinesischen Chefs tauchen hier kaum auf. Und die versprochenen großen Jumbos sehen wir wohl auch nie.“

–   China rollt Europa auf. Von den Rändern nach innen, bis zu uns. Seit 2007 verdoppelt sich jedes Jahr der Wert der chinesischen Unternehmenskäufe in Deutschland.

–   Altkanzler Helmut Schmidt zu BILD: „Chinas rasanter Aufstieg, die Expansion chinesischer Konzerne auf den Märkten der ganzen Welt sind keine Gefahr, sondern eine große Chance für Deutschland und Europa.“

So gesehen ist Parchim nur eine Panne.

–   Zwar investieren deutsche Firmen weit mehr in China als chinesische in Deutschland. Aber China holt auf. Gern auch still und leise: eine 40-prozentige Beteiligung an der Drogeriekette Rossmann, die Aktienmehrheit bei Esprit, Traditionsnamen wie Dürkopp-Adler oder Goldpfeil.

Der Geschäftsführer der Arbeitsgemeinschaft für Sicherheit in der Wirtschaft, Berthold Stoppelkamp zu BILD: „Die Strategie der Chinesen hat sich verändert: An die Stelle von Industriespionage ist in den letzten Jahren immer mehr die Beteiligung oder Übernahme von Unternehmen getreten.“

–   In den ersten Monaten 2011 geht es Schlag auf Schlag. Sieben größere Firmenkäufe werden bekannt. Darunter: Der chinesische Computer-Konzern Lenovo will für mehr 629 Mio. Euro Medion übernehmen, die deutsche PC-Massenmarke (u. a. bei Aldi). Nun bangt die Belegschaft im thüringischen Sömmerda, ob die Jobs wirklich in Deutschland bleiben. Die chinesischen Bald-Eigentümer lassen wissen: „Alles wird auf den Prüfstand gestellt, vom Design über die Fertigung bis zu Logistik und Lieferzeit.“

–   Das macht Sorgen, nicht nur in Sömmerda. Dass China bald stärkste Wirtschaftsmacht der Welt ist, sehen laut einer repräsentativen Befragung des Instituts YouGov für BILD 58 Prozent „negativ“, 22 Prozent „positiv“. Zudem sagen 78 Prozent, dass ihnen die chinesischen Unternehmenskäufe in Europa und Deutschland „Sorgen machen“. Nur 11 Prozent „begrüßen“ sie.

–   Chinas Wirtschaftsvorhut stört das nicht, gute Laune ist Programm. He Dongdong zum Beispiel, Deutschland-Chef des chinesischen Baumaschinen-Herstellers Sany, hat ein Handy, dessen Nummer mit 318 endet. „san yi ba“, so spricht man die Ziffern auf Chinesisch, heißt frei übersetzt „Reich werden mit Sany“. Schon die Lage seines Büros ist Signal, im obersten Stockwerk von Kölns höchstem Gebäude. Von hier aus wirkt der Dom wie Spielzeug.

–   Vor einigen Tagen eröffnete Sany sein Deutschland-Werk in Bedburg bei Köln. Anfangs-Investition: 100 Mio. Euro, bis zu 600 Arbeitsplätze. NRW-Wirtschaftsminister Harry Voigtsberger war da, der milliardenschwere Sany-Eigner aus China (der beim Gala-Essen strikt abseits blieb, offenbar nicht viel mit der deutschen Belegschaft zu tun haben wollte) – und natürlich Herr He.

–   Der 42-Jährige ist ein „huaqiao“, ein in Deutschland lebender Chinese. Deutsch spricht er nicht – „Ich hab’s versucht, aber es ist zu schwierig.“ Er bewundert die deutsche Gründlichkeit und kennt die Vorurteile: „Die Leute glauben, dass chinesische Produkte billig und schlecht sind. Aber für uns gilt das nicht.“ Für in Bedburg hergestellten Maschinen verlangt Sany fast Preise wie die deutsche Konkurrenz.

