Replica ad un antifascismo “intellettuale” falso e servile

In occasione del 25 Aprile, la retorica dell’”antifascismo costituzionale” esibisce anche quest’anno un campionario di sconcezze, fatte di omissioni, manipolazioni e falsità, che vale la pena di far conoscere a chi si rifiuta di schierarsi con l’antifascismo dei “soliti noti”: di quelli che lo usano solo per perpetrare la schiavitù dei proletari nella forma “democratica”. Dando cioè dignità e cittadinanza politica ai neo o post fascisti e alle “nuove destre” a condizione che tali soggetti pronuncino la parolina magica: “antifascismo”

Cominciamo con Aldo Cazzullo, giornalista del “Corriere della Sera”, scrittore (sic) e conduttore su “La7” di un programma intitolato “Una giornata particolare”; una puntata della quale è stata dedicata alle Fosse Ardeatine e all’attentato di via Rasella.

Ecco alcune delle sue dichiarazioni su fascismo-antifascismo:

“L’antifascismo non né di destra né di sinistra”. “Non c’è il monopolio della Resistenza”. “Il colonnello Giuseppe Montezemolo, fedele alla monarchia, è il simbolo dell’antifascismo democratico; per questo fu lui il vero nemico dei nazisti durante l’occupazione di Roma.”

“Sono antifascista in quanto anticomunista”. “Comunismo uguale al fascismo? Per tanti aspetti sì, ma qui in Italia abbiamo dato i natali al fascismo e dunque da questo bisogna partire per fare i conti col nostro passato.” “Meloni? Pronunci la parola “antifascismo”, dichiarandosi tale, e poi potremmo parlare di tutto, proprio di tutto: dal comunismo alla questione fiscale…”

Cazzullo “dimentica” di dire che:

1) l’antifascismo vero o è di classe o non è. La lotta al fascismo non nasce nel 1943. Chi la conduce coerentemente sono i militanti rivoluzionari e i settori d’avanguardia del movimento operaio, i quali fin dal 1919 (quando il fascismo nasce) vi si oppongono nelle piazze d’Italia, mentre i suoi “amici democratici” (di qualunque tendenza) o lo tollerano o addirittura lo favoriscono. L’importante era demolire il proletariato, che minacciava il dominio borghese. E chi pagherà il prezzo altissimo di una tale opposizione di classe saranno (non solo, ma prevalentemente) i comunisti e gli anarchici. Il fascismo è il prodotto della borghesia, messo in sella in primo luogo proprio dai “monarchici” di Cazzullo, diventati “antifascisti” vent’anni dopo al solo scopo di non essere disarcionati di sella.

2) l’’“eroe” della Resistenza colonnello Giuseppe Montezemolo, tra i fucilati delle Fosse Ardeatine (mentre il suo re era scappato da Roma con tutto lo Stato Maggiore dopo l’8 settembre ‘43) è un così “coerente antifascista” che nel 1937 si arruola volontario nella guerra di Spagna a fianco del boia fascista Francisco Franco, combattendo contro i “rossi” (proletari spagnoli in armi) per sterminarli. Dunque: non “antifascisti in quanto anticomunisti”, ma: il vero antifascismo è il comunismo!!!

3) la Meloni non pronuncia la parolina “magica” (antifascismo) perché non glie ne frega nulla di un termine che, messo così, è svuotato di ogni significato: avrebbe solo effetti per lei negativi. Al suo interno certo; ma anche verso un elettorato e una opinione pubblica schifati dall’”antifascismo” dei “salotti buoni”: i quali predicano tanti bei “diritti” per tutti i cittadini salvo far passare, spesso da “sinistra”, le manovre antiproletarie più infami. Al punto che, paradossalmente ma non troppo, la miglior propaganda al fascismo la fanno proprio gli “antifascisti” borghesi alla Aldo Cazzullo.

Il gettonatissimo storico “medievalista” Alessandro Barbero sostiene che:

“La Resistenza italiana, come parte di una “guerra giusta” condotta dalle grandi democrazie occidentali occasionalmente alleate con la Russia sovietica, nonostante avesse al suo interno componenti “fanatiche”, “intemperanti” e “totalitarie” (i partigiani “rossi” che volevano estirpare ad ogni costo il fascismo, NDR), è stata comunque un fenomeno di “civiltà” contro la “barbarie”, di conquista di una democrazia di cui tutti ci siamo avvantaggiati”. “Guai se avesse prevalso l’altra parte”. “Il rispetto per tutte le vittime di quella che in Italia è stata anche guerra civile, non deve mai far dimenticare che allora vinse la democrazia e non la tirannide”. “Fu una vittoria di tutto il popolo italiano, Forze Armate comprese; anche a vantaggio di quelli schierati dall’altra parte.”

Barbero omette, manomette e “dimentica” di dire che:

1) la “guerra democratica” fu in realtà una guerra imperialista per la spartizione del mondo ed il predominio su di esso da parte di gruppi di potenze, Russia stalinista (e non comunista) compresa.

2) dopo la Resistenza italiana, sorta dai disastri di questa guerra condotta dall’imperialismo italiano sotto la bandiera del fascismo; nonostante abbia coinvolto masse di proletari in armi e in sciopero; nonostante da esse siano sorte radicali – seppur vaghe – aspirazioni ideali di ribaltamento del capitalismo, nonostante siano stati i proletari a pagare più di tutti in sacrifici e vite umane, alla fine la classe dominante che aveva messo su il fascismo è ritornata al comando. E tutt’ora comanda.

