Riflessione sui colpi di stato militari in Africa occidentale

L’Africa, con le sue enormi risorse minerarie e agricole, la sua crescente e giovane forza lavoro, continua ad essere terra di conquista per il capitale internazionale e per le vecchie e nuove potenze in cui si incarna. Nell’Africa Occidentale la potenza ex coloniale francese sta cercando di mantenere il proprio monopolio commerciale, finanziario e politico, ma i recenti colpi di stato militari l’hanno costretta a ritirare le truppe da paesi come Mali e Niger, mentre in Senegal il governo filo-francese è finora riuscito a reprimere il movimento di opposizione. In Sudan la “guerra civile” tra due bande di militari alimentata dai loro padrini imperialisti ha messo a ferro e fuoco la capitale e altre città, uccidendo migliaia di persone e costringendo centinaia di migliaia alla fuga, riportando il genocidio in Darfur.

Si pone la questione di come giudicare i colpi di stato militari antifrancesi, che qualche sostenitore del “multipolarismo” definisce antimperialisti e vede come portatori di democrazia e di progresso.

Riportiamo la traduzione di due testi sull’Africa tratti dal sito https://www.icor.info/, rispettivamente dei movimenti Togo en Lutte e FM Togo Domocratie, e del Partito Comunista del Togo, perché forniscono un quadro interpretativo pienamente condivisibile di quanto sta avvenendo, e si pongono in una prospettiva di classe e di lotta genuinamente anti-imperialista, collegata alla lotta dei proletari e diseredati in via di proletarizzazione contro il giogo del capitale straniero ma anche contro lo sfruttamento dell’avida borghesia locale, di cui i militari sono espressione.

Il primo articolo, con riferimento ai recenti colpi di stato militari in Africa Occidentale, contrappone “questi gallonati ufficiali che fanno leva sulla miseria e sulla crescente ostilità delle masse lavoratrici contro lo sfruttamento spudorato e le guerre neocoloniali per meglio vendersi ad altre potenze straniere” all’esempio di due militari rivoluzionari, Thomas Sankara e Jerry Rawlings. Essi cercarono di realizzare, rispettivamente in Burkina Faso e Ghana, una rivoluzione democratica nazionale e antimperialista, ma furono schiacciati o impastoiati proprio dalla corruzione e affarismo degli ufficiali degli “eserciti neocoloniali”, gli stessi che oggi cacciano l’arrogante potenza ex coloniale e neocoloniale francese per legarsi ad altre vecchie e nuove potenze imperialiste con cui condividere i frutti dello sfruttamento del proletariato e delle risorse naturali. Tra queste non solo Russia e Cina, ma anche India, Turchia, e petromonarchie. Lo stesso imperialismo italiano, che non ha ritirato i propri militari dal Niger, è oggi invitato dai golpisti a sedersi a tavola.

L’articolo sul Sudan fornisce un interessante quadro anche analitico che mostra la penetrazione “multipolare” delle potenze imperialiste vecchie e nuove in Sudan, divenuto un epicentro delle rivalità interimperialiste che hanno portato alla repressione del movimento democratico popolare e ai massacri in corso.

Entrambi gli articoli costituiscono una chiara denuncia delle posizioni campiste di chi vedono nel multipolarismo delle nuove potenze che scalzano posizioni delle potenze occidentali come un fattore di progresso se non addirittura come una vittoria di un presunto fronte “antimperialista”. Il fatto che queste posizioni vengano da compagni africani è indicativo di come in questo giovane continente sia in corso un risveglio delle forze di classe e internazionaliste.

Riflessione sui colpi di stato militari in Africa occidentale

FM TOGO DEMOCRATIE, 20/09/2023

Alcune riflessioni su putsch e putschisti.

I vari colpi di Stato militari che si sono verificati negli ultimi tempi nel nostro continente, soprattutto nella regione del Sahel, suscitano continuamente polemiche, anche all’interno della comunità africana in Europa e negli Stati Uniti.

Alcuni si sono dichiarati decisamente favorevoli a questi colpi di Stato e, come giustificazione, richiamano l’esperienza di Rawlings e Sankara, che descrivono come una rivoluzione in Africa e che ci invitano a seguire…

Riportiamo alcune riflessioni che vorremmo condividere con gli ascoltatori e i lettori della nostra web radio fmtogodemocratie.com.