–   Eine Ausnahme? Eher ja, wenn man einem internen Papier der Bundesregierung glaubt. China setze weiterhin auf aggressive staatliche Exportfinanzierung, heißt es darin. O-Ton: „Die Exportförderung ist Teil einer chinesischen Vorgehensweise zur Eroberung von Märkten. (…) Chinesische Anbieter, die technologisch eigentlich noch nicht konkurrenzfähig sind, werden aufgrund dieser Finanzierung anderen Anbietern vorgezogen.“

Sportlicher Drill Exil-Chinesen machen sich in Polen fit

–   In der deutsch-chinesischen Handelsbilanz hat China einen zweistelligen Milliarden-Überschuss. Die chinesische Wirtschaft wächst mit Raten um die zehn Prozent, hiesige Exporteure wie Daimler oder Siemens profitieren massiv davon. Aber: China achtet genau darauf, wie viel Ausland es ins Land lässt. Das interne Papier des Wirtschaftsministeriums fasst zusammen: „Forderungen nach besseren Investitionsbedingungen begegnet die chinesische Führung zunehmend selbstbewusst.“ Im Klartext: Peking lässt Kritiker bisweilen arrogant abblitzen.

–   In umgekehrter Richtung setzen die Chinesen auf die offenen Märkte gerade in Deutschland. Die oberste Führung von Kommunistischer Partei und Regierung hat Maschinenbau, Chemie, Pharma, Elektrotechnik, Textil als hiesige Zielbranchen vorgegeben.

–   Bis 2009, so Experten, nahm man sich gern insolvente oder schwächelnde Firmen vor, inzwischen werden eher Niederlassungen gegründet.

Wie in Schwarzenbek, wo Frank Ruppert nur „Buddha-Bürgermeister“ heißt.

–   Ruppert hat die Chinesen in den 15 000-Einwohner-Vorort Hamburgs geholt. Mitte 2009 lädt ihn eine chinesische Investorin in Schwarzenbeks Partnerstadt ein, Haimen nahe Peking. Als Übersetzer nimmt Ruppert einen chinesischen Hals-Nasen-Ohren-Arzt aus Schwarzenbek mit, besucht mehrere Firmen, darunter „S & C“. Ruppert zu BILD: „Wir hätten am Anfang nie gedacht, dass das so schnell klappen kann, die Chinesen wirklich nach Schwarzenbek wollen.“ Jetzt sollen in einem regelrechten Textilzentrum 1000 neue Jobs entstehen.

–   Oder wird Schwarzenbek ein zweites Pannen-Parchim? Bürgermeister Ruppert jedenfalls zeigt in seinem Büro stolz eine Buddha-Statue. Es ist ein Gastgeschenk. Und eine Art Frage: Bei 130 Mrd. Euro deutsch-chinesischem Handel und -zig Unternehmens-Käufen oder -Gründungen – wer prägt wen? Wessen Regeln bei Jobs, Bildung, Wohlstand, Freiheit werden gelten, wenn der Wettlauf entschieden ist?

Setzt sich China durch: gelenkte Wirtschaft, gelenkte Menschen – und enormer Wirtschaftserfolg? Oder Europa und Deutschland: freie Firmen, offene Demokratie – mit immer neuen kreativen Ideen des Einzelnen, aber ziemlich zähen Verfahren?

Der China-Repräsentant eines deutschen Weltkonzerns zu BILD: „Wandel durch Handel – dieses Motto der Gutmenschen ist ein Witz. Nicht wir verändern China, sondern China verändert uns.”

–   Wie lange hält das europäische Modell, der Mix aus Marktwirtschaft und Sozialstaat, noch stand? Um nicht weniger geht es – und das treibt auch Bundeskanzlerin Angela Merkel um. Viele Fragen stellt sie sich.

Aber nicht auf alle möchte sie die Antwort erleben …

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BILD-Serie: Die China-Invasion Macht & Milliarden – China zu Gast bei Merkel

Premier Wen Jiabao mit großer Delegation in Deutschland

Merkel und Wen Beziehungen massiv ausweiten

Quelle: Reuters

27.06.2011 — 23:31 Uhr

Von NIKOLAUS BLOME und ROLF KLEINE

„Hühnchen süß/sauer“ essen sie fast nie, das ist etwas für „Langnasen“, für Europäer. Wer es als Chinese in Deutschland geschafft hat, der verwöhnt seine Gäste mit Schwalbennestersuppe oder Seegurken, die Portion nicht selten für mehrere Hundert Euro. Und dazu original Maotai-Schnaps, wie er in den Separées des Berliner Restaurants „Ming Dynastie“ halbliterweise für 198 Euro serviert wird.

 

• Seit 1978 hat sich die Wirtschaftsleistung Chinas mehr als verhundertfacht

• Jedes Jahr sterben in China rund 70 000 Menschen im Straßenverkehr

• China verbraucht dieses Jahr 660 Millionen Tonnen Stahl
• Deutsche Unternehmen haben bisher rund 18 Mrd. Euro in China investiert

 

• 116 Mio. Chinesen können weder lesen noch schreiben

 

• Die chinesische Volksbefreiungsarmee ist mit 2,1 Mio. Soldaten die größte Armee der Welt

• Pro Minute werden in China 34 Kinder geboren

• Weltweit gibt es 1856 Pandabären – nur 27 von ihnen leben außerhalb Chinas

• In Chinas Städten fallen jedes Jahr 150 Millionen Tonnen Müll an

• Chinesen haben 10 Feiertage – bei uns sind es bundeseinheitlich 9, in Bayern allerdings 13.

