W la lotta del proletariato egiziano e tunisino!

Come un vulcano, il Nord Africa esplode: prima l’Algeria, la Tunisia, e ora l’Egitto coi suoi 80
milioni di abitanti, in gran parte giovani. Le masse proletarie di lingua araba insorgono contro
regimi oppressivi, contro disoccupazione, salari di fame e prezzi in aumento; contro la crescente
ineguaglianza tra una borghesia sempre più ricca e una povertà diffusa.
Da una parte una enorme ricchezza concentrata in poche mani, spartita fra pochi clan, e dall’altra
masse di giovani (oltre 15 milioni tra i 15 e i 24 anni) senza futuro, istruiti e in buona parte
disoccupati, o destinati a lavori malpagati, con la sola alternativa dell’emigrazione verso i cantieri
edili e le fabbriche d’Europa.La rabbia di grandi masse, compressa per decenni, esplode nelle strade, e fa saltare la cappa della
repressione di apparati militari finanziati e sostenuti dai paesi imperialisti, Italia inclusa (in Tunisia
250 mila uomini fra servizi di sicurezza o della guardia presidenziale, uno ogni 40 abitanti; in Egitto
1,4 milioni, uno ogni 55 abitanti compresi i neonati). Eserciti armati fino ai denti e pensati molto
più per la repressione interna a garanzia dello sfruttamento che per la “difesa della patria”. Ma i 150
morti uccisi dalla polizia in Egitto non fermano, anzi radicalizzano il movimento.
Le grandi potenze cercano di puntellare i governi che hanno a lungo sostenuto e con cui hanno fatto
grandi affari (ad esempio in Egitto l’ENI estrae importanti quantità di gas, Italcementi vi realizza
un quarto del fatturato), ma sono tra loro in concorrenza per determinare l’eventuale “cambio di
regime”.

W la lotta del proletariato tunisino ed egiziano!

Essa è tutt’uno con la lotta dei lavoratori italiani e di tutto il mondo contro il crescente sfruttamento,
i tagli a salari e welfare, la disoccupazione dei giovani, il razzismo contro i lavoratori immigrati.
La lotta del proletariato del Nordafrica pone la questione dell’abbattimento non di questa o quella
cricca dominante e corrotta per sostituirla con un’altra, sempre sotto la tutela dei militari, ma del
potere borghese, del capitalismo stesso e quindi la questione della presa del potere da parte della
classe lavoratrice.
Si pone il problema del partito rivoluzionario, che dia un chiara direzione al movimento, perché
tutto non finisca con un cambio di persone. Si pone l’esigenza di un coordinamento internazionale
delle lotte della nostra classe, di una internazionale comunista.
Le lotte dei nostri compagni di classe in Egitto e Tunisia suonano la sveglia al proletariato e ai
giovani, e innanzitutto ai comunisti, anche in Italia; danno una prospettiva nuova alle lotte degli
studenti.
Il nostro sostegno al proletariato arabofono è innanzitutto nel nostro impegno a fianco dei lavoratori
che lottano contro l’aumento dello sfruttamento in Italia, dalla FIAT agli scantinati, alle cooperative
della logistica, dei disoccupati e delle cooperative sociali soprattutto al Sud, e per i diritti dei
lavoratori immigrati, di cui una buona parte viene dal Nordafrica; è nella nostra decisa denuncia e
lotta contro l’imperialismo di casa nostra, l’imperialismo italiano. È nel nostro impegno per l’unità
dei comunisti.
Combat
Associazione Marxista Unità Comunista

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