È vero, John Jerry Rawlings e Thomas Sankara hanno saputo dare speranza al popolo africano, ed è proprio questo che vediamo ancora oggi, in tutti coloro che vogliono rifarsi a loro, in tutti coloro che dicono di assumerli come riferimento. Dobbiamo però riconoscere che la maggior parte di coloro che azzardano questi paragoni non si sono presi la briga di studiare le loro esperienze, sia per la loro portata che per i loro limiti, per poterne poi trarre i giusti insegnamenti. A nostro avviso, spetta quindi a noi impegnarci per colmare queste lacune e contribuire così a dissipare eventuali equivoci in merito.

È a questo scopo che riteniamo necessario parlare di ciò che furono Rawlings e Sankara, le loro azioni e di ciò che li rende così diversi dai putschisti militari di oggi; esamineremo poi le loro azioni per inquadrarle nella questione della rivoluzione, il che ci consentirà di trarre alcuni insegnamenti generali sul fenomeno rivoluzionario.

I – Patrioti dediti al proprio popolo.

Rawlings e Sankara si contraddistinguono per una serie di qualità che li accomunano.

Patriottismo; forti convinzioni antimperialiste, anticolonialiste e antineocolonialiste; da qui i grandi sforzi che fecero per formarsi politicamente in tal senso, con lo studio e la frequentazione di esponenti di spicco delle organizzazioni democratiche antimperialiste; odio per la corruzione e l’ingiustizia; consapevolezza della miseria del popolo.

Tutto ciò spiega perché l’alta gerarchia militare li ha sempre tenuti in sospetto, perché li ha sempre puniti e perché c’è stato un conflitto continuo tra di loro. Fu proprio dopo un violento conflitto con questa gerarchia che furono portati al potere da un gruppo di ufficiali e soldati che condividevano le loro convinzioni. Non si trattava di soddisfare ambizioni personali o interessi egoistici.

Ciò non ha nulla a che vedere con i putsch a cui assistiamo oggi, con il consenso attorno all’alta gerarchia militare che ricicla vecchi personaggi politici.

Né ha nulla a che vedere con i gallonati capi di questi eserciti neocoloniali che, dall’oggi al domani, issano la bandiera della rivoluzione, o meglio ancora, della rivoluzione marxista-leninista!

Nulla a che vedere con questi gallonati ufficiali che cavalcano la miseria e la crescente ostilità delle masse lavoratrici contro lo sfruttamento spudorato e le guerre neocoloniali per meglio vendersi alle altre potenze straniere. Tutto ciò esaspera le rivalità inter-imperialiste.

Rawlings e Sankara facevano sul serio. Ma possiamo definirla rivoluzione? È quanto vedremo in questa seconda parte.

II – Una rivoluzione?

Rivoluzione significa, non dimentichiamolo, la fine di un sistema e lo smantellamento di tutte le strutture e gli strumenti del potere neocoloniale, compreso l’esercito che rappresenta, nel nostro contesto, il braccio armato di questo sistema! A questo proposito, dobbiamo riconoscere che la loro lotta si è fortemente scontrata con forze retrograde dell’Africa e dell’Occidente e non è stata in grado di resistere.

In Ghana, sappiamo che è stata necessaria una profonda epurazione dell’esercito per permettere a Rawlings di rimanere al potere per realizzare il suo programma minimo, che era quello di risollevare l’economia ghanese!  Quindi la prima opposizione alle politiche di Rawlings era all’interno del suo stesso esercito, dove c’erano ufficiali che erano uomini d’affari, agenti di potenze straniere e corrotti fino al midollo! E sembra che non sia riuscito a liberarsene!

Per quanto riguarda il Burkina Faso, nell’agosto 1983 vennero istituiti i CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione) e i TPR (Tribunali Rivoluzionari Popolari) per processare pubblicamente alcuni funzionari corrotti,

Tuttavia, questa epurazione è stata indubbiamente sopravvalutata e incompleta, e si sono rapidamente formati dei clan intorno e all’interno dell’esercito burkinabé. Oggi tutti ne conosciamo gli esiti!

A fronte di questi esiti, dobbiamo ammettere che nè in Ghana nè in Burkina Faso c’è stata la Rivoluzione!

Coloro che continuano a definire questo periodo come una rivoluzione si sbagliano di grosso, perché queste lotte, che rappresentavano le speranze della gioventù africana, non hanno avuto successo! È perché costoro non vogliono fare lo sforzo necessario per comprenderne il motivo. La domanda che dobbiamo porci se vogliamo andare avanti è: perché?

III – Quali lezioni possiamo trarre?

Il motivo è che né Sankara né Rawlings avevano un’organizzazione democratica rivoluzionaria in grado di svolgere i compiti di una vera rivoluzione. Per questo motivo, subito dopo l’allontanamento di questi due leader dal potere, gli agenti del neocolonialismo hanno ripreso il potere a scapito delle masse popolari in Burkina Faso e in Ghana.