 

• Allein bei den unter 20-Jährigen gibt es 32 Millionen mehr Männer als Frauen

• Die chinesische Mauer ist 8851,8 Kilometer lang

 

Hier speist man an runden Tischen, der Gastgeber sitzt gegenüber der Tür, sein wichtigster Gast an seiner rechten Seite. Wer mit dem Rücken zur Tür sitzt, ruft den Kellner. Und auf keinen Fall spricht man gleich übers Geschäft.

–   Die mächtigen Chinesen in Deutschland bleiben unter sich. Sie sprechen kein Deutsch, haben keine deutschen Freunde. Das ist nicht unbedingt Überheblichkeit. Auch schwerreiche Chinesen sind oft schüchtern.

Doch für die Führung in Peking gilt das immer seltener.

★★★

China zeigt sich, tritt auf. Heute ist Premierminister Wen Jiabao in Berlin, mit ihm 13 Minister. Rekord. China lässt längst auch die politischen Muskeln spielen, rollt Europa auf, kauft sich auch in Deutschland ein.​ Und nimmt sehr genau wahr, wenn ein Bundesaußenminister es akzeptiert, dass die chinesische Seite einen kritischen deutschen Autor nicht zeitgleich mit ihm einreisen lässt.

Ulrich Walker, Chef von Daimler Nordost-Asien und der deutschen Außenhandelskammer in Peking, zu BILD: „China tritt selbstbewusster auf, fordert mehr, ist nicht mehr nur Juniorpartner. Darauf müssen wir uns einstellen.“

–   Deshalb kaum zu glauben, aber wahr: Es gibt keine amtliche Stelle, die einen kompletten Überblick über Chinas Investments in Deutschland hat. Zwischen 600 und 2000 soll die Zahl liegen. Für die einzelne Firma kann es ein Segen sein, für den Standort D in Summe eine Gefahr.

–   Denn die Investments folgen einem Peking-gesteuerten Plan, sind vielleicht DIE Herausforderung des 21. Jahrhunderts.

–   Es ist, als ginge Deutschland in einen Boxkampf – ohne zu wissen, ob der Gegner mit der Linken oder der Rechten schlägt.

–   Im ganzen Bundeskanzleramt beschäftigt sich in der außenpolitischen Abteilung nur EINE Sinologin mit China.

–   Am 15. Juni verabschiedete das Bundeskabinett ein großes „Afrika-Konzept“. Für China gibt es kein solches Konzept.

Und das auf EU-Ebene ist von der glücklos-überforderten Lady Ashton, die allein der Nationen- und Parteienproporz zur „Außenministerin“ der EU gemacht hat.

–   „Der enorme Wissensdurst, Ehrgeiz und Arbeitswille“ der Chinesen „hält uns den Spiegel vor“, heißt es in einem internen Regierungspapier. Wirtschaftsminister Philipp Rösler im BILD-Interview: „China bedeutet auch eine Herausforderung für Bildung und Ausbildung.“ Und Kanzlerin Angela Merkel sagt in kleinem Kreis: „Einmal im Jahr nach China zu reisen ist das absolute Minimum für einen deutschen Regierungschef.“

Ernste Worte. Reicht das?

FAKT IST: Ende des Jahrhunderts werden die Europäer nur noch fünf Prozent der Weltbevölkerung ausmachen. China wird bald auch nach den letzten ökonomischen Maßstäben die USA überholen. Dann wäre die größte Wirtschaftsmacht der Welt zum ersten Mal in der modernen Geschichte keine Demokratie.

Wie wird das, wenn eine Nicht-Demokratie die Spielregeln der Welt festlegt?

 
 
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Der wankende Hegemon
17.08.2011
HAMBURG

(Eigener Bericht) – Die deutschen Eliten stellen sich auf zunehmende Hegemonialkonflikte mit der Volksrepublik China ein. Dies bestätigt eine Umfrage unter mehr als 400 Führungskräften aus Politik, Wirtschaft, Wissenschaft und Medien, die eine einflussreiche Hamburger Stiftung vergangene Woche veröffentlicht hat.