3) di ciò si deve ringraziare la direzione borghese della lotta di Resistenza, che indirizzò lo scontro col nazifascismo verso la restaurazione della proprietà e dell’ordine borghese.

4) in tal maniera (grazie al contributo decisivo del PCI, partito del capitalismo di Stato e non della rivoluzione sociale) da quella “guerra democratica” non solo il proletariato italiano è rimasto asservito alla “propria” borghesia imperialista ed al suo Stato, ma sono sorte altre innumerevoli “guerre democratiche” (imperialiste) che non hanno mai cessato di infestare il mondo. E lo infestano in maniera esponenziale fino ai giorni nostri.

5) l’alternativa non era tra democrazia e fascismo, tra progresso e tirannide legati a questa o quella potenza, a questo o quel blocco di potenze, ma tra imperialismo e rivoluzione.

6) spacciare per “vittoria della democrazia” una restaurazione capitalistica come fa Barbero significa asservire la storia al mercimonio dei più squallidi intrallazzi parlamentari, che usano l’“antifascismo” a fini di bottega.

E che dire di un altro fenomeno che proprio in questi giorni ha conquistato le prime pagine dei giornali e dei “dibattiti televisivi”, lo scrittore Antonio Scurati?

Pensate un po’: Rai 3, in occasione dell’approssimarsi del 25 Aprile, voleva ospitare un suo intervento in qualità di “esperto” del fascismo (uno che, detto per inciso, scrive tomi su tomi e si fa una fama senza afferrare nulla di essenziale).

Poi accade “l’incidente”: la Rai disdice tale “prestazione” perché il soggetto avrebbe inserito nel testo un attacco alla Meloni, sempre in relazione al suo mancato pronunciamento della frasetta magica… “Sì, sono antifascista…”

Alzata di scudi dell’“opposizione” (opposizione a cosa?) in quanto si tratterebbe di “censura del libero pensiero”. E la Rai a metterla sul piano del pecunio richiesto per la prestazione dallo scrittore non adeguatamente riconosciuto. Come a dire: è tutta una volgare questione di soldi…

Al di là del merito “pecuniario” o “ideale” che stia dietro le quinte, teniamo a sottolineare che razza di bolso “antifascismo” sia quello dell’illustre scrittore; il quale – tanto per stare ai temi su esposti – fa appello “ai sinceri democratici di sinistra, centro e destra”per un “fronte unico nazionale” contro lo strisciante e risorgente “fascismo”…

Tanto pericoloso da poter essere neutralizzato, pensate un po’, con la frasetta magica della presidente del Consiglio!

Ora noi, lungi dal ridicolizzare episodi di questo genere (vedi anche la denuncia alla magistratura della Meloni nei confronti dello storico Luciano Canfora per averla etichettata di “neo-nazista nell’anima”), noi che subiamo già da tempo i morsi della repressione statale delle lotte proletarie senza che nessun democratico si scomodi o s’indigni, crediamo sia il caso di mettere i puntini sulle “i”.

L’antifascismo, quello vero, è una cosa seria. L’abbiamo già ricordato prima e ci teniamo a richiamarlo: il fascismo è un prodotto della borghesia in funzione antioperaia. Nonostante la Resistenza, esso non è mai morto perché la classe dominante, ogni volta che lo ritiene, rispolvera questo arnese reazionario per scagliarlo contro chi si oppone concretamente allo sfruttamento e ad ogni forma di oppressione.

Non a caso, a fianco della Costituzione repubblicana “nata dalla Resistenza”, è stato mantenuto il fascista “codice Rocco”, che colpisce ogni movimento non solo “eversivo” ma anche “rivendicativo” espressione delle classi oppresse.

E la stessa Costituzione, che dovrebbe garantire le libertà essenziali del cittadino e alcuni diritti fondamentali, è ben poca cosa – quanto ad argine di garanzia – senza la mobilitazione e la lotta permanente degli sfruttati contro padroni e governanti.

Quegli sfruttati ai quali gli esponenti “intellettuali” sopra citati, ed il codazzo di politicanti borghesi che li adulano, sistematicamente girano le spalle appena si passa a contrastare il cosiddetto “risorgente fascismo” dal piano delle “riforme istituzionali” a quello delle questioni sociali e politiche. In primo luogo sulla guerra, sulle economie e le politiche di guerra. Non tanto dissimili, nell’Occidente “democratico” dei giorni nostri, al “ripugnante” imperialismo fascista del secolo scorso. In tal caso però lorsignori, schifati, si girano dall’altra parte, facendo finta di non vedere e non sentire. Sempre in nome, naturalmente, della “democrazia antifascista”.

Come banco di prova del loro amore per la “libertà dei popoli” e della loro opposizione al fascismo reale contemporaneo, basta la loro posizione di fronte al genocidio di palestinesi in corso a Gaza per mano di un governo zeppo di fascisti auto-dichiaratisi tali, e operante con metodi che sono mimati da quelli nazisti.

E allora, ognuno per la sua strada.

Voi col vostro “antifascismo” da operetta. Falso quanto dannoso a chi vuole veramente lottare contro questo mondo di guerra e sfruttamento.

Noi col nostro antifascismo di classe, cioè anticapitalista, antipatriottico, antiriarmista, antimilitarista, internazionalista!