La seconda ragione, legata alla prima, è la conferma di questa verità, e cioè che gli eserciti neocoloniali in Africa non rappresentano e non possono difendere gli interessi degli oppressi e che non abbiamo alcun interesse a fare affidamento su di loro.

In breve, l’esercito, che è un’istituzione non eletta dal popolo, non può ovviamente partecipare (come struttura autonoma) alla liberazione dei popoli oppressi dell’Africa, né tanto meno guidare tale lotta.

L’esperienza delle lotte popolari ha confermato che nei conflitti sociali in cui gli interessi di classe diventano antagonisti, gli eserciti neocoloniali scelgono sempre il campo della classe dominante. Perché lo fanno? Perché la maggior parte degli ufficiali è stata formata nelle scuole militari di Francia, Israele, Stati Uniti e Russia. È in queste scuole che imparano le varie tecniche del terrore che poi usano contro i movimenti sindacali, le rivolte popolari e le organizzazioni democratiche che sfidano l’ordine costituito. E sono gli esponenti della classe dominante che detengono il potere politico, economico e finanziario nei nostri Paesi e altrove.

È questa classe dirigente filo-imperialista che il più delle volte paga profumatamente gli ufficiali e altri militari di rango per svolgere il ruolo di mercenari al servizio del potere neocoloniale e delle multinazionali che organizzano il saccheggio sistemico in Africa (si veda la guerra civile reazionaria attualmente in corso in Sudan tra i due putschisti ABDEL FATTAH AL-BURHAN e HAMDAN DAGALO alias HEMEDTI. Questa guerra civile conferma la natura di classe degli eserciti neocoloniali in Africa).

Per avere un’idea basta osservare quanto sia diverso l’atteggiamento e il comportamento di un uomo in armi nella vita delle nostre società rispetto a quello di un semplice funzionario, di un civile o di un comune cittadino, soprattutto quando si tratta di affari pubblici: il più delle volte, questi militari di carriera sono al riparo da qualsiasi ammonizione, anche in tribunale! Sono semplicemente al di sopra della legge! Di fatto, gli eserciti neocoloniali sono strutture estranee alle nostre società. Non possiamo chiedere loro di adoperarsi per trasformare le nostre società!

Per avere un’idea osservare quanto sia diverso l’atteggiamento e il comportamento di un uomo in armi nella vita delle nostre società rispetto a quello di un semplice funzionario, di un civile o di un comune cittadino, in particolare quando si tratta di affari pubblici: il più delle volte, questi militari carrieristi sono esenti da qualsiasi rimprovero, anche in tribunale! Sono semplicemente al di sopra della legge! Di fatto, gli eserciti neocoloniali sono strutture estranee alle nostre società. Non possiamo chiedere loro di adoperarsi per trasformare le nostre società!

Ma per contro – in questa lotta di liberazione nazionale e sociale – non neghiamo che alcuni elementi coscienti di questi eserciti neocoloniali possano individualmente unirsi ai ranghi del popolo, mettendosi al servizio di organizzazioni democratiche e antimperialiste.

Per fare ciò, è indispensabile che questi uomini in armi si mettano sotto la direzione di quadri politici per lavorare alla caduta del potere e soprattutto per demolire questo sistema mafioso che oggi è chiamato neocolonialismo.

Tutto ciò costituisce il quadro del programma di trasformazione democratica, un compito enorme che i patrioti e i democratici rivoluzionari devono assumersi pienamente affinché le lotte di liberazione nazionale e sociale in Africa abbiano successo. Devono liberarsi dall’idea che possa essere l’esercito a conquistare il potere per poi affidarlo al popolo.

È questa falsa idea che viene attualmente propagandata da alcuni opportunisti e illusionisti di ogni genere che affermano di sostenere i putschisti saheliani con il pretesto che questi ultimi godono attualmente del sostegno delle masse popolari.

Diciamo apertamente che coloro che utilizzano come pretesto questo presunto sostegno popolare ai putsch lavorano contro la rivoluzione, contro la nostra lotta di liberazione nazionale e sociale. È un modo per distoglierci da una lucida analisi critica delle fruttuose esperienze di Sankara e Rawlings, ma anche per ritardare la presa di coscienza della necessità di un’organizzazione politica e militare delle masse lavoratrici, che sole possono porre fine al neocolonialismo!

Belgio, 18 settembre 2023

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Sugli eventi in corso in Sudan, e la contesa interi-mperialistica che ne fa da sfondo, segnaliamo l’articolo:

https://www.combat-coc.org/perche-in-un-singolo-paese-come-il-sudan-si-concentrano-tali-e-tante-rivalita-interimperialiste/

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