Demnach rechnen über zwei Drittel der Befragten mit wachsender Konkurrenz um die "globale Vorherrschaft" zwischen dem Westen und Asien. Dabei gelten China als Rivale, Japan, Indien und Staaten Südostasiens als Verbündete.

–   Die überwiegende Mehrheit prognostiziert den baldigen weltpolitischen Abstieg des Westens, der nach Auffassung von drei Fünfteln der deutschen Eliten mit eskalierenden Einflusskämpfen ("mehr sicherheitspolitische Konflikte") einhergehen wird. Das Meinungsbild unter den Führungskräften entspricht den Prognosen außenpolitischer Experten, die selbst kriegerische Auseinandersetzungen zwischen dem Westen und China nicht ausschließen. Zugleich schüren die Medien antichinesische Stimmungen. Laut einer empirischen Analyse transportieren Presse und Fernsehen in Deutschland ein "klischeebeladenes", teilweise sogar "denunzierendes Bild der chinesischen Gesellschaft". Das sei, heißt es, mit der Systemkonkurrenz zwischen dem Westen und China in Verbindung zu bringen.

–   Die Haltung der deutschen Eliten gegenüber Asien ist Gegenstand einer aktuellen Umfrage, welche die Körber-Stiftung – eine einflussreiche, insbesondere auch außenpolitisch tätige Organisation aus Hamburg – letzte Woche veröffentlicht hat. Befragt wurden im April und Mai dieses Jahres jeweils gut 100 Führungskräfte aus Politik (darunter 62 Bundestagsabgeordnete), Wirtschaft, Wissenschaft und Medien. Die Resultate lassen weitgehende Übereinstimmung in zentralen Aspekten erkennen.

Absatzmarkt und Handelspartner

–   Dass Asien für Deutschland eine herausragende Stellung als Wirtschaftspartner und mittlerweile auch als finanzkräftiger Investor besitzt, steht der Untersuchung zufolge innerhalb der deutschen Eliten außer Frage. So messen 97 Prozent der Befragten Asien eine "hohe" oder sogar "sehr hohe Bedeutung" als "Absatzmarkt und Handelspartner" bei.[1] Der "Aufstieg Asiens" werde deshalb "von der großen Mehrheit (87 %) als Chance für Deutschland gesehen", schreibt die Stiftung. Am stärksten wird dabei China gewichtet. So sind 86 Prozent der Ansicht, China habe für Deutschland ökonomisch eine "sehr hohe Bedeutung".

–   In deutlich geringerem Umfang trifft dies auf Indien (38 Prozent) und Japan (25 Prozent) zu. Dazu passt, dass sich über die Hälfte (56 Prozent) sämtlicher Befragten prinzipiell dafür aussprechen, eine "engere Zusammenarbeit mit asiatischen Staaten" einzuleiten.

Rivale

Gleichzeitig differenzieren die deutschen Eliten klar zwischen verschiedenen asiatischen Ländern. Hintergrund ist, dass der ökonomische Aufstieg Asiens mit erheblichem politischen Einflussgewinn verbunden ist, während der alte Westen seine Hegemonie einbüßt.

–   93 Prozent der Befragten meinen, die Vereinigten Staaten würden durch den Aufstieg Asiens an internationalem Gewicht verlieren. 76 Prozent sehen auch Europa machtpolitisch vor dem Abstieg. Vor allem China wird dabei als Rivale betrachtet – eine Einschätzung, der sich 62 Prozent der Befragten anschließen. Dabei zeichnen sich zukünftige Konfliktlinien in Asien deutlich ab: Rund drei Viertel der deutschen Eliten stufen Japan, Indien und Indonesien im Gegensatz zu China als solide Partner des Westens ein.[2]

–   Mehr als zwei Drittel (69 Prozent) gehen von einem bevorstehenden "Wettbewerb um globale Vorherrschaft" aus, 60 Prozent rechnen mit offen, eventuell sogar militärisch eskalierenden Einflusskämpfen ("Es wird mehr sicherheitspolitische Konflikte geben"). Über drei Viertel (78 Prozent) meinen, die EU solle sich in Zukunft stärker als bisher diplomatisch in Asien einmischen, um dort den Anschluss nicht zu verlieren. Es genüge keinesfalls, lediglich als "Handelsmacht" aufzutreten.

Ein präventiver Feuerring

–   Das Meinungsbild unter den Führungskräften entspricht den Prognosen außenpolitischer Experten. Zahlreiche von diesen sind ebenfalls der Ansicht, dass der Aufstieg Chinas vermutlich von einem weltpolitischen Abstieg des Westens begleitet wird.[3] Dies führt immer wieder zu Überlegungen, wie eine solche Entwicklung aufgehalten werden kann. Im Frühjahr hieß es etwa in der Zeitschrift Internationale Politik, niemand könne ausschließen, dass innere Verteilungskonflikte China "in einen Bürgerkrieg" stürzten.[4] Käme es dazu, wäre der Aufstieg Beijings ganz abrupt beendet.

–   Im Juni hieß es auf einer außenpolitischen Konferenz an der Bundesakademie für Sicherheitspolitik in Berlin, die Vereinigten Staaten verstärkten ihre Militärpräsenz in Ost- und Südostasien und seien gemeinsam mit ihren Verbündeten dabei, einen "präventiven Feuerring" um China zu legen (german-foreign-policy.com berichtete [5]). Kriegerische Auseinandersetzungen – womöglich auch Stellvertreterkonflikte – werden nicht mehr ausgeschlossen.

Konflikte in Mittelost

–   Die Resultate der Körber-Umfrage legen außerdem nahe, dass die machtpolitische Rivalität mit China auch die westlichen Interventionen im Mittleren Osten seit 1990 antreibt.

–   So vertreten 81 Prozent der befragten Führungskräfte die Ansicht, China werde sich "aufgrund seiner bedeutenden Energie- und Wirtschaftsinteressen" künftig im Mittleren Osten mehr engagieren. Dort seien, heißt es bei der Körber-Stiftung, "vermehrt Konflikte zwischen den USA – der bisherigen Vormacht – und China zu erwarten".[6] Um seine Stellung in den mittelöstlichen Ressourcengebieten zu stärken, ist der Westen dort seit den 1990er Jahren verstärkt aktiv – nicht zuletzt militärisch. Damit hat er das künftige Konfliktgebiet bereits umfassend in seinem Sinne präfiguriert.

Kollektiv abwertend

–   Zu künftigen Konflikten passt nicht zuletzt die deutsche Medienberichterstattung über China, die nach wie vor antichinesische Stimmungen schürt.

–   Vergangenes Jahr hat die Heinrich Böll Stiftung (Bündnis 90/Die Grünen) eine empirische Studie veröffentlicht, die die China-Berichterstattung in Presse und Fernsehen der Bundesrepublik ausführlich analysiert.

–   Untersucht wurden je drei große Tages- (Frankfurter Allgemeine Zeitung, Süddeutsche Zeitung, tageszeitung) und Wochenblätter (Spiegel, Focus, Die Zeit) und diverse TV-Nachrichtenformate (Tagesschau und andere) im Jahr 2008, deren Berichterstattung insgesam 8.766 Beiträge mit China-Bezug enthielten.

–   Mehr als die Hälfte habe sich "lediglich in allegorischer und stereotypisierender Form auf China" bezogen und damit Klischees über die Volksrepublik "unreflektiert kolportiert", heißt es in der Analyse. Dabei seien "normativ abwertende Bilder von China" vermittelt worden. Man müsse alles in allem eine recht "unreflektierte Nutzung von kollektiv abwertenden Schlagwörtern" ("gelbe Gefahr") konstatieren, gerade auch in "vorrangig wahrgenommenen Überschriften oder Bildunterschriften". Dadurch sei "sehr häufig ein klischeebeladenes und stellenweise auch denunzierendes Bild der chinesischen Gesellschaft" transportiert worden. Mit einer kritischen Berichterstattung habe dies nicht viel zu tun.[7]

Systemkonkurrenz

Vielmehr konstatieren die Autoren, dass die Berichterstattung "in starkem Maße von einer deutschen Selbstpositionierung gegenüber China" geprägt sei – genauer: von "einem ‘Messen’ der Systeme". Zugrunde liege den Presse- und Fernsehbeiträgen über die Volksrepublik oft die Frage, "wer aus den konkurrierenden Weltordnungsstrategien des Westens und Chinas als Gewinner hervorgehen wird".[8]

[1], [2] Das Asienbild deutscher Eliten; www.koerber-stiftung.de

[3] s. dazu Europas Abstieg und Europas Abstieg (II)

[4] s. dazu Das bekannte Unbekannte

[5] s. dazu Ein Feuerring um China

[6] Das Asienbild deutscher Eliten; www.koerber-stiftung.de

[7], [8] Carola Richter, Sebastian Gebauer: Die China-Berichterstattung in den deutschen Medien. Heinrich Böll Stiftung: Schriftenreihe zu Bildung und Kultur Band 5, Berlin 2010

